Due milioni di giovani fuori dal mercato del lavoro, sconvolgenti dati Censis sugli under 30
Fuori dai circuiti produttivi, cioè esclusi da qualsiasi partecipazione attiva alla società: questo è il destino di oltre un quarto dei giovani tra i 20 e i 30 anni. Due milioni di persone che, dopo aver concluso o interrotto il percorso di studi, non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro. Il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, nel corso sul suo intervento al XXVI Convegno dei Giovani Imprenditori di Capri, ha sottolineato che nonostante senza i giovani il paese Italia non possa crescere, questi sono estromessi dai cicli produttivi.
I dati derivano dalla comparazione del pil pro-capite e dei residenti totali in Italia. Tra il 1971 e il 1991, il reddito pro-capite è cresciuto del 75,3% mentre la popolazione giovanile toccava nel ’91 un picco massimo del 31%. Da allora al 2010, il reddito pro-capite è aumentato del 10,6% ma la popolazione giovanile è scesa al 22,4%. Spiega Roma, che nell’arco di tempo in cui in Italia c’era una elevata intensità giovanile, il Paese cresceva di un tasso del 3,8% all’anno. Negli anni di crisi demografica, soltanto dello 0,6%.
Questo si traduce nel ritardo con cui i giovani arrivano all’interno del ciclo produttivo, rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea. La fascia della “middle young”, ovvero quella che va dai 25 ai 35 anni, mette in evidenza un’anomalia tutta italiana: su 7 milioni e 660 mila “giovani”, soltanto 5 milioni lavorano. 679 mila sono quelli in cerca di lavoro, ma oltre un milione resta a casa, ingrossando le fila dei cosiddetti “NEET” – persone che non hanno un’occupazione e che non la cercando più.
I dati presentati da Roma fanno il paio con il rapporto Svimez 2011, che sottolinea il drammatico quadro dell’occupazione giovanile nel sud Italia. Tra le pagine pubblicate qualche settimana fa, si legge, che nei prossima anni è previsto un vero e proprio “tsunami demografico” con un’emigrazione di massa dei giovani dalle Regioni meno sviluppate verso il Nord.