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Draghi pronto a iniettare altra liquidità alle banche

La Bce di Mario Draghi si prepara a far piovere qualche altra centinaia di miliardi di euro nelle casse delle banche europee: cosa cambia per l’economia italiana? Mica tanto, se l’azione riformatrice del governo…
A cura di Luca Spoldi
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Mario Draghi

Ci siamo: domani, 29 febbraio, la Banca centrale europea offrirà un’altra valanga di miliardi di euro (c’è chi dice 200, chi 500, chi anche di più) di liquidità a tre anni all’1% nella sua seconda (e per ora nelle intenzioni ultima) Ltro, bissando quanto già fatto a fine dicembre quando vennero erogati 489 miliardi di euro a tutte le banche europee che ne fecero richiesta (e che in cambio poterono portare titoli obbligazionari a garanzia, i cosidetti “collaterali”).
In teoria dopo che la prima pioggia di miliardi ha risolto il problema del funding (ossia del reperimento sul mercato di nuovi fondi per l’attività creditizia ordinaria) e contribuito a sostenere le quotazioni dei titoli di stato italiani e spagnoli fino a quel momento in caduta libera, a fronte di un mercato del credito del tutto disfunzionale e concentrato unicamente sui timori di breve legati all’implosione dell’economia greca (conseguenza e non causa della manovra di “virtuosità” fiscale fortemente voluta dalla Germania nei confronti di tutti i “poco virtuosi” stati del Sud Europa, Italia compresa), potrebbe essere la volta in cui la Bce di Mario Draghi riuscirà a trasmettere quell’impulso positivo all’economia reale sostituendosi di fatto alle banche commerciali nel sostenere il credito in tutta l’Eurozona e bilanciando l’effetto negativo delle suaccennate manovre di ristrutturazione dei conti pubblici.

In teoria, perché in pratica non è detto che questo avvenga, dato che nel frattempo è sempre più chiaro che: 1) il default della Grecia è già tra noi, sia pure nelle vesti relativamente “rassicuranti” di un default selettivo, tanto che la stessa Bce ha dovuto escludere i titoli di stato greci dall’elenco di quelli presentabili domani come collaterali (quale accesso resti dunque, in concreto, alle banche greche non è dato sapere ma già si prevede che si dovranno stanziare altri miliardi per evitarne il collasso nei prossimi mesi), salvo precisare che una volta varato il secondo piano di salvataggio da 130 miliardi e subentrato l’Efsf (e in futuro l’Esm) come prestatore di garanzie al posto del Tesoro greco gli stessi bond di Atene potranno nuovamente essere girati alla Bce per ottenere finanziamenti, 2) il problema di fondo oltre al rischio-controparte e al rischio-credito è che in assenza di crescita nessuna banca offre credito nella stessa misura con cui l’offrirebbe in presenza di crescita (anche perché parte della domanda viene effettivamente meno, se non altro perché una parte delle aziende nel frattempo fallisce). E dunque il problema resta quello di far crescere l'economia, una volta messi “in sicurezza” il settore creditizio privato e i conti pubblici.

Per non sbagliare le maggior banche d’affari mondiali hanno già consigliato da giorni di prendere profitto, in particolare se si è stati così “coraggiosi” da aver investito da dicembre a oggi in titoli di stato a lunga scadenza o in titoli azionari a elevato beta (ossia contraddistinti da una forte volatilità, come nel caso di molti titoli pro-ciclici, tecnologici e del comparto finanziario) così non mi stupirei se a differenza della prima Ltro quella di domani non desse il via a un nuovo rally delle borse e a un ulteriore restringimento degli spread tra i titoli di stato dei PIIGS e i Bund tedeschi (per inciso stasera il Btp decennale italiano rende appena più del 5,35%, con uno spread sopra l’analogo titolo tedesco del 3,55%, mentre a fine anno il decennale italiano rendeva il 7,10% e il differenziale col decennale tedesco era pari al 5,28%) quanto piuttosto a robuste prese di profitto sia sui mercati azionari sia su quelli obbligazionari.

Tutto questo detto, cambia qualcosa per l’economia italiana e per le nostre prospettive di vita e di lavoro? Mica tanto: al netto del sostegno della Bce il governo Monti dopo la pesante stretta fiscale di fine anno ha accennato a voler ridurre il carico fiscale ridistribuendo meglio lo stesso su una platea più ampia di soggetti, ma ha presto fatto marcia indietro sotto la pressione di partiti e lobbies assortite (e quindi scordatevi un taglio dell’aliquota Irpef più bassa al 20% almeno per ora e non illudetevi che la Chiesa paghi l’Imu su tutti gli immobili “commerciali” che possiede) e ha visto la spinta liberalizzatrice altrettanto prontamente smorzata dagli interessi delle parti “offese”, limitandosi così per ora a insistere sulla lotta all'evasione (necessaria e giusta ma di per sè insufficiente a produrre crescita).

In questo ottenendo un risultato non dissimile da altri “esecutivi tecnici” di un recente passato come i governi Amato e Ciampi, partiti sotto la spinta di “inderogabili esigenze” riformatrici ed arenatisi rapidamente al punto da lasciare spazio a nuove perdite di competitività (quelle stesse perdite di competitività che allora come ora sono alla base del progressivo arrestarsi della crescita economica italiana e della perdita di posizioni delle nostre imprese all’estero). Qualcuno nota che un governo tecnico non poteva e non potrà cambiare una situazione formatasi nel corso dei decenni e fatta di pesi e contrappesi pensati per tutelare chi è ai vertici dell’oligarchia (in buona misura una gerontocrazia come già ho ricordato) e distribuire gli oneri su tutto il corpo sociale.

Personalmente credo che nulla sia scritto nella pietra e che ogni giorno possa essere quello buono per introdurre nuovi germi del cambiamento e far ripartire l’Italia (tutta, non solo una parte di essa qualsiasi sia il criterio di suddivisione: territoriale per censo o credo politico/religioso). L’Italia reale, quella “della strada” che da mesi prova sulla sua pelle la durezza della crisi al di là di qualsiasi nota o commento ufficiale, continua a cercare il modo di produrre e vendere, di innovare, di rinnovarsi ogni giorno, in ogni campo, da quello economico a quello artistico, da quello politico a quello accademico. Ma ogni innovazione si scontra inevitabilmente con interessi contrapposti, incertezze, errori di valutazione ed è dunque il risultato di una costante azione di “mercanteggiamento” che deve tuttavia essere in grado di produrre un risultato positivo. O non serve a nulla.

N.B.: La Bce stamane, 29 febbraio 2012, ha poi concesso liquidità a tre anni all'1% di tasso fisso annuo a 800 istituti di credito europei per complessivi 529,2 miliardi di euro, una cifra superiore alle previsioni anche perchè dai primi calcoli sarebbero saliti a 400 miliardi di euro i mezzi freschi al netto dei rinnovi di precedenti prestiti, il doppio rispetto all’operazione varata lo scorso dicembre. In base all’utilizzo che le banche faranno dei fondi ricevuti, commentano a caldo molti analisti, si capirà che tratti potrà assumere la crisi del credito europeo e di conseguenza quale tipo di scenario macroeconomico si andrà a concretizzare nei prossimi trimestri.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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