video suggerito
video suggerito
Opinioni

Dopo la Spagna toccherà all’Italia chiedere aiuto?

Passata l’euforia iniziale per i 100 miliardi di aiuti offerti dalla Ue alla Spagna per ristrutturare le proprie banche, gli investitori sono tornati a chiedersi se adesso non sarà la volta di Roma a dover chiedere soccorso.
A cura di Luca Spoldi
103 CONDIVISIONI

Vertice UE

Sarà l’Italia l’ultimo dei “maialini” del Sud Europa a cadere sotto la scure dei mercati finanziari e dopo mesi di “virtuose” ma all’atto pratico del tutto inutili manovre di austerity imposte, come già a Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, dall’egemone europeo (la Germania) sulla base di un fondamentale misunderstanding (che quello che è bene per Berlino possa essere un bene anche per l’Europa tutta), a dover chiedere aiuto alla Ue per ristrutturare il suo sistema bancario ovvero per tagliare il suo debito pubblico?

Tutto porta a crederlo visto come i mercati hanno reagito, inizialmente in modo positivo poi con qualche dubbio e infine con una nuova pioggia di vendite, alla notizia dei 100 miliardi di euro di aiuti che Bruxelles (ma non l’Fmi) attraverso un Eurogruppo riunito in modo straordinario di domenica ha promesso a Madrid, che impegnerà la cifra (per la quale non sono ancora state definite le modalità e i tempi esatti di erogazione) per fornire aiuti alle proprie banche, esposte per 320 miliardi di euro nei confronti di un settore immobiliare moribondo e destinato, come sempre accade nel caso delle crisi immobiliari (che durano in media dai sette ai dieci anni) a rimanere in stato comatoso per molti anni ancora.

Cosa è cambiato dall’apertura della giornata dei listini azionari e obbligazionari europei (dove il Btp italiano a dieci anni ha chiuso con un rendimento risalito al 6,032% lordo annuo (26 basis point sopra l’ultima chiusura) ed uno spread contro Bund tornato al 4,73% (28 punti base peggio di venerdì), dopo aver stretto sino al 4,22% in avvio di giornata? E’ successo che analisti e operatori hanno iniziato a diramare i primi commenti alla decisione assunta ieri dai partner comunitari.

C’è stato chi, come Massimo Fortuzzi (gestore di lungo corso ed amministratore delegato di IDeA Sim), dopo aver ricordato che tutte le principali economie mondiali, dagli Usa alla Cina, sono in rallentamento rispetto alle aspettative che si segnalavano ad inizio 2012 e che solo l’attivismo delle banche centrali ha evitato per ora il peggio, si attende nelle prossime settimane uno snodo di tutta la vicenda e per intanto spiega: l’aiuto erogato alla Spagna “non è una soluzione definitiva per i problemi del sistema, ma è una boccata di ossigeno che consente che una crisi locale non diventi sistemica”, aggiungendo che ora l’importante è che “la Grecia non deve uscire dall’euro” perché in caso contrario l’euro stesso diverrebbe “reversibile, e non sarebbe più fungibile”, ossia “un euro italiano non sarebbe più uguale ad un euro tedesco, con conseguente fuga di capitali fuori dai paesi del Sud Europa, crisi bancaria europea, frantumazione dell’euro e depressione economica mondiale”.

E c’è stato chi come il Credit Suisse ha scritto che sarebbe una sorpresa se le banche spagnole avessero necessità di oltre 100 miliardi di euro di ricapitalizzazione per superare l’attuale crisi ed è importante che l’aiuto sia stato dato prima (e non dopo) l’esito delle elezioni greche di domenica prossima e che consenta alla Spagna di procedere alla ristrutturazione del proprio sistema creditizio a tassi più convenienti di quelli attuali di mercato, aggiungendo però che la Spagna continua a registrare un deficit pubblico primario e l’economia resta in profonda crisi, il che potrebbe indurre Madrid a varare entro fine anno ulteriori misure di austerity che potrebbero compromettere nuovamente il quadro.

Tutte incertezze che peraltro secondo gli esperti svizzeri dovrebbero favorire la nascita di un’unione fiscale e bancaria europea di cui da tempo si discute, finendo dunque col rafforzare il progetto comunitario a lungo termine. Meno positivi sono sembrati invece gli analisti di Barclays, che oggi hanno diffuso un report negativo sulle prospettive del comparto finanziario italiano, mentre l’agenzia Fitch che dopo il recente downgrade del rating sovrano spagnolo ha ridotto anche il rating delle banche spagnole, Banco Santander e Bbva, a “BBB+” da “A”, con outlook che resta negativo e dunque non esclude ulteriori tagli del merito di credito degli istituti (il che rischia di aumentarne ulteriormente i costi per la raccolta). Al di là dei ragionamenti dei singoli analisti o investitori, due domande sono tuttora senza risposta.

Primo, se sono state le banche (e gli investitori privati in generale) ad aver sbagliato gli investimenti negli anni scorsi, è giusto salvarle ora investendo denaro pubblico e se sì (come probabile per evitare il ripetersi di crisi come quella seguita al fallimento di Lehman Brothers) sarà possibile almeno rimuovere i satrapi al comando del settore creditizio che in Spagna come in Italia è da sempre pesantemente incrostato di rapporti con la politica (a sua volta colpevole di non aver minimamente saputo guidare i paesi del Sud Europa verso un modello di sviluppo più sostenibile e al passo coi tempi e meno tutelante delle sole rendite di posizione di pochi gruppi di potere a scapito degli interessi di intere nazioni)?

Secondo, quanto ci vorrà per capire che la ricetta tedesca forse funziona per la Germania che, legittimamente ma con una certa miopia, continua a battersi perché sia il rigore l’unica stella polare da seguire per superare la crisi, ma non va bene per paesi come la Spagna o l’Irlanda, dove il problema non è mai stato di debito pubblico ma di debito privato, né per Grecia o Portogallo, che non possono affidare il rilancio della propria economia a esportazioni inesistenti, e forse neppure all’Italia, che potrebbe e dovrebbe crescere sui mercati esteri ma che prima ancora di farlo dovrebbe tornare a investire nell’istruzione della sua popolazione e a sostenere l’innovazione e non unicamente a tutelare la spesa corrente pubblica e privata continuando a incrementare all’infinito le tasse nell’inutile tentativo di riuscirci? Speriamo non troppo tempo.

103 CONDIVISIONI
Immagine
Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views