Dalle mascherine ai pneumatici per bici: col Covid le aziende tornano a produrre in Italia
Le aziende tornano in Italia. Anche per effetto dell’emergenza Coronavirus. Negli ultimi mesi, infatti, sono aumentate le aziende che avevano delocalizzato la produzione all’estero e che ora ritornano in Italia, anche come effetto del lockdown. Ad andare in questa direzione sono soprattutto le aziende dei settori che si occupano di prodotti sanitari e che hanno ampliato il mercato interno, ma anche l’automotive e, in generale, le filiere legate al made in Italy. La tendenza era già riscontrabile da qualche anno, tanto che i dati sull’Europa dal 2015 al 2018 mostrano l’Italia in testa, dietro solo alla Gran Bretagna, per numero di aziende tornate nel Paese. Un dato che ora ha subito un’accelerazione.
Tornano a produrre in Italia 175 aziende
Le cifre vengono fornite dal rapporto “Il reshoring manifatturiero ai tempi di Covid-19. Trend e scenari per il sistema economico italiano”, riportato da La Stampa. A condurre lo studio sono stati: Paolo Barbieri dell’università di Bologna, Albachiara Boffelli dell’università di Bergamo, Stefano Elia del Politecnico di Milano, Luciano Fratocchi dell’università dell’Aquila e Matteo Kalchschimdt dell’università di Bergamo. I casi di ‘reshoring’ monitorati sono stati 175, ma il numero sarebbe sottostimato in quanto per le forniture non c’è alcun obbligo di comunicazione, mentre alcune aziende non vogliono far sapere di aver riportato la produzione in Italia.
Quali aziende hanno deciso di tornare in Italia
Il ritorno della produzione in Italia, comunque, non comporta necessariamente la chiusura dell’attività all’estero. Tra le ultime aziende che hanno deciso di rilocalizzare, come riporta La Stampa, c’è Vittoria, di Bergamo, specializzata nella produzione dei pneumatici per bici. Ma anche la Bartoli Spa di Lucca che produce solette per scarpe da cerimonia. E ancora c’è chi produce mascherine biodegradabili: dalla Cina ha deciso ora di tornare in Italia. Le imprese italiane che sono rientrate tornano soprattutto dalla Cina (il 32%), dall’Europa dell’Ovest (25%), dall’Est Europa (21%) e dal resto dell’Asia (11%).
Fratocchi, uno dei docenti che si è occupato del report, sottolinea il ruolo che ha avuto l’emergenza Covid su questo processo già in atto. E lo fa citando l’esempio della Francia: “Oltre alle scelte delle singole aziende ci sono politiche statali che lo spingono. Un esempio è quanto sta avvenendo in Francia con il paracetamolo. Nessuno in Europa lo produceva più, tutto delocalizzato in Asia. Durante l’emergenza si è temuto di rimanere senza scorte e ora il governo ha spinto le aziende a rientrare”.