Dal 15 ottobre torna il rischio pignoramenti, anche su redditi e conti correnti
Terminato il periodo di stop alla riscossione da parte di Agenzia delle Entrate-Riscossione, torna anche il rischio dei pignoramenti per gli italiani che hanno debiti con il Fisco o alcuni enti locali. Dal 15 ottobre, dopo la pausa per l’emergenza Covid, ripartono quindi le notifiche delle cartelle di pagamento, così come la possibilità di promuovere nuove azioni esecutivi o cautelari. Di fatto torna anche il rischio pignoramenti – anche su redditi e conti correnti – per chi non ha saldato i suoi debiti che possono riguardare o Agenzia delle Entrate-Riscossione o anche i casi di ingiunzioni fiscali da parte degli enti territoriali per i casi di pagamenti di tributi come sono il bollo auto, la Tari o l’Imu.
Cosa si può pignorare e cosa no
Non tutti i beni (mobili e immobili) sono pignorabili. Per esempio non si possono pignorare i sussidi, le pensioni minime e i beni ritenuti fondamentali per la vita e la dignità delle persone. Ancora, non si può pignorare l’anello nuziale, né gli oggetti di culto e i libri necessari per l’esercizio della professione. Infine, divieto di pignoramento anche per gli animali di compagnia. In caso di atto di pignoramento il debitore rimane in possesso dei beni, che però non può venderli né distruggerli. Il pignoramento vale sia per i beni mobili che per quelli immobili.
Il pignoramento di redditi e conti correnti
Per quanto riguarda i redditi, i pignoramenti possono avvenire per un massimo del 20% del loro importo. Il pignoramento può riguardare anche stipendi, salari o indennità da lavoro. Ci sono dei limiti alla quota pignorabile: un decimo per stipendi fino a 2.500 euro, un settimo tra 2.500 e 5.000 euro, un quinto sopra i 5.000 euro. Infine, il pignoramento può avvenire anche sui conti correnti e sulle somme depositate, a esclusione dell’ultimo stipendio.