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Opinioni

Da Rcs a Fca, passando per le banche, l’Italia sta cambiando

L’Italia sembra sempre immune da ogni cambiamento, sinchè all’improvviso il cambiamento si impone. Sta succedendo nell’editori (con Rcs preda di Cairo Communications), nel credito (con le banche che tentano un’ultima difesa col fondo Atlante), forse capiterà nell’auto (con Fca che pare tentata dalle auto elettriche di Tesla). Speriamo che il cambiamento sia vero e profondo e apra a tutti nuove opportunità…
A cura di Luca Spoldi
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Stando in Italia sembra sempre che nulla cambi al mondo, sino al momento in cui, improvvisamente, tutto pare cambiato. E’ capitato al settore editoriale, dove un ex colosso come Rcs MediaGroup abituato a dominare il settore senza dover troppo badare all’andamento dei propri concorrenti (anche perché nel “salotto buono” nessuno dei soci storici fino a qualche anno fa sembrava realmente interessato all’andamento dei conti, quanto a consolidare rapporti di potere e relazioni) sembra sul punto di essere rilevato da un editore come Cairo Communications, che i conti li guarda con attenzione ma che certo non è un nome storico del panorama editoriale italiano.

Potrebbe capitare a breve ad alcuni dei protagonisti del settore bancario, dove dopo anni passati a difendere ad oltranza un modello di business che ha finito con l’appiattire ogni differenza e specializzazione, sfruttando rendite di posizioni rese possibili dalle barriere amorevolmente create e mantenute da una classe politica intrinsecamente legata al mondo del credito i capitali di controllo si sono talmente assottigliati da non essere più in grado né di lavare i panni sporchi in famiglia, magari utilizzando il metodo storico di Banca d’Italia (che alzava semplicemente il telefono e chiamava i vertici degli istituti in difficoltà per comunicare loro il nome del “cavaliere bianco” che sarebbe intervenuto), né di evitare, nonostante gli sforzi, che regole comuni europee creino spazi e occasioni di business per i temuti concorrenti esteri.

Sembra il destino che attende anche un gruppo come Fiat Chrysler Automobiles, già molto diverso da quello di cui l’Avvocato Agnelli soleva dire “ciò che è bene per la Fiat è bene per l’Italia” e sempre più tentato dal mutare ancora di pelle, questa volta forse in maniera radicale. In queste ultime settimane, infatti, sembra tramontata l’ipotesi di una possibile fusione con Peugeot o con altri produttori automobilistici tradizionali come Ford, Toyota o Volkswagen, anche se Sergio Marchionne non ha mai chiuso del tutto la porta in tal senso e John Elkann è anzi sembrato spingere per una fusione con un “big” tradizionale parlando di potenziali sinergie di costo fino a 10 miliardi di dollari l’anno.

Ma la tentazione più forte potrebbe essere una molto più “disruptive”: Tesla. In questi giorni Marchionne è tornato sull’argomento dell’auto elettrica notando come il problema non sia riuscire a venderne, quanto riuscire a guadagnarci. E’ corretto, visto che produrre e distribuire automobili implica l’impiego di capitale e lavoro che va adeguatamente remunerato. Ma è altrettanto vero che il Model 3 di Tesla sta facendo parlare di sé tutto il mondo e senza ancora aver visto un esemplare per le strade Elon Musk, già creatore di PayPal e di SpaceX (che qualche giorno fa per la prima volta nella storia è riuscita a far atterrare senza danni il primo stadio del razzo Falcon 9 su una piattaforma drone, aprendo la strada all’era dei razzi riutilizzabili e dunque commercialmente appetibili), ha annunciato che nella sola prima settimana di prenotazioni la berlina elettrica ha ricevuto 325 mila prenotazioni.

Intendiamoci: molte di queste prenotazioni rischiano di essere cancellate e non trasformarsi mai in ordini d’acquisto e comunque Marchionne ha sottolineato come il punto resti ottenere un profitto. “Se (Musk) mi mostrerà che può essere fatto, lo farò anch’io, lo copierò, gli aggiungerò stile italiano e lo metterà sul mercato in 12 mesi”. Il mercato per ora non crede che Fca si converta in 12 mesi in un clone di Tesla ed è un bene per i suoi azionisti e creditori, eppure la tentazione di saltare il fosso e passare da un produttore “vecchio stile” con una linea produttiva rinnovata col contagocce ad un’azienda “trendy” come Apple o Tesla sembra essere forte.

Ci vorranno anni, forse, ma il vento dell’innovazione vera e profonda, quella che cambia un business dalle fondamenta, sembra ormai essere arrivato anche in Italia, almeno per quel che riguarda i suoi ex campioni nazionali. Speriamo che sia il segno di una nuova Italia in grado di offrire maggiori e più interessanti opportunità a tutti i nostri imprenditori, grandi e piccoli, giovani o esperti: ne avremmo tutti un grande bisogno, se vogliamo avere un futuro che non sia solo cercare di ripagare i debiti che continuano ad accumularsi sulle nostre teste.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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