Aziende italiane prede dei grandi concorrenti esteri? Capita spesso, ma non è detto debba andare sempre e solo così: dalla Beretta (storico produttore italiano di armi) a Fiat Chrysler Automobiles il “made in Italy” sa anche conquistare terreno su mercati importanti come gli Stati Uniti.
Il produttore di Gardone Val Trompia il 31 dicembre ha completato l’acquisizione tramite la controllata tedesca Steiner (usando solo mezzi propri, senza fare ricorso a indebitamento bancario) le americane Sts e Diffraction, produttori di sistemi opto-elettronici per la visione notturna utilizzati prevalentemente dai corpi speciali dei principali paesi occidentali, da tutte le forze militari e molte agenzie governative e di ordine pubblico negli Usa e da varie altre agenzie del mondo fra cui Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Francia, Svizzera, Norvegia oltre che Italia.
Il settore dell’opto-elettronica comprende ottiche di puntamento, binocoli, puntatori laser e dispositivi portatili di illuminazione e già oggi pesa per circa il 15% del fatturato del gruppo italiano, che come ha confermato in una nota il presidente e amministratore delegato Pietro Gussalli Beretta intende raggiungere una posizione di leadership anche in questo settore e intanto spinge sull’acceleratore il proprio processo di internazionalizzazione, preparandosi a trasferire le attività della controllata Beretta Usa nel nuovo sito produttivo nello stato del Tennessee.
Se Gussalli Beretta è fiducioso, Sergio Marchionne, numero uno di Fiat Chrysler Automobiles, può gonfiare il petto. A dicembre Fca ha visto un incremento delle vendite negli Usa del 13% su base annua (il miglior dicembre degli ultimi 90 anni e il 69esimo mese consecutivo di crescita delle vendite su base annua) a quota 217.527 vetture, il quarto miglior risultato dopo quelli di GM (290.230 immatricolazioni), Toyota (238.350) e Ford (237.606).
E’ pur vero che gli analisti si attendevano una crescita ancora superiore (del 19%), ma rispetto agli incrementi di Gm (+5,7%) e Ford (+8,3%) il cambio di passo è evidente ed essere riusciti a entrare nel “club” dei produttori che vendono oltre 200 mila vetture al mese è un traguardo sul quale in pochi avrebbero scommesso un anno fa di questi tempi.
Il merito va al marchio Jeep, che col +42% (89.654 vetture immatricolate) ha registrato sia il miglior dato di vendita di dicembre di sempre, sia il maggior incremento su base annua delle vendite dicembrine di sempre. Molto più calmo l’andamento del marchio Fiat (ossia della Fiat 500, venduta anche nella versione 500L e 500X), in aumento dell’1% su base annua ma comunque in grado di toccare un nuovo record storico in termini di vendite in dicembre (con 3.805 vetture immatricolate).
Da notare che con le 57 vetture immatricolate in dicembre, nel corso del 2015 Fca è riuscita anche a vendere negli Usa 663 Alfa Romeo 4C, poco più che un segnaposto ma comunque un primo segnale dell’interesse a far tornare anche il marchio Alfa Romeo in forze negli Usa, coerentemente con l’annunciato (e per la verità per il momento ritardato) rilancio.
Proprio le attese per il rilancio dell’Alfa Romeo e per un consolidamento della crescita sia di Jeep sia di Maserati (che negli Usa non è venduta, per ora) hanno portato ieri gli analisti di Equita Sim ad esprimere un giudizio positivo sul titolo Fca ex-scorporo Ferrari (che oggi a Milano è salita di un altro 2,11% chiudendo a 44,59 euro per azione), tanto che secondo gli esperti Fca potrebbe arrivare a quotare 12,3 euro per azione contro gli 8,365 euro a cui il titolo ha chiuso oggi a Piazza Affari (in ripresa del 2,64% rispetto alla chiusura di ieri).
Insomma: se è vero che le aziende italiane restano mediamente troppo piccole rispetto ai propri concorrenti e sembrano destinate, a medio termine a potersi al più vendere al miglior offerente, tanto che per la stessa Fca si parla da tempo di una possibile fusione con GM che porterebbe la holding Exor degli eredi Agnelli a risultare il più importante azionista del conglomerato che nascerebbe (con una quota attorno al 5% del capitale di quello che sarebbe a quel punto una grande public company), è anche vero che una strategia che non si arrocchi solo in difesa può ancora consentire ai nostri gruppi di crescere all’estero. E’ la strada che hanno già percorso con successo altri gruppi, da Luxottica ad Amplifon, da Beni Stabili ad Autogrill solo per citare alcuni dei casi più noti.