Mentre le borse del vecchio continente cambiano idea e anziché proseguire al ribasso in una “pausa fisiologica” dopo settimane di continui rialzi tornano nuovamente a veder salire gli indici in una giornata senza grandi emozioni né rilevanti novità sul fronte della crisi greca, il Fondo monetario internazionale fa un ulteriore passo per cercare di spegnere un altro focolaio di tensione, quello ucraino. Il consiglio esecutivo dell’Fmi, in rappresentanza delle 188 nazioni aderenti, ha infatti approvato un programma di prestiti per 17,5 miliardi di dollari che dovrebbe evitare a Kiev di finire in default nel bel mezzo del conflitto con le milizie separatiste filo-russe che nel frattempo sembrano aver iniziato a ritirare “una parte significativa” delle armi pesanti schierate sul campo, come previsto dagli accordi di Minsk e come confermato dallo stesso presidente ucraino Petro Poroshenko (che peraltro ha anche ribadito come invece l’artiglieria separatista sia ancora schierata e operante nella zona nevralgica dell’aeroporto di Donetsk, dove i rappresentanti dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) non sono ancora riusciti a entrare.
Il finanziamento del Fmi dovrebbe far parte di un pacchetto di aiuti che, sommato a finanziamenti in arrivo dagli Usa e dall’Unione europea, e ad uno “sconto” sul debito sovrano ucraino da 15 miliardi di dollari ad concordare coi principali bondholder internazionali, dovrebbe arrivare a 40 miliardi di dollari complessivi, miliardi che andranno a sostituire il prestito da 17 miliardi di dollari, su scadenza biennale, già erogato nell’aprile dello scorso, a cui il governo di Kiev ha già attinto per il 27% per riuscire a pagare pensioni e stipendi regolarmente. Nel frattempo però, complice la guerriglia coi separatisti (che negli ultimi 11 mesi avrebbe causato almeno 6 mila morti secondo l’Onu) e le tensioni con Mosca, le riserve in valuta internazionale detenute dalla banca centrale ucraina si sono ridotte di quasi due terzi, scendendo a soli 5,6 miliardi di dollari (contro i 35 miliardi di tre anni fa) anche a causa del vano tentativo di difendere il cambio della valuta nazionale, la hryvnia, che dopo aver visto dimezzato il proprio valore contro dollaro nel 2014, ha perso un ulteriore 50% solo nei primi due mesi del 2015.
Il nuovo prestito dovrebbe dunque ridare respiro a Kiev che nel 2014 ha registrato un crollo del Pil del 7,5% e rischia quest’anno di vederlo cadere di un ulteriore 5,5%, sempre che il conflitto armato cessi rapidamente, come ha fatto sapere il mese scorso il dal ministro dello Sviluppo Economico ucraino, Aivaras Abromavicius. E proprio la speranza che si vada verso una soluzione diplomatica della crisi e che gli aiuti internazionali riescano a mantenere a galla l’economia e il debito di Kiev ha fatto sì che nelle ultime settimane i bond di Kiev recuperassero terreno sui mercati, nella convinzione che alla fine si eviterà il default e si possa assistere ad un semplice allungamento delle scadenze di rimborso (o ad un concambio di titoli su base volontaria, come già capitato proprio nel caso della crisi del debito sovrano greco). Ma quanto costa la guerra a Kiev? Lo scorso anno l’Ucraina ha speso per l’esercito quasi 3 miliardi di dollari, quest’anno dovrebbe spendere 5,7 miliardi. In più il rimborso del debito contratto con Gazprom per le forniture di gas è costato lo scorso 1,4 miliardi e si prevede costi quest’anno altri 2 miliardi abbondanti.
Ma se i conti pubblici soffrono, con l’esplosione dell’inflazione, arrivata ormai al 30% annuo, per combattere la quale la banca centrale di Kiev ha rialzato a inizio mese i tassi di riferimento dal 19,5% al 30%, obbligando anche le imprese a convertire in valuta locale il 75% dei profitti in valuta estera, a soffrire maggiormente sono imprese e famiglie ucraine. Già ora a Kiev i salari medi, pari a circa 300 dollari, bastano a mala pena a pagare l’affitto e a fare un minimo di spesa, mentre nelle zone rurali del paese stanno rapidamente espandendosi sacche di nuova povertà. L’aiuto dell’Fmi, inoltre, non è a titolo umanitario, ma condizionato ad una serie di “riforme” che come di consueto avranno un pesante impatto sociale, come tagli alle pensioni e riduzione dei sussidi alle bollette energetiche. Se la “cura letale” della troika Ue-Bce-Fmi ha causato tensioni in Grecia, paese che comunque gode dello scudo offerto dall’appartenenza all’area dell’euro ed il cui Pil nel 2014 è risultato pari ad oltre 242 miliardi di euro (interrompendo una sequenza di continui cali durata sei anni) contro i circa 164 miliardi di quello di Kiev, è facile immaginare quali conseguenza la stessa potrebbe avere in Ucraina, se non si troverà il modo di addolcirne la formula.