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Crisi Credit Suisse, le cause del crollo in Borsa e cosa succederà adesso

Come è nata la crisi di Credit Suisse che lo scorso 15 marzo è crollata trascinando con sé le Borse europee prima dell’intervento di salvataggio della Banca Centrale Svizzera: cosa succederà all’istituto bancario, che non è nuovo a problemi del genere, e cosa rischiano mercati finanziari e investitori.
A cura di Ida Artiaco
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Il mercato finanziario ha attraversato giorni di bufera dopo il fallimento dell'americana Silicon Valley Bank e il crollo di Credit Suisse. L'istituto di credito svizzero, il secondo del Paese al confine con l'Italia, ha perso il 24,2% in Borsa a Zurigo il 15 marzo, destando preoccupazioni sulla sua solidità finanziaria e innescando una tempesta di vendite sull'intero comparto bancario in Europa, poi il titolo è rimbalzato dopo la decisione di ricorrere a un prestito di 50 miliardi di franchi (54 miliardi di dollari) dalla Banca Centrale Svizzera. Infine, è intervenuta Ubs che l'ha acquistata in una operazione dal valore di 3 miliardi di euro.

I due eventi, il crollo di Credit Suisse e il fallimento della Svb, non sono strettamente collegati ma ciò che è successo al gruppo bancario svizzero, che aveva già presentato delle debolezze nel bilancio e che non è nuova a problemi di questo genere, può essere inteso come frutto di un nervosismo dei mercati finanziari e naturale aftershock di quanto successo negli Stati Uniti, come ha spiegato a Fanpage.it il giornalista ed economista americano Alan Friedman.

Vediamo, precisamente, cosa è successo nei giorni scorsi: le cause storiche dell’attuale crisi della Credit Suisse e perché l’instabilità dell’istituto di credito sta influenzando l’intero settore, destando preoccupazioni su investitori e mercato finanziario.

Breve storia della Credit Suisse

Credit Suisse è stata fondata nel 1856 da Alfred Escher a Zurigo. Come ha spiegato a Fanpage.it l'economista Giorgio Arfaras del Centro Einaudi, si tratta di una banca d'affari e non di credito ordinario.

Al momento, come si legge sul sito ufficiale della Camera di Commercio Svizzera in Italia, è presente in oltre 50 paesi, per un totale di circa 49mila dipendenti e assiste imprese, istituzioni e individui con soluzioni integrate che includono la consulenza nel private banking, nell’investment banking e nell’asset management. Secondo il suo rapporto annuale, alla fine del 2022 Credit Suisse gestiva 1.440 miliardi di franchi (circa 1.300 miliardi di euro) di attivi totali, di cui 1.080 miliardi (circa 980 miliardi di euro) erano fondi dei clienti.

Come hanno sottolineato gli esperti, da anni Credit Suisse naviga in cattive acque ed è passata da uno scandalo all’altro, come quello ribattezzato Swissleaks, che avrebbe coinvolto anche il Vaticano, subendo enormi perdite finanziarie, come confermato dai risultati di bilancio del 2022, con una perdita annunciata di 7 miliardi di franchi.

Ancora prima, nel 2021 erano falliti i fondi speculativi Usa Archegos e Greensill, con un costo per Zurigo di oltre 6 miliardi di franchi

Non solo. Negli anni Credit Suisse è stata anche accusata di proteggere i depositi di alcuni personaggi oscuri, come il dittatore Marcos e la moglie Imelda, di avere legami finanziari con il dittatore nigeriano Sani Abacha, di riciclaggio di denaro per la Yakuza, la mafia giapponese, oltre che di aver aiutato Sudan e Iran ad aggirare le sanzioni.

Come e perché si è arrivati all'attuale crisi della Credit Suisse

La seconda banca elvetica è oggi in mani arabe, perché la Saudi National Bank, partecipata per il 37% dal fondo sovrano saudita, è il maggior azionista del Credit Suisse. Questa è una informazione importante per capire la crisi che si è aperta il 15 marzo perché proprio la Saudi National Bank, quando ha escluso un nuovo sostegno finanziario, ha scatenato la bufera su Zurigo.

Ammar Al Khudairy, presidente della Saudi National Bank, parlando lunedì a Bloomberg Tv ha escluso di fornire ulteriore assistenza finanziaria alla banca svizzera. "La risposta è assolutamente no, per molte ragioni che esulano dalla più semplice ragione normativa e statutaria", ha detto nettamente Al Khudairy, rispondendo ad una domanda se la banca fosse stata disposta a sostenere il Credit Suisse in caso di ulteriore richiesta di liquidità.

Perché potrebbe aver bisogno di un aumento di capitale è presto detto: Credit Suisse ha affermato di aver identificato "carenze sostanziali" nei controlli interni sulla rendicontazione finanziaria.

La banca, come abbiamo visto, è passata da una crisi all'altra negli ultimi anni, con conseguenti pesanti perdite. Le carenze nei controlli interni sono stati individuati per la prima volta dal suo revisore, PwC, secondo una persona a conoscenza della questione. In una dichiarazione separata, PwC ha affermato che "la direzione non ha progettato e mantenuto controlli efficaci sulla completezza, la classificazione e la presentazione degli elementi non monetari nei rendiconti finanziari consolidati".

Gli effetti del crollo in borsa sul settore bancario

Le dichiarazioni di Al Khudairy hanno fatto crollare il titolo di Credit Suisse, arrivata a perdere il 24,24%. E il 15 marzo è stato un mercoledì da profondo rosso per le Borse europee travolte dall'istituto svizzero. Così, dopo il tracollo di inizio settimana a causa del collasso della californiana Svb i listini del Vecchio Continente hanno 355 miliardi in termini di capitalizzazione. Tra i singoli listini Francoforte ha perso il 3,27% (Dax 14.735 punti), Londra il 3,83% (Ftse 100 7.344 punti), Parigi il 3,58% (Cac 40 a 6.885 punti), oltre che Milano, arrivata a perdere il 4%.

Gli esperti hanno parlato di rischio contagio, anche se, come ha spiegato a Fanpage.it Marcello Messori, professore di Economia internazionale alla Luiss di Roma, molto spesso proprio il rischio contagio "è emotivo, passando attraverso aspettative e rischi di instabilità".

Poi, il 16 marzo, dopo l'annuncio della Banca centrale svizzera di un prestito fino a 50 miliardi a Credit Suisse, c'è stato un rialzo record del 40% con tutte le Borse europee che ieri hanno chiuso in rialzo, complice anche l'annuncio da parte della Bce di un aumento dei tassi di interesse di 50 punti base al 3,50%.

Le conseguenze per clienti e investitori

Come ha spiegato a Fanpage.it Roberto Rossignoli, analista finanziario, portfolio manager di Moneyfarm, che di mestiere si occupa di gestire il risparmio dei sui clienti, un risparmiatore oggi "ha senso che operi pensando che la situazione sarà risolta. A livello sistemico, tutti gli indicatori ci dicono che non è un 2008, né un 2011″.

Una visione, dunque, opposta a quella di Robert Kiyosaki, esperto di Wall Street che lunedì, intervenendo in una trasmissione dell'americana Fox News, ha predetto il crollo di Credit Suisse dopo il crac di Lehman Brothers nel 2008.

Troppo grande per fallire e anche per essere salvata

Tuttavia, la maggior parte degli esperti è convinta che Credit Suisse non fallirà. Secondo Friedman, "Credit Suisse non può fallire, in gergo si dice too big to fail. Il governo svizzero non può permettere che succeda una cosa del genere perché c'è la reputazione della Svizzera stessa in ballo".

Anche per Rossignoli "Credit Suisse è troppo interconnessa per poter fallire. E la scelta del regolatore svizzero, che ha messo 54 miliardi per puntellare la solvibilità dell’istituto, va in questa direzione. Lo scenario base, che anche noi gestori consideriamo, è che Credit Suisse non fallisca per la sua importanza sistemica. Nello scenario peggiore, quello in cui Credit Suisse fallisce, la solidità del sistema bancario può essere messa a rischio, ma dev’essere subordinata alla scelta di far fallire le banche in crisi, eventualità che allo stato attuale mi sembra molto irrealistica".

L'operazione di salvataggio della Ubs

Dopo giorni di incertezze, domenica 19 marzo è arrivata la notizia che Ubs ha acquistato Credit Suisse con una operazione dal valore totale di 3 miliardi di euro, con la quale è stata "trovata una soluzione per assicurare la stabilità finanziaria e tutelare l'economia svizzera in questa situazione eccezionale", afferma la banca centrale svizzera.

Secondo l'economista Elena Carletti, docente presso l'Università Bocconi, "i mercati devono avere il tempo di digerire le informazioni, in particolare in momenti di panico e nervosismo come quelli che stiamo vivendo. L'apertura di lunedì 20 marzo è stata negativa, ma poi c'è stata una ripresa. È normale che ci siano queste oscillazioni, che potrebbero ancora verificarsi nei prossimi giorni. Credo, tuttavia, che non ci saranno rischi per la banche italiane, che sono solide", ha spiegato in una intervista a Fanpage.it.

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