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Cosa succede con la sospensione del cashback 

Il governo Draghi ha deciso di sospendere il cashback, ma non è ancora chiaro se si tratterà di uno stop temporaneo o definitivo. Cosa succede, però, con questa sospensione? Vediamo quali potrebbero essere le conseguenze sui rimborsi per i pagamenti elettronici effettuati nel primo semestre e cosa potrebbe avvenire nei prossimi mesi.
A cura di Stefano Rizzuti
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Le certezze sono ancora poche, ma il cashback quasi certamente verrà sospeso a partire dal primo luglio. Difficile capire se solamente per un semestre o se sarà, invece, un addio. La notizia è trapelata dopo la cabina di regia che si è tenuta ieri a Palazzo Chigi, ma mancano ancora i dettagli, che verranno messi nero su bianco con un decreto atteso nei prossimi giorni. La sospensione del cashback, il meccanismo che prevede un rimborso fino a 150 euro per chi effettua in un semestre almeno 50 pagamenti con strumenti elettronici, potrebbe portare un risparmio per lo Stato che viene stimato in 3 miliardi di euro, su un totale di 5 miliardi di spesa stimata fino a giugno 2022, data entro cui la sperimentazione del cashback dovrebbe sparire.

Perché viene sospeso il cashback

La sospensione del cashback dipende da una serie di motivi. Chi ritiene che si tratti solo di uno stop temporaneo, come il responsabile economico del Pd Antonio Misiani, pensa che questa possa essere un’occasione per monitorare i risultati dei mesi sperimentali e per introdurre correttivi per migliorare la strategia da mettere in campo per incentivare i pagamenti digitali. Una sospensione, quindi, per migliorare il sistema. Soprattutto su alcuni punti, come quello del super-premio da 1.500 euro per i 100mila maggiori utilizzatori del cashback, ci sono state però obiezioni. con la richiesta arrivata da più parti di abolire questo meccanismo che favorirebbe i cosiddetti furbetti. La sospensione, inoltre, segue anche l’approvazione di una mozione al Senato che chiedeva il “monitoraggio” del cashback per applicare eventuali “provvedimenti correttivi”.

Lo stop al meccanismo di rimborso del 10% sulle spese effettuate con pagamenti elettronici era stato chiesto dalla Lega, secondo quanto rivendica il suo segretario Matteo Salvini. Ed era caldeggiato dall’altro partito di centrodestra al governo, Forza Italia, ma anche da Italia Viva. A spiegare altre possibili motivazioni dello stop arriva anche Confesercenti, secondo cui il cashback non ha ottenuto il risultato atteso di una spinta ai consumi e all’utilizzo della moneta elettronica. Il Codacons, invece, sottolinea che sono state 8,9 milioni le persone che hanno aderito, ovvero poco meno del 15% dei cittadini: motivo per cui, stando a questi dati, viene chiesto di rinunciare al cashback per utilizzare quelle risorse per abolire le commissioni. Le transazioni afferenti al cashback sono state, invece, in totale 720 milioni.

Cosa succede con lo stop al cashback

Lo stop al cashback non influirà comunque sul pagamento dei rimborsi del primo semestre del 2021. Ad aver raggiunto il minimo di 50 transazioni sarebbero stati più di 5 milioni di italiani, che riceveranno quindi i rimborsi fino a 150 euro. E ci saranno poi i 100mila maggiori utilizzatori che riceveranno il super-premio da 1.500 euro. Il punto è capire cosa succederà dopo. La sospensione di almeno sei mesi sembra certa, ma non è detto che non possa diventare uno stop definitivo. Sull’eventuale ripartenza, infatti, non c’è alcuna garanzia. Teoricamente il cashback dovrebbe durare fino al giugno del 2022, ovvero per tre semestri oltre al mese sperimentale di dicembre 2020, ma il governo Draghi potrebbe decidere di tagliare definitivamente il programma. Ci sono poi altre conseguenze da valutare, meno politiche e più pratiche. Il cashback è nato come strumento per incentivare i pagamenti tracciabili, effettuati con app, carte e bancomat. E la sua adozione ha portato i commercianti ad adeguarsi, su richiesta dei clienti, accettando anche i micro-pagamenti. Bisognerà capire ora se i commercianti continueranno a utilizzare spesso il pos e se gli stessi clienti chiederanno di pagare con carte, bancomat e app o se, senza lo stimolo del rimborso, decidano di ricorrere maggiormente al contante. Le abitudini che per qualcuno potrebbero essere già cambiate, quindi, non è detto che non possano essere modificate di nuovo.

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