Solo qualche giorno fa l’ISTAT aveva diffuso i dati trimestrali sull’andamento dell’economia italiana, rilevando una crescita trimestrale del Pil dello 0,3% e stimando la variazione acquisita rispetto allo stesso trimestre del 2015 a +0,6%. Tali dati sono rafforzati dal documento diffuso oggi, che contiene le prospettive per l’economia italiana nel 2016.
Come si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall’istituto di statistica, dunque, “nel 2016 si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari all’1,1% in termini reali, un tasso di crescita superiore a quello registrato nel 2015”: tale dato è risultato principalmente dell’aumento della domanda interna, che contribuisce a un +1,3% del Pil (il totale risente dell’effetto negativo della domanda estera netta), e quindi dell’aumento dell’1,4% della spesa delle famiglie. Il dato si discosta, seppur di poco, dalle previsioni del Governo, che nel Def dello scorso anno aveva previsto un +1,2% del prodotto interno lordo; nel 2015, invece, la crescita dell’economia italiana si era fermata a un +0,8% del Pil in termini reali.
Prosegue, dunque, la “fase espansiva dell’economia italiana”, anche se con intensità moderata e su ritmi più bassi della media Ue: la crescita italiana resta inferiore a quella dell’area Euro, che è dello 0,6% su base trimestrale e dell’1,6% su base annua. L’Istat individua una serie di segnali che potrebbero sostenere la crescita e che spingono a essere ottimisti nel medio e breve periodo:
- la progressiva ripresa della spesa delle famiglie residenti (+0,9% nel 2015, in consolidamento per il 2016);
- la dinamica positiva dell’occupazione;
- l’incremento delle retribuzioni, che si accompagna alla fase di decisa riduzione dei prezzi, che dovrebbe sostenere il potere d’acquisto delle famiglie
- l’aumento dei consumi nazionali
- la ripresa degli investimenti
- la possibilità di un aumento dell’inflazione per la seconda metà del 2016
Quest’ultimo punto è particolarmente interessante, proprio per l’impatto che sta avendo la deflazione in questi mesi (e per i problemi che la bassa crescita dell’inflazione sta causando al sistema Europa nel suo complesso). Le previsioni dell’Istat suggeriscono un cambio di scenario, non a brevissimo termine: “La dinamica dei prezzi non dovrebbe discostarsi da quella attuale fino ai mesi estivi; dall’autunno si concretizzerebbe una inversione di tendenza, che riporterebbe il tasso tendenziale su valori più sostenuti verso la fine dell’anno, anche se ancora inferiori all’1%.”
Un quadro che potrebbe cambiare nel 2017 se il Governo non riuscisse a disinnescare le clausole di salvaguardia, liberando dunque l'aumento dell'Iva al 23% e al 25% nel 2018. Una prospettiva non così lontana, considerando anche le ultime "indicazioni" della Commissione Europea contenute nel carteggio fra i commissari e i tecnici del ministero dell'Economia.
In generale, è lo stesso istituto di statistica a spiegare il senso e l'attendibilità di tali previsioni, ricordando anche la correzione in corso d'opera effettuata rispetto alle stime di novembre:
L’attuale scenario previsivo incorpora un’ipotesi di lieve apprezzamento dell’euro e una stabilizzazione del prezzo del petrolio nella seconda metà dell’anno in corso. Si assume inoltre che l’andamento del commercio mondiale risulti più vivace di quello dell’anno precedente. Un andamento meno favorevole dell’economia statunitense e un rallentamento più marcato di quella cinese potrebbero comportare delle revisioni al ribasso del contributo estero alla crescita.