La scuola ha il compito di promuovere la formazione e la socializzazione dell’individuo, e di ridurre le disuguaglianze sociali, economiche, culturali e territoriali. Anche la Commissione Europea ci ricorda che “investire nell'istruzione e nelle competenze è fondamentale per promuovere una ripresa intelligente e inclusiva”. I fondi del Recovery Plan, se utilizzati proficuamente, potrebbero dare nuova linfa al sistema scolastico e universitario italiano. Tortuga propone un piano in 3 mosse: aumentare le competenze digitali, valorizzare gli insegnanti e garantire l’accesso all’università.
Competenze digitali e il loro ruolo nell’insegnamento
L’emergenza sanitaria ha avuto il pregio di aver accelerato la digitalizzazione della didattica scolastica. Per utilizzare efficacemente le nuove tecnologie è però necessario che l’Italia migliori le proprie competenze digitali. Nel rapporto Desi 2020, ci collochiamo all’ultimo posto nella Ue in quanto a competenze digitali, e l’Ocse evidenzia come 3 insegnanti su 4 necessitino di maggiore formazione in ambito tecnologico. Inoltre, il rapporto Istat 2020 evidenzia che l’accesso a internet e agli strumenti digitali è disuguale e ha acuito le differenze di accesso all’istruzione tra famiglie di diversa estrazione sociale.
Per potenziare il settore scolastico, la Commissione Europea ha annunciato l’adozione del Digital Education Action Plan, con lo scopo di fornire agli insegnanti supporto e formazione in ambito digitale e ridurre così i divari tecnologici e infrastrutturali. Si tratta di una grande occasione per investire nella creazione di un vero e proprio Sistema Nazionale di Formazione Continua dei docenti, come già proposto nel nostro libro Ci pensiamo noi. Nella scorsa legge di bilancio sono stati stanziati circa 43 milioni all’anno per il triennio 2020-2022 con lo scopo specifico di rafforzare le competenze di docenti e studenti: parte delle risorse del Recovery Plan dovrebbe aumentare direttamente questa voce del bilancio statale.
Figura 1
Per innalzare la qualità dell’insegnamento, è doveroso valorizzare il ruolo del docente. Nel 2015, gli insegnanti italiani hanno ricevuto circa il 30% in meno dello stipendio medio di un lavoratore a tempo pieno laureato, ovvero circa 665€ in meno al mese. Proponiamo di portare lo stipendio medio dei docenti al 90% della retribuzione annua lorda di un laureato, riducendo lo scarto tra le retribuzioni mensili a circa 220€, e di sospendere le distinzioni salariali tra i vari ordini scolastici. Al momento, la progressione di carriera dei docenti si basa su 7 fasce di anzianità, a cui proponiamo di aggiungere in parallelo 7 fasce di merito con cui si accederebbe a un incremento del 15% dello stipendio lordo. Il merito si baserebbe su:
- valutazione di docenti e dirigenti scolastici effettuata da ispettori interni ed esterni;
- crediti formativi acquisiti con il superamento di corsi di aggiornamento e master;
- crediti professionali acquisiti con ruoli di servizio all’interno dell’istituto scolastico, progetti e ricerca.
Tabella 1
Nuove figure professionali
La scuola italiana è caratterizzata da un alto abbandono scolastico e un orientamento poco efficace degli studenti verso scuole superiori, università e mondo del lavoro. Per questa ragione, proponiamo di introdurre in ogni istituto comprensivo e scuola secondaria due figure professionali altamente qualificate: un consulente dedicato alla dispersione scolastica e al supporto psicologico e un tutor che si occupi di alternanza scuola-lavoro, career service e formazione docenti. A oggi questi ruoli, quando esistenti, sono ricoperti dagli insegnanti: tuttavia, per assolvere questi delicati compiti sono necessarie competenze e professionalità specifiche che difficilmente i docenti possono possedere. I costi di attuazione della proposta si aggirano sui 500 milioni l’anno.
Tabella 2
L’accesso all’università
In Italia solo il 20% dei 25-64enni è laureato, contro il 37% della media Ocse. Le ragioni sono molteplici: le famiglie non hanno risorse economiche sufficienti, non sono adeguatamente informate sulle retribuzioni post-laurea; dall’altra parte, i tassi di occupazione dei laureati sono troppo bassi rispetto agli altri paesi, poiché le imprese investono poco in innovazione e competenze specialistiche (è il cosiddetto low skill equilibrium). Nonostante le tasse universitarie italiane siano tra le più alte d’Europa, solo uno studente su 10 riceve borse di studio per reddito o per merito. Sostenere il diritto allo studio è oggi più che mai necessario per evitare di accentuare le disuguaglianze socio-economiche esistenti. Per il 2020, il Decreto Rilancio ha stanziato 205 milioni di euro a favore di Ffo e Fis, i fondi con cui lo Stato finanzia gli atenei e le borse di studio regionali. La nostra proposta è di potenziare questi fondi anche oltre il 2020, espandere ulteriormente la platea dei beneficiari della no tax area e delle borse di studio e anticipare il versamento delle borse di studio all’inizio dell’anno accademico per far fronte ai problemi di liquidità delle famiglie. Proponiamo inoltre di congelare le tasse universitarie fino al 2021 e di sostenere la mobilità universitaria aumentando la dotazione per il sostegno abitativo per gli studenti fuorisede, uno studente su tre, per cui l’affitto costituisce il 36% delle spese mensili.