Giornata nervosa per i mercati azionari europei, dopo l’ennesimo scambio di battute (anzi, tweet su Twitter) tra Alexis Tsipras e alcuni leader europei in merito all’andamento delle trattative su budget e debito greco, con “alcune istituzioni” (una a caso: il Fondo monetario internazionale) che respingerebbero l’accordo perché “forse non lo vogliono, non accettano misure equivalenti”, mentre funzionari Ue confermano che la distanza tra le parti resta ma le trattative stesse non si sono mai interrotte ed anzi proseguiranno nel caso per tutta la notte, con l’obiettivo di arrivare ad una bozza di intesa che possa essere sottoposta ai capi di governo nel Consiglio Europeo di domani e venerdì.
Una sede dalla quale, fa sapere Matteo Renzi, potrebbe non uscire in effetti la ratifica di un’intesa che comunque si dovrà trovare nei prossimi giorni, prima che a fine mese scadano i termini per il rimborso di circa 1,5 miliardi di aiuti dello stesso Fmi, evento che rischia (in caso di mancato rimborso) di portare ad una dichiarazione di insolvenza (“default”) molto pericolosa perché potrebbe estendersi a tutti o buona parte dei 313 miliardi di euro di debito pubblico (per oltre 220 miliardi rappresentato da fondi forniti dalla “troika” Ue-Bce-Fmi) di Atene, con conseguente elevato rischio di definitiva fuoriuscita della Grecia dall’euro. Un’eventualità quest’ultima che secondo il presidente del consiglio italiano non è poi così peregrina, visto che “esistono fortissime pressioni di parte delle opinioni pubbliche europee per utilizzare questa finestra (il Consiglio Europeo, ndr) come occasione per chiudere i conti con la Grecia ed eliminare una volta per tutte la presenza della Grecia nella zona euro”.
A dire la verità se qualcuno ha simili tentazioni farebbe meglio a farsele passare: le differenze tra Grecia e creditori, infatti, riguarderebbero secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Economia greco, George Stathakis (che con Tsipras e il vicepremier Yannis Dragasakis fa parte della deputazione ellenica) 3 temi sui 50 proposti da Atene. Immaginare quali non è difficile, visto che poi fonti greche hanno confermato che mentre Atene cerca di trovare un accordo anche sul debito (tradotto: sulla ristrutturazione dello stesso, già ora peraltro con una scadenza media superiore ai 30 anni e con un tasso d’interesse dell’1,5%, il che non lascia grandi margini di manovra), prima di procedere ad una formale richiesta, che invece sarebbe gradita pare ai creditori a partire dalla Germania, di un nuovo (e per molti comunque inevitabile) programma di aiuti da 30-50 miliardi, mentre i creditori cercano soprattutto di far sottoscrivere ad Atene impegni vincolanti in termini di riforme (il che significa pensioni e Iva, anzitutto, oltre ad una ripresa delle privatizzazioni).
Sul fatto poi che le “riforme” si siano rivelate finora più negative che benefiche per l’economia greca, soprattutto a causa di una tempistica (e un ordine di esecuzione) a dir poco infelice, quasi nessuno sembra volerlo notare, anche se qualche analista come gli uomini di Deutsche Bank ha già fatto i conti e stima che, se la proposta circolata fino a ieri fosse stata alla base dell’accordo, le misure finora prevista, fatte soprattutto di aumenti di imposte e in minor misura di ulteriori futuri risparmi di spesa, avrebbero un impatto negativo sul Pil del 3%. Altro che Grecia che torna a crescere, dunque, semmai nuovo biennio lacrime e sangue per Atene e probabile fine anticipata dell’esperienza di governo di Alexis Tsipras, cosa che forse non spiacerebbe a qualche leader politico europeo o allo stesso Fmi. Più prudente il profilo assunto ancora una volta dalla Bce, che si sta rivelando di tutti i protagonisti di questa sceneggiata quello dotato di maggiore capacità politica, oltre che tecnica.
Il board della Banca centrale europea viene ormai fatto riunire in videoconferenza ogni mattina da Mario Draghi e provvede giorno dopo giorno, anche oggi, a reintegrare il margine di liquidità disponibile del programma Ela (Emergengy liquidity assistance), che dovrebbe essere pari a 3 miliardi. In sostanza l’ex governatore di Banca d’Italia e gli altri suoi colleghi banchieri centrali forniscono al mattino alle banche greche i fondi che dall’andamento dei preordini si prevede vengano ritirati nell’arco della giornata. Una tattica che ha ormai portato nelle casse delle banche greche circa 90 miliardi di euro (a fronte di oltre 110 miliardi fuoriusciti in questi ultimi cinque anni) e che sarebbe suicida se la Grecia dovesse poi bruciare tutti i ponti con l’eurozona e andare incontro a un default e all’uscita dall’euro. Nel frattempo dall’altra parte dell’Atlantico il dato del Pil americano del secondo trimestre passa da -0,7% annualizzato della prima stima a -0,2%, in linea con le attese, e qualche esponente della Federal Reserve torna a non escludere che prima della fine dell’anno i tassi sul dollaro, attualmente pari a zero, possano salire un paio di volte (arrivando dunque attorno allo 0,5% a inizio 2016).
Gli Usa si preparano, forse, a uscire dall’era del denaro a costo zero per entrare in un lungo periodo di denaro a costo minimo, sempre attentamente pilotato dalla banca centrale, comunque tale da accompagnare un consolidamento della ripresa ed evitare l’insorgere di un’inflazione che spaventerebbe gli investitori e richiederebbe più dolorose politiche monetarie (e forse fiscali). La Bce sa di dover ancora lasciar consolidare una ripresa che per il momento resta stentata e “a rischio” di shock esogeni come quello greco, per non dire di altre crisi geopolitiche (come in Ucraina). Putin parla molto ma non sembra intenzionato ad intervenire nelle vicende europee, se non estendendo ancora di un anno lo stop alle importazioni di prodotti occidentali in risposta alle sanzioni Usa ed europee. I mercati emergenti, a partire da Brasile e Cina, mostrano segni di rallentamento, ma non dovrebbero crollare a breve. Tutto sommato lo scenario non è da incubo, all’infuori della Grecia. Se anche la “bomba” di Atene troverà un modo per essere neutralizzata, il secondo semestre dell’anno potrebbe riservare qualche sorpresa positiva anche alle aziende tricolori. Incrociamo le dita.