Come funziona l’inflazione e perché è un problema che ci porteremo dietro per anni
Da più di un anno, l'inflazione è diventata un tema nel dibattito pubblico: non più solamente un indice utilizzato dagli economisti, ma anche un concetto ben conosciuto dai consumatori, che hanno visto forti rialzi nei prezzi. Nel 2022 il tasso di inflazione in Italia ha raggiunto livelli che non si vedevano dal 1984, come certificato da Istat. Il professor Marco Rossi, docente di economia politica alla Sapienza di Roma, ha spiegato a Fanpage.it da dove nasce il fenomeno, che effetti ha e come si può risolvere.
Professore, partiamo con una domanda semplice: cos'è l'inflazione?
L'inflazione si definisce come un aumento dei prezzi persistente (cioè progressivo nel tempo) e generalizzato (cioè relativo a un po’ tutti i beni e servizi). Si dice moderata o “strisciante” se resta su livelli bassi, tra lo 0 e il 3% annuale. Poi c'è un livello come quello attuale, attorno al 10% e fino al 20%. E infine l’inflazione galoppante, quella che supera il 20%.
Se l'inflazione è un aumento dei prezzi, si può dire che è un male?
Non sempre. Anzi, per un'economia sarebbe opportuno che un po’ di inflazione ci fosse, perché si verifica quando c'è una sorta di eccesso di moneta, troppo denaro nel sistema. È come gli spiccioli che si tengono in tasca: non averne per nulla è negativo, invece se ce n’è una certa quantità può tornare utile. Quando c'è tanta moneta in un sistema economico, o aumenta la produzione (e quindi la crescita economica) o aumentano i prezzi (e quindi l'inflazione). L'ideale è che crescano un po' entrambe. Le cose cambiano quando l'inflazione arriva al 10 o al 20%, lì nascono i problemi.
Che effetto ha l'inflazione, concretamente?
Chi non può adeguarsi ai prezzi vede calare il proprio potere d’acquisto, che sia del reddito o del patrimonio. Allo stesso modo, chi ha dei debiti da pagare li vede diminuire. Per questo lo Stato è avvantaggiato: il debito pubblico risulta più basso, in termini reali. L'inflazione distribuisce ricchezza, questo è il suo impatto fondamentale: la prende da chi ha patrimoni e la distribuisce a chi ha debiti; la prende da chi ha un reddito fisso, come dipendenti e pensionati, e la dà a chi ha il potere di modificare i prezzi dei loro beni e servizi, come liberi professionisti e aziende.
Visto che i prezzi aumentano, a pagarne le conseguenze è soprattutto chi ha uno stipendio o la pensione fissi, mentre le aziende che possono decidere i prezzi sono avvantaggiate?
Sì. E si può dire anche che anche che i giovani sono avvantaggiati rispetto agli anziani.
In che senso?
Gli anziani normalmente hanno un reddito fisso, cioè le pensioni, che non sempre si adegua in pieno all’inflazione. E soprattutto hanno avuto il tempo di accumulare un qualche patrimonio. Il valore di entrambi risulta eroso dall’inflazione. Dall’altra parte, i giovani – che in futuro avranno sulle spalle il costo del debito pubblico – avranno un carico minore. Si può anche pensare che sia una cosa buona.
In Italia a pagare il prezzo maggiore è la popolazione anziana?
Sì, diciamo quei risparmiatori della generazione del boom economico, che hanno messo da parte un piccolo patrimonio e lo vedranno ridotto a causa dell'inflazione. È la generazione del dopoguerra, che ha fatto le sue fortune lavorando ma anche indebitandosi notevolmente. Poi negli anni Settanta l'inflazione è schizzata alle stelle, e i loro debiti sono stati ridotti notevolmente: un colpo di fortuna, anche se quell'inflazione ha poi messo fine alla crescita economica italiana, indirettamente, nei decenni successivi. Oggi c'è una marea di piccoli risparmiatori, soprattutto anziani, che sentiranno l'effetto del tasso d'inflazione.
La soluzione sarebbe alzare le pensioni e i salari, per compensare l'aumento dei prezzi?
Non direi. Negli anni Settanta si provò a indicizzare automaticamente i salari all’inflazione, e nacque una spirale prezzi-salari-inflazione che portò l’Italia vicina alla crisi economica. Il rischio è che l’inflazione, se si adattano i salari, diventi strutturale.
Non si rischia che le famiglie di lavoratori e pensionati si impoveriscano?
C'è da dire che nel medio e lungo termine, i salari tendono a tenere il passo dell'inflazione. Nell'immediato, la ricchezza va dalle famiglie alle imprese, e questo è un dato di fatto. Perché le famiglie non possono cambiare i salari a loro piacimento, invece le aziende possono cambiare i prezzi. La scelta su come gestire questa redistribuzione sta alla politica.
Quali sono le cause dell'inflazione di oggi? Questo dato non si vedeva da decenni
Bisogna tornare al 2008: con la crisi finanziaria, molti Paesi europei – soprattutto i più indebitati, come l'Italia – rischiarono il default. La Banca centrale europea, con il "Whatever it takes" di Mario Draghi, si impegnò ad evitarlo a tutti i costi, acquistando i loro titoli di Stato a qualunque prezzo. Per farlo si mise a stampare moneta, inondò il mercato di liquidità. E quando c'è troppa moneta, o aumenta la crescita economica o aumentano i prezzi. Per anni questa liquidità è rimasta nei forzieri, senza essere utilizzata, perciò l'inflazione non è aumentata subito.
E cosa l'ha fatta scoppiare?
L'anno scorso, la scintilla è stata la guerra in Ucraina e l'aumento dei prezzi delle materie energetiche. A quel punto, tutti i soldi che erano stati accumulati sono stati riversati sul mercato. Basta pensare alla corsa dell'Italia per riempire gli stoccaggi di gas in tempo per l'inverno: anche in quel caso ha dovuto spendere molto e improvvisamente, contribuendo all'inflazione.
Per buona parte della popolazione, come diceva, l'inflazione troppo alta ha un impatto negativo. Specialmente per chi ha un reddito più basso, e in generale sui lavoratori stipendiati. Come se ne esce?
Nell’inflazione bisogna anche tenere a mente le aspettative. Cioè, se ci si aspetta che l’inflazione sia alta e prolungata, io azienda tendo ad alzare già i prezzi, per anticiparla. Io sindacato, che stipulo un contratto, chiedo che negli anni il salario aumenti. Io proprietario di casa chiedo che negli anni l’affitto pagato dagli inquilini salga. Così, a mia volta, creo inflazione. Qui c'è la chiave della soluzione, e anche il cuore del dilemma che sta affrontando la Banca centrale europea.
Cioè?
Il modo più rapido per stroncare queste aspettative è mostrare chiaramente che si ha l’intenzione di combattere l’inflazione. Così si convince il pubblico a seguire la stessa tendenza. All'atto pratico, questo si traduce nell'aumentare rapidamente i tassi di interesse.
Cosa succede quando la Bce alza i tassi d'interesse?
Una delle conseguenze più immediate è che sale il tasso d'interesse dei mutui offerti dalle banche. Questo riduce la circolazione di moneta, e nel concreto ha due effetti: ridurre gli acquisti dei beni durevoli (come un'auto o una casa, cioè se non ci sono tassi convenienti per un mutuo magari rimando l'acquisto), e ridurre gli investimenti privati. Questi sono fondamentali per la crescita di un Paese. Se si esagera con il rialzo dei tassi d'interesse, si rischia di mandare in depressione un'intera economia nazionale. Anche per questo la Banca centrale europea, rispetto alla Fed statunitense, sta scegliendo una politica più morbida.
La linea della Bce è più morbida, rispetto agli Stati Uniti?
Gli aumenti sono stati più contenuti e progressivi. Il pericolo è che in Europa la strada verso il ritorno alla normalità sia più lunga, e questo potrebbe complicare le cose. Al contrario, con un rialzo forte e improvviso, si rischierebbe uno shock troppo intenso per l’economia. Ad esempio con un aumento della disoccupazione. Che forse l’Europa in questo momento non può permettersi.
La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto che l'inflazione potrebbe anche non aver raggiunto il picco. Per quanto ancora l'inflazione alta sarà un problema?
Le previsioni dicono che serviranno alcuni anni, due o tre. In questo periodo dovremo attenderci tassi di interesse più elevati, anche sui mutui. Non ci possiamo aspettare che calino prima del 2025 o 2026, a meno che la strategia della Bce non risulti particolarmente efficace. In questo, anche il Pnrr potrebbe aiutare: se ci sarà una crescita economica sostenuta, allora tutto il denaro in eccesso sarà riassorbito più in fretta. Altrimenti, i tempi si allungheranno.