Come cambia il reddito di cittadinanza: quali sono le novità che vuole introdurre Draghi
Non bastano le richieste di abolizione o l’annuncio di referendum per la sua eliminazione: il reddito di cittadinanza resterà. E sarà rafforzato. Questo non vuol dire che la misura non verrà rivista, anzi è probabile una revisione anche drastica su alcuni punti. Ma l’intenzione del governo e del presidente del Consiglio, Mario Draghi, è quella di intervenire per aggiustare il tiro sul contrasto alla povertà e sulle politiche attive del lavoro, non intaccando però il principio di base del reddito. D’altronde lo stesso Draghi ha già detto di condividere il concetto alla base del sostegno introdotto dal governo Conte I, motivo per cui sembra altamente probabile una revisione della misura, ma non una sua cancellazione.
Reddito di cittadinanza e politiche attive del lavoro
Il governo sta studiando una possibile riforma delle politiche attive del lavoro, anche al di là del reddito di cittadinanza. Innanzitutto ci sono i 5 miliardi di euro previsti dal Recovery per l’inserimento nel mercato del lavoro di 3 milioni di persone, come spiega Repubblica. Secondo quanto riportato nel Pnrr si punterebbe, attraverso la formazione, soprattutto su giovani e donne. La seconda rivoluzione è quella degli ammortizzatori sociali: la riforma sarà presentata insieme alla manovra ed entrerà in vigore nel 2022. Gli ammortizzatori dovrebbero essere uguali per tutti, indipendentemente da settore e contratto di lavoro. L’obiettivo è evitare che ci siano lavoratori in cassa integrazione per molti anni attraverso nuove politiche per favorire la ri-occupazione. Riforme che non potranno non riflettersi sul reddito di cittadinanza.
La riforma del reddito di cittadinanza: come cambia contrasto a povertà
Negli scorsi mesi il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha istituito un comitato scientifico per la riforma del reddito di cittadinanza. Una revisione che si si basa su due principi: da una parte il rafforzamento delle misure di contrasto alla povertà, dall’altra un maggior legame con le politiche attive del lavoro. Per quanto riguarda il primo aspetto, la priorità è far rientrare le molte persone finora escluse per criteri troppo stringenti. Per esempio gli stranieri: potrebbe essere ridotto da 10 a 5 anni il numero di anni di residenza in Italia richiesto. Potrebbe variare anche la valutazione del patrimonio, così come la scala di equivalenza: ad oggi favorisce i single e penalizza le famiglie numerose, quindi l’idea è quella di riequilibrare i valori. Poi si penserà alle politiche attive del lavoro, da collegare alle riforme previste sul tema, ma sempre considerando che una buona parte di chi riceve il reddito di cittadinanza non è occupabile.