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Citigroup mette alla porta Vikram Pandit

Tempesta ai vertici di Citigroup: il numero uno Vikram Pandit lascia, venendo sostituito con effetto immediato da Michael Corbat. In Italia nel frattempo si parla dei movimenti tra soci di Rcs e altre amenità…
A cura di Luca Spoldi
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Con un annuncio a sorpresa Citigroup ha ufficializzato ieri un terremoto ai vertici che vede, il giorno dopo l’approvazione di una trimestrale superiore alle attese del mercato ma con utili in calo (a 468 milioni di dollari, -88% su base annua, pari a 15 centesimi per azione, al netto di una svalutazione di 2,9 miliardi relativa a Smith Barney, senza tener conto della quale l’utile netto sarebbe pari a 1,06 dollari a titolo contro i 95 centesimi previsti), l’amministratore delegato del gruppo, Vikram Pandit, uscire di scena (assieme al Coo del gruppo, John Havens) per far posto a Michael Corbat, subito cooptato in Cda al posto di Pandit. Corbat finora aveva guidato le attività di Citigroup in Europa, Medio Oriente ed Africa e secondo il Wall Street Journal diventa il successore di Pandit (che ha guidato il gruppo fuori dalle pericolose acque in cui si era venuto a trovare durante la crisi seguita al fallimento della banca d’affari Lehman Brothers) al termine di uno scontro al calor bianco all’interno delle ovattate stanze del board dell’istituto, un tempo numero uno negli Usa e nel mondo.

Corbat ha già fatto sapere di voler cambiare strategia per offrire “un migliore servizio ai clienti” e creare “nuove opportunità per i dipendenti”: buoni propositi usuali da parte di chi assume il comando, che però guarda caso puntano sui due fattori strategici del successo per qualsiasi azienda, la qualità dei servizi offerti alla clientela e le opportunità offerte ai propri dipendenti. Un marcare le distanze da Pandit che ha insospettito la stampa americana che ha iniziato a fare ricerche, così a distanza di poche ore è venuto fuori, come rilancia l’agenzia Bloomberg, che l’ex numero uno di Citigroup sarebbe stato fatto fuori in quanto le operazioni da lui autorizzate nel corso di questi anni avrebbero causato degli “intoppi” con le autorità di mercato Usa e minato la credibilità dell’istituto agli occhi degli investitori.

La decisione, per alcune fonti, non sarebbe stata per nulla improvvisa, ma covata da mesi, anche prima della nomina di Michael O’ Neill, lo scorso aprile, quale nuovo presidente del gruppo e rifletterebbe il crescente disappunto con le performance di Citigroup. Come dire: non importa se ci hai traghettato fuori da un periodo difficile signor Pandit, se ad un certo punto hai iniziato a governare male l’istituto e sei diventato a tua volta un problema, quella è la porta, accomodati. In quale punto la vicenda vi sembra differente da quelle che leggete ogni giorno sui quotidiani italiani quando si parla di istituti come UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Ubi Banca o Banco Popolare, solo per citare i cinque maggiori gruppi italiani? Forse nel fatto che in Italia i vertici di banche, assicurazioni e imprese (come pure di partiti politici e gruppi di pressione) raramente vengono “cacciati” anche quando compiono clamorosi errori di gestione, tanto più se in precedenza si erano meritati una qualche riconoscenza ad esempio per aver effettuato acquisizioni di concorrenti diretti, per aver espanso le attività, per aver moltiplicato il numero dei voti (o dei clienti, o delle commesse vinte)?

O forse perché in Italia nessun nuov

Vikram Pandit

o numero uno parte dicendo esplicitamente che c’è da migliorare la qualità dei servizi resi alla clientela e dare maggiori possibilità di crescita ai propri dipendenti (salvo che durante qualche campagna pubblicitaria)? L’America resta lontana anche stamattina, mentre sui giornali e sui siti finanziari italiani tengono banco per lo più le cronache dei “movimenti” veri o presunti, attuali o prospettici, all’interno del capitale di Rcs Mediagroup, un gruppo sempre più in crisi che però continua a essere l’oggetto del desiderio dei piccoli e grandi capitalisti tricolori perché controlla il Corriere della Sera, un asset la cui valenza “politica” continua ad essere ritenuta dai frequentatori dei “salotti buoni” finanziari italiani assolutamente strategica, anche oltre le capacità effettive di chi lo governa di produrre utili o perdite. Decisamente l’America è lontana, dall’altra parte della Luna.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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