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Opinioni

Chi pagherà il conto per la “bad bank” sistemica italiana?

Mentre Unicredit e Intesa Sanpaolo si apprestano a trasferire i primi crediti “non core” sottoperformanti a Pillarstone, il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, avverte: la “bad bank” italiana dovrà servire solo a banche solvibili, con trasferimenti a prezzi di mercato…
A cura di Luca Spoldi
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Sarà che a fine ottobre sono attesi gli esiti dei nuovi stress test che la Bce sta completando sulle principali banche europee (tra cui una quindicina di istituti in Italia), sarà che dopo sette anni di convalescenza c’è voglia di far ripartire il sistema bancario del vecchio continente perché supporti una crescita economica altrimenti ancora incerta, sarà che in Italia in particolare il problema delle sofferenze su credito continua ad agire da freno più che in altri paesi, fatto sta che si parla sempre più di “bad bank” (ossia un soggetto a cui trasferire le posizioni a rischio) e “crediti problematici”.

Una “bad bank” quella italiana, che sarà necessariamente diversa da quelle degli altri paesi membri, perché su base volontaria e con un trasferimento di asset a prezzi di mercato, per evitare di trasferire perdite dagli istituti allo stato. Lo ha chiarito il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, raffreddando le speranze di chi nel sistema bancario italiano sperava di aver trovato il modo di ripulire i propri bilanci nel modo più indolore possibile.

Voci di mercato, da settimane, parlano infatti di una costante azione di lobbying messa in atto da una parte almeno del sistema bancario, come il comparto della banche popolari (già interessate ad una riforma della forma societaria che dovrebbe favorire aggregazioni), ma pure da almeno di un istituto di “primissimo piano” a livello nazionale, per arrivare a una soluzione di tipo opposto, ossia ad un intervento diretto o indiretto dello stato che garantisca di avviare una pulizia di bilancio che per alcuni rischierebbe di essere altrimenti molto dolorosa.

Per Visco, del resto, il volume delle sofferenze,  ossia dei crediti difficilmente recuperabili e che risulta in Italia triplicato dall’inizio della crisi globale ed ormai “al 10% del Pil circa e al 25% della produzione industriale”, riflette non solo singoli casi di gestione disattenta, ma problemi strutturali, tra cui un sistema legale inefficiente e alcune caratteristiche del sistema di tassazione. La creazione di una bad bank “di sistema” potrebbe dunque dare il via ad un mercato dei crediti a rischio nel portafoglio delle banche, “aumentando la trasparenza nel settore”, purché il progetto sia rivolto esclusivamente “alle banche solvibili” e i trasferimenti avvengano “su base volontaria”.

Come dire: lo stato dovrà intervenire nel modo più “leggero” possibile, senza trasferire sostanzialmente rischi dagli istituti privati ai contribuenti pubblici. Uno a zero a favore (per una volta) dei contribuenti e palla al centro? C’è da augurarselo, come c’è da augurarsi che la strada, già intrapresa dalle maggiori banche italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo, con l’intervento di investitori specializzati come l’americana KKR, per lo sviluppo di una piattaforma privata (Pillarstone Italy) accessibile in un secondo tempo anche ad altri istituti, per ristrutturare crediti “problematici” relativi a finanziamenti accordati ad aziende medio-grandi, possa dare a sua volta buoni frutti.

Pillarstone, alla cui presidenza è stato da poco chiamato il banchiere d'affari John Davison (ex responsabile dello Strategic Investment Group di Royal Bank of Scotland, dopo precedenti esperienze in Bridgepoint e Carlyle), per operare a fianco del neo amministratore delegato Andrea Giovanelli (ex responsabile Large Corporation Restructuring di Unicredit), dovrebbe avviare le attività a pieno regime con l’autunno. Per fine ottobre-inizio novembre è infatti previsto il trasferimento di un primo portafoglio di crediti “problematici” comuni alle due banche per un controvalore di circa un miliardo di euro.

Secondo le notizie finora trapelate si tratterebbe in particolare di crediti facenti capo a tre società da poco ristrutturate (Burgo, Orsero e Comital Saiag), di quelli di Lindberg, Manucor e Alfa Park (società cui fa capo il parco divertimenti Rainbow MagicLand, alle porte di Roma) e forse di Sirti. Per la “bad bank” italiana Pillarstone sarà un interessante punto di riferimento, visto che potrà indicare quanto nel concreto il mercato è disposto a pagare asset “non core” sotto performanti che nel loro complesso la stessa KKR Credit (controllata del gruppo americano cui fa capo il controllo di Pillarstone, attraverso le holding lussemburghesi K Equity Italy 2, K Equity Italy 1, KAG Italy 2 e KAG Italy GP) stima valere circa 1.900 miliardi di euro.

Di questi, stima sempre KKR Credit, circa 1.200 miliardi dovrebbero essere costituiti dai veri e propri “non performing loan”, che costituiscono un asset di più difficile gestione e di minor certezza in termini di percentuale di recupero. Probabilmente tali asset finiranno per essere oggetto della bad bank “sistemica” cui si riferisce Visco: per la tranquillità delle nostre tasche dobbiamo sperare che una parte almeno possa effettivamente finire sul mercato senza ulteriori “abbuoni” a spese dei contribuenti.

Anche così, è facile prevedere, purtroppo, che per far fronte agli ulteriori costi che tale operazione comporterà, facendo emergere minusvalenze latenti nei bilanci delle banche e, probabilmente, gap di capitale da colmare tramite cessioni, fusioni o ulteriori aumenti di capitale, molti istituti cercheranno di scaricare almeno una parte degli stessi sulla clientela, tramite un rincaro dei prezzi dei servizi. Prepariamoci a campagne pubblicitarie martellanti, continue chiamate da parte dei call center e estratti conto sempre meno floridi, specialmente se non si dispone di patrimoni milionari grazie ai quali contrattare condizioni “di favore”.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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