Censis: “Italia a rischio caos come Parigi, non c’è più coesione sociale”
Tra le famiglie italiane prevale “l’incertezza”; per quanto ci siano liquidità, viene adottato un atteggiamento di “attendismo cinico” preferendo destinare il proprio risparmio a copertura di possibili imprevisti. È quanto emerge dal 48esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese. “Dopo la paura della crisi- spiega il Rapporto ‘La società italiana al 2014’-, è un approccio attendista alla vita che si va imponendo tra gli italiani. Si fa strada la convinzione che il picco negativo della crisi sia alle spalle: lo pensa il 47% degli italiani, il 12% in più rispetto all’anno scorso. Ma ora è l’incertezza a prevalere. Di conseguenza, la gestione dei soldi da parte delle famiglie è fatta di breve e brevissimo periodo. Tra il 2007 e il 2013 tutte le voci delle attività finanziarie delle famiglie sono diminuite, tranne i contanti e i depositi bancari, aumentati in termini reali del 4,9%, arrivando a costituire il 30,9% del totale (erano il 27,3% nel 2007). A giugno 2014 questa massa finanziaria liquida è cresciuta ancora, fino a 1.219 miliardi di euro”.
Incertezza e vulnerabilità
Prevale dunque l’incertezza in Italia, tanto diffusa tanto che il 60 per cento del campione intervistato ritiene che possa succedere a chiunque di finire in povertà, quota che sale al 67 per cento tra gli operai e al 64 per cento tra i 45-64enni. Una delle conferme di questo senso di vulnerabilità diffusa arriva anche dal tasso di natalità: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 è colpa proprio della crisi. L’Italia “ha fatto della coesione sociale un valore e si è spesso ritenuto indenne dai rischi delle banlieue parigine”, ma le criticità ormai radicate di alcune zone urbane “non possono essere ridotte ad una semplice eccezione”, si legge nel rapporto Censis.
Italia, paese delle risorse umane inutilizzate
L'Italia è un paese dal capitale umano "inagito" e "dissipato". Secondo quanto rilevato ci sono quasi 8 milioni di individui non utilizzati: 3 milioni di disoccupati, 1,8 mln di inattivi e 3 milioni di persone che, pur non cercando attivamente un impiego, sarebbero disponibili a lavorare. E questa situazione è inasprita se si guarda ai giovani. I 15-34enni costituivano già prima della crisi il 50,9% dei disoccupati, ma adesso sono arrivati a quota 75,9%. In forte aumento anche i Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non svolgono attività di formazione, passati dai 1.946.000 del 2004 ai 2.435.000 del 2013. I giovani sono anche la maggior parte dei sottoinquadrati, oramai il 19,5% degli occupati. Nel 2004 era occupato il 60,5% dei giovani, nel 2012 era occupato il 48%: in meno di dieci anni sono scomparsi oltre 2,6 milioni di occupati, con una perdita di oltre 142 miliardi di euro che si riflette gravemente già adesso sul sistema di welfare. Per chi lavora gli stipendi sono bassissimi: di 4,7 milioni di giovani che vivono per conto proprio, oltre la metà ricevono un aiuto economico dai genitori.
2014, anno degli sbarchi di immigrati
Il 2014 è stato l’anno degli barchi di immigrati nel canale di Sicilia. Un emergenza, rileva il Censis, se si pensa che, dall'inizio dell'anno a metà di ottobre, sono arrivate in Italia 146.922 persone, per 918 sbarchi, contro le 63mila giunte nel 2011, anno record per gli effetti delle ‘primavere arabe'. Purtroppo non tutti giungono alla fine del viaggio, infatti la stima delle vittime di questi viaggi della speranza è di 3mila morti nel Mediterraneo, tra gennaio e settembre. Una situazione del genere favorisce lo sfruttamento lavorativo, l'abusivismo commerciale e la vendita di merci contraffatte.