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Opinioni

Casa e lavoro: mission impossible per under 30

Trovare un lavoro stabile per i giovani resta difficile, così anche farsi erogare un mutuo con cui comprare casa per gli under 30 italiani sembra una “mission impossible”. E le prospettive non sono destinate a mutare a breve…
A cura di Luca Spoldi
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Imbrattata la casa di Daniele Montezemolo in piazza Mirabello

E’ un cane che si morde la coda: per i giovani in Italia è sempre più difficile trovare un lavoro che non sia precario. Ma se non hai un lavoro stabile e solide garanzie reddituali le banche non ti prestano soldi, specie se li chiedi per un immobile. Così non stupisce che da un’indagine compiuta dai siti Mutui.it e Facile.it emerga come sebbene quasi un quarto delle richieste di finanziamento presentate nel nostro paese arrivi da risparmiatori under 30, solo il 16% delle domande si trasforma nella concessione di un mutuo.  Come dire che quasi metà di coloro che provano a chiedere un mutuo a una banca per comprare la propria “prima casa” si sentono rispondere di no. Non solo: l’indagine compiuta sui mutui erogati tra luglio 2012 e gennaio 2013 mostra come il 37% degli under 30 che sono riusciti a ottenere l’agognato mutuo, ci sia riuscito solo grazie dell’aiuto dei genitori, coinvolti come cointestatari o garanti.

Non a caso maggiori opportunità di ottenere un lavoro stabile e ben retribuito, assieme a prezzi medi degli immobili meno elevati, spingono gli under 30 di Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Veneto a provare a comprar casa con maggiore convinzione (e successo) rispetto ai loro coetanei che vivono nelle altre regioni italiane, mentre gli alti costi degli immobili (o prospettive di lavoro non altrettanto stabili) agiscono da freno alle richieste dei giovani in particolare in Lombardia, Liguria e Lazio, disegnando una nuova geografia italiana in cui non basta più spostarsi da Sud a Nord per migliorare le proprie prospettive professionali e di vita. Si può sperare che la situazione vada a migliorare? Non nell’immediato e probabilmente neppure a medio termine, purtroppo. Da un lato infatti, nonostante l’ottimismo “programmatico” del ministro del Tesoro uscente, Vittorio Grilli, che auspica che già dal secondo trimestre possano emergere i primissimi segnali di ripresa (e che esclude la necessità di ulteriori “manovre correttive”; annotatevelo per quando poi il suo successore dovesse parlare di eventuali “buchi” e sostenere il contrario), segnali positivi sul fronte macroeconomico si fatica a vederne.

Ancora a novembre nella Ue-17 la produzione industriale è calata di un ulteriore 0,3% (su base annua il calo è pari al 3,7%) ma in Italia il calo è stato più che triplo, -1% (e più che doppio su base annua, -7,6%), a conferma del processo di deindustrializzazione in atto da tempo e che non si sta in alcun modo arrestando.  Non va meglio al settore delle costruzioni: -0,4% nell’Eurozona (-4,7% su base annua), -3,4% in Italia (-17,9% su base annua, un crollo superato solo dalla Slovenia, -20,4%, ed eguagliato dal Portogallo). A fronte di un quadro che resta a dir poco precario come prospettive di lavoro, gli investimenti diretti esteri non ripartono (la Ue nel suo complesso si conferma anzi investitrice netta estera, con un incremento del 50% degli stock di investimenti detenuti all’estero da residenti europei tra il 2008 e il 2011, ennesima conferma che chi può preferisce giocarsi le sue carte altrove) e la repressione fiscale rischia di proseguire a lungo (una conferma indiretta giunge oggi dalla nomina del “super falco” Jeroen Dijssembloem, attuale ministro delle Finanze olandese, a successore di Jean-Claude Junker come presidente dell’Eurogruppo, nomina fortemente voluta da Germania e Finlandia e che ha visto il solo voto contrario della Spagna), con buona pace di chi propone “suggestive” ma nel concreto difficilmente praticabili trattative tra Italia e Unione europea per ridefinire i patti relativi alla politica fiscale e al pareggio di bilancio.

Così mentre la stampa italiana e non continua nei suoi coretti a favore o contro Monti, Berlusconi o Bersani, vista dalla strada la situazione appare molto più difficile che non osservandola dall’alto. E le speranze che qualcosa cambi in meglio e a breve per i giovani, in un paese che invecchia sempre di più (secondo l’Istat nel 2010 la speranza di vita alla nascita in Italia è pari a 79,4 anni per gli uomini e a 84,4 anni per le donne e rispetto al 2009 gli uomini guadagnano 0,4 anni in termini di vita media e le donne 0,3 anni) e dove nessun politico o tecnico negli ultimi 15 anni almeno è riuscito a scalfire il corporativismo e gli interessi incrociati delle mille lobbies che difendono a spada tratta i diritti degli “insider” sbarrando la porta a tutti coloro che non “son dentro” si affievoliscono ogni giorno di più.

Del resto al di là delle specifiche misure la sola vera scelta, in un’economia che non cresce e che deve ridurre in qualche modo il peso del debito, è se a soffrire debbono essere i pensionati (con nuovi e sostanziosi tagli agli assegni), i lavoratori (con riduzione delle retribuzioni reali e del reddito disponibile) o i giovani che un lavoro (e una casa) non riescono ancora a trovarlo e rischiano di non avere in futuro alcuna pensione (o mutuo) se non quelle che potranno in qualche modo pagarsi da loro stessi. Scelta cruda e crudele, ma se non riparte la crescita ogni altra opzione è una mera chimera più che una speranza più o meno programmatica. Ma per far ripartire la crescita occorrerà prima convincere la Germania e i “falchi” europei che ci si può fidare dei “lazzaroni” del Sud Europa e i populisti italiani che è l’unione a fare la forza e non l’eventuale “fuga solitaria” dall’euro e dalla Ue, che avrebbe solo l’effetto di accelerare la distruzione del poco che resta dell’economia italiana. Anche in questo caso la strada da percorrere è tutt’altro che agevole, con buona pace di politici e “guru” che ad ogni campagna elettorale provano a dirvi il contrario da decenni.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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