Un paese caratterizzato da una diffusa ignoranza in materia di economia e finanza e la cui classe dirigente (politica e non) sembra soffrire di pesanti distorsioni cognitive riguardo la realtà non può che finire bacchettato puntualmente da una Commissione Ue che di suo continua a concentrarsi sugli aspetti ragionieristici dei conti pubblici dei paesi membri più che cercare di guardare alla sostanza dei problemi e alle possibili soluzioni. Secondo la stampa italiana la Commissione avrebbe comminato una “sonora bocciatura” all’Italia la cui Legge di Stabilità “evidenzia progressi limitati”. Immediata la replica del ministero del Tesoro secondo cui i rischi segnalati dalla Commissione sono già stati considerati nell’azione del Governo che ha già messo in campo “misure per contrastare eventuali rischi su disavanzo e debito 2014”. Oibhò, nuova manovra lacrime e sangue in arrivo? E’ possibile visto i precedenti, ma cerchiamo di fare un minimo di fact checking, riselendo alla fonte.
Nel suo comunicato stampa la Commissione Ue non esamina solo la Legge di Stabilità italiana, ma le leggi finanziarie di 13 stati membri di Eurolandia (e tre altri paesi europei non appartenenti all’area dell’euro), ovvero: Austria, Belgio, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Per il Belpaese segnala, in particolare, “il rischio che la bozza di legge di bilancio per il 2014 non sia conforme alle regole del patto (di stabilità e crescita, ndr). In particolare, il punto di riferimento circa la riduzione del debito nel 2014 non è rispettato” secondo la Commissione, che aggiunge: “la bozza di legge di bilancio mostra limitati progressi riguardo la parte strutturale delle raccomandazioni fiscali emanate dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo” e pertanto “invita le autorità (italiane, ndr) a prendere le misure necessarie nell'ambito del processo di bilancio nazionale, al fine di garantire che il bilancio 2014 sarà pienamente compatibile con il patto di stabilità e crescita e in particolare ad affrontare i rischi individuati nella valutazione”.
La Commissione ha poi concluso che “l’Italia non può usufruire della clausola di investimento nel 2014 dal momento che, in base alle previsioni della Commissione dell’autunno 2013, non avrebbe il minimo aggiustamento strutturale necessario a portare il suo rapporto debito pubblico/Pil su un percorso di riduzione sufficiente”. Una valutazione, ribatte il Tesoro italiano, che discende da una stima di crescita del Pil “che, come è noto, non coincide con quella del governo italiano e comporta implicazioni per le proiezioni di finanza pubblica”. Bruxelles aveva infatti tagliato a inizio mese le sue previsioni ed ora si attende che l’economia italiana passi “dalla recessione a una ripresa debole trainata dall’export”, con un conseguente calo del Pil dell’1,8% quest’anno, una crescita dello 0,7% l’anno venturo e dell’1,5% nel 2015. E visto che i tassi sul debito pubblico italiano continuano a stare a livelli ben più elevati (a ottobre la Banca d’Italia calcolava il Rendistato, ossia il rendimento medio dei titoli di stato italiano, attorno al 3,261% ovvero al 4,159% per i soli titoli tra 8 anni e 7 mesi e 12 ani e 6 mesi, che il mercato considera i più rappresentativi), il rapporto debito/Pil è destinato secondo la Commissione Ue a salire al 133% a fine anno, al 134% nel 2014 e a tornare appena sopra il 133% l’anno successivo anche tenendo conto delle misure fin qui varate (quasi tutte dal versante di un incremento d’imposte anziché sul lato delle spese).
Non ci dovrebbero essere sorprese e chi mi legge lo dovrebbe sapere da tempo, ma per il Tesoro ci sono almeno delle “scusanti”: “la crescita del debito in rapporto al Pil – spiega la nota di Via XX Settembre – è la risultante della recessione che si è protratta fino al 2013 e del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni (quasi 50 miliardi di euro in 12 mesi tra il 2013 e il 2014), operazione concordata con la Commissione europea. Anche il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro in difficoltà ha contribuito alla dinamica del debito”. Mi si permetta una riflessione: visto che le dinamiche sono da tempo note e visto il peso della “ricetta tedesca” in tutto questo, anziché arrampicarsi sugli specchi non sarebbe stato meglio far notare a tutti che la Commissione bacchetta anche altri stati, ad esempio la Germania, che “rispetta i suoi obiettivi a medio termine” ma “non ha fatto alcun progresso nell’implementare la parte strutturale delle raccomandazioni fiscali emanate dal Consiglio nell’ambito del semestre europeo”, oppure la Francia che “rispetta le regole del patto di stabilità e crescita, per quanto al margine”, ma “dovrà prendere misure efficaci anche nel 2014” e ha fatto a sua volta “limitati progressi” nell’ambito delle misure strutturali di natura fiscale suggerite dalla Ue, o anche la Spagna, che dopo “aver prese misure significativa nel 2013 in risposta alle raccomandazioni” giunte dalla Ue rischia “di mancare l’obiettivo di deficit complessivo nel 2014” mentre “i raccomandati miglioramenti strutturali di bilancio non si prevede attualmente verranno conseguiti”?
Per una volta soltanto, potremmo notare tutti quanti le travi che stanno negli occhi di molti “virtuosi” vicini europei (e non soltanto la trave che sta nel nostro occhio) e sommessamente suggerire di trovare il modo di arrivare a un’unione politica che riduca quelle discrepanze macroeconomiche che la visione ragionieristica dell’attuale impostazione europea sta ampliando anziché eliminare? Potremmo e dovremmo, ma dubito che lo faremo: è in fondo la prova di quanto gli italiani contino ormai poco sul piano internazionale e di quanto l’ultimo “ventennio a colori” (copywright by Dagospia) e tutta la sua colossale montagna di illusioni e rinvii di decisioni e riforme strutturali abbiano finito solo col fare un danno al paese tutto (ma evidentemente non ad “alcuni”, o non ci troveremmo in questa situazione). Meglio tardi che mai, torno a suggerire: Italia, datti una scossa, visto che in molti notano come il Belpaese sia ancora in condizioni migliori di paesi come la Spagna, che rischiano di superarci approfittando delle nostre continue indecisioni.