“Per capire gli effetti di questa pandemia, perlomeno per quel che è stata sino a oggi, più che alle pestilenze passate credo si debba guardare alla crisi finanziaria del 2008”. Branko Milanovic è un’economista serbo-americano e fino a qualche anno fa era a capo del dipartimento di ricerca della World Bank, a Washington. La sua recente notorietà, tuttavia, deriva dal lavoro che ha portato avanti sulle disuguaglianze economiche e sociali. Particolarmente noto e citato – spesso a sproposito – è il suo “grafico dell’elefante”, che mostra i gruppi sociali che hanno perso o guadagnato ricchezza nella prima fase della globalizzazione, quella culminata con il crac di Lehman Brothers: mettendo in fila la popolazione mondiale dalle persone più povere alle più ricche si nota che a guadagnare di più dall’apertura dei mercati siano state le classi medie dei Paesi in via di sviluppo (la gobba dell’elefante) e l’élite di chi già era super-ricco (la proboscide), laddove a perdere ricchezza e status sociale siano stati i poveri del mondo (coda dell’elefante) e i ceti medi impoveriti dell’occidente (base della proboscide).
È un lavoro, questo di Milanovic, che ha fornito un’importante chiave di lettura socio-economica dei sommovimenti politici post 2008, ed in particolare all’emergere dei populismi in Europa e Stati Uniti come reazione critica alla globalizzazione, e in particolare alle delocalizzazioni produttive e ai fenomeni migratori di massa. Milanovic ha pubblicato qualche anno fa un libro “Ingiustizia Globale” (Luiss University Press, 2017) che rappresenta la summa del suo pensiero. Un libro nel quale si parla, curiosamente, degli effetti positivi che le pandemie hanno avuto nella storia nel redistribuire la ricchezza in modo più equo: “Quando parliamo degli effetti economici e sociali delle pandemie nella Storia noi ci riferiamo nello specifico alla Peste Nera del Trecento, sulla quale abbiamo numerosi studi – spiega Milanovic a Fanpage.it -. Fu un’epidemia estremamente letale, che uccise quasi un terzo della popolazione dell’epoca. Per questo motivo il lavoro divenne una risorsa scarsa e questo aumento di molto i salari relativi”.
Accadrà anche ora?
No, non è ovviamente la situazione di oggi: fortunatamente, questa pandemia di Coronavirus non ucciderà un terzo della popolazione, pur essendo molto letale per i nostri standard attuali.
Cosa succederà, allora?
È difficile dirlo adesso. Per quanto ci sembri sia già passato tantissimo tempo, questa pandemia sta iniziando ora a dispiegare tutti i suoi effetti economici e sociali. Addirittura, gli effetti politici della pandemia li vedremo tra un paio d’anni, esattamente come accadde con la crisi finanziaria del 2008.
Se dovesse azzardare un pronostico: il Coronavirus cambierà il corso della storia o si limiterà ad accelerare processi storici che sono già in atto?
Se devo decidere ora, direi che è più probabile che stiamo assistendo a un’accelerazione dei processi in atto.
Come mai?
Alla base di tutto, credo che sottostimiamo il livello di inerzia delle persone e la nostra naturale abilità a dimenticare. Molti dei problemi che stiamo affrontando oggi saranno completamente dimenticati nel giro di qualche anno. Probabilmente, quel che già stava accadendo, accadrà con ancora maggior forza e velocità.
E cos’è che stava già accadendo?
Ci sono almeno due grandi cambiamenti ideologici innescati dalla crisi del 2008 che ritroveremo in questa nuova fase. Il primo grande cambiamento riguarda la globalizzazione. Ci sarà un passo indietro della globalizzazione. Ma questo passo indietro era già Iniziato prima della pandemia con la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Con la pandemia, quelle relazioni sono destinate a peggiorare ancora.
Come mai?
Ci saranno effetti nella catena globale del valore. Perché diversi anelli della catena saranno distrutti. Ma anche perché quel che rimarrà non è detto che sopravviva alla pandemia, dopo essere stato reso fragile della guerra commerciale tra Cina e Usa. Il mondo progressivamente finirà per chiudersi e le catene del valore finiranno per riorganizzarsi.
In che senso?
Faccio un esempio: se sei un imprenditore italiano, forse converrà di più tornare a produrre in Italia anche se costa di più, perché non sarai più dipendente dalle decisioni politiche di Trump o del governo cinese. Non voglio sovrastimare questo effetto: ogni imprenditore ragionerà secondo la propria convenienza, ma credo si vedrà che un certo effetto “reshoring”, che riporterà le imprese a produrre nel proprio Paese di provenienza.
Buon per i lavoratori occidentali, quindi?
Non è detto. Perché i mutamenti tecnologici agiranno in senso inverso. Non c’è giudizio morale, è una questione di pura razionalità economica: le aziende hanno scoperto che possono fare riunioni in remoto, anziché organizzare meeting fisici, e continueranno a farlo, anche se il governo smetterà di imporglielo, perché avranno scoperto che è più comodo e meno costoso. Pensa agli insegnanti di yoga: molti di loro hanno iniziato a fare lezioni online e hanno scoperto che è più comodo per i loro studenti e più redditizio per loro. È un’altro esempio di accelerazione dei processi in atto.
Che impatto ha questo processo sulle disuguaglianze?
Tende fisiologicamente a farle crescere. In questa pandemia, ad esempio, abbiamo scoperto che ci sono persone che possono lavorare da casa o dalla spiaggia, e lavoratori essenziali – così li abbiamo chiamati – la cui presenza fisica è necessaria.
I lavoratori a bassa qualifica e dai redditi bassi oggi sono celebrati come eroi – dall’infermiera alla cassiera del supermercato – ma domani? Il mondo della post pandemia sarà quelli che ne aumenterà lo status sociale o che li sostituirà con delle macchine?
Oltre al danno, la beffa, temo. Perché molti di questi cosiddetti lavoratori essenziali vedranno ridursi il loro ruolo sociale ed economico, dopo la pandemia. Non tanto per medici e personale sanitario, che si gioveranno di un aumento della spesa sanitaria che ci sarà ovunque, dopo la pandemia. Parlo di tutti gli altri, dalla cassiera al runner, dal corriere espresso al sanificatore: saranno dimenticati, come i pompieri di New York dopo l’11 settembre. Eroi nelle settimane successive, completamente dimenticati dopo qualche mese. Molti di loro, penso alla cassiere, saranno rimpiazzati dalle macchine senza colpo ferire.
I perdenti della pandemia saranno proprio gli eroi della pandemia stessa, in pratica…
Non solo: nel 2008, ci sono stati due gruppi di persone che hanno subito gli effetti maggiori della crisi. In cima alla piramide, le persone che hanno perso denaro dalle loro proprietà, a causa del crollo dei mercati finanziari. Ai piedi della piramide, invece, ci sono le persone che hanno perso il lavoro e lo stipendio. In questa crisi la base della piramide sarà molto più larga. Molta più gente che nel passato perderà il proprio posto di lavoro. Certo, queste persone saranno molto protette dai loro governi, ma se la crisi dovesse perdurare per loro si farebbe davvero dura.
L’impatto politico di tutto questo quale sarà?
Anche qui i processi partono da lontano. La crisi economica del 2008 ha messo in crisi i cosiddetti partiti tradizionali e ha fatto emergere nuove forze politiche che prima non esistevano, da Afd in Germania a Vox in Spagna, da En Marche in Francia al Movimento Cinque Stelle in Italia. Questo processo continuerà anche dopo la pandemia.
Chi ne beneficerà?
Ad avvantaggiarsi credo che potrebbero essere le forze ambientaliste, che spingeranno per più investimenti in sanità pubblica e in prevenzione di catastrofi naturali come questa, e le forze nazionaliste, che si gioveranno di un fisiologico ritorno alla centralità degli Stati nazionali. Di sicuro ce ne sarà sempre di meno per le tradizionali forze conservatrici e socialdemocratiche.
In Italia cosa accadrà, secondo lei?
Non ho buone notizie, purtroppo. In Europa gli unici due Paesi che hanno avuto un aumento della disuguaglianza dalla crisi finanziaria e a oggi sono Italia e Spagna. In Italia, in questi ultimi anni c’è stata una diffusa perdita di ricchezza. In dieci anni, 7 persone su 10 hanno meno di quel che avevano prima: ma a differenza di quanto è accaduto altrove, più sei povero più le perdite sono maggiori, laddove tra i ricchi c’è stato un guadagno. Io non so cosa questo possa significare, nella crisi in arrivo. Di certo, per il vostro Paese, non è il migliore dei punti di partenza.