video suggerito
video suggerito
Opinioni

Borse nel panico, arriva il downgrade di Berlino?

Borse in deciso calo in Europa: colpa di un’indiscrezione che vuole prossimo il downgrade del rating sovrano tedesco. Col che la crisi del debito europeo avrebbe completato il suo percorso da Atene a Berlino.
A cura di Luca Spoldi
26 CONDIVISIONI

Incontro primo ministro Estonia Andrus Ansip e Angela Merkel

Casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra, diceva una canzoncina che tutti abbiamo imparato all’asilo. Ma dopo essere caduti a terra ci si rialzava e si ricominciava a giocare. E’ questa la speranza di fondo che non deve mai mancare in un investitore, specie in una giornata come oggi che sembrava essere iniziata come tante altre, con qualche segnale di rimbalzo proveniente dai listini asiatici dopo il recupero di ieri sera di Wall Street, poi dominata dalla prudenza a causa di qualche trimestrale inferiore alle attese (Intel che pure batte le previsioni ma con margini di profitto leggermente sotto le aspettative, Yahoo e Bank of America che invece fanno peggio di quanto sperato), infine percorsa da un improvviso brivido che ha rovinato la giornata a tutte le piazze europee, che hanno chiuso con cali tra uno e due punti percentuali a testa.

Un bilancio pesante, tanto che con un calo di poco inferiore al punto percentuale il listino di Milano ha rischiato di farci pure una bella figura, tanto più che l’uscita della liquidità dai mercati azionari ha ulteriormente favorito i Btp italiani (già ben comprati da giorni come ha testimoniato anche il successo del nuovo Btp Italia, complici acquisti provenienti dal Giappone dopo la decisione della banca centrale giapponese, la BoJ, di raddoppiare la creazione di base monetaria nei prossimi due anni per reflazionare l’economia nipponica dopo oltre due decenni di deflazione che hanno congelato ogni parvenza di crescita), tanto che a fine giornata il decennale guida ha visto il rendimento scendere al 4,25% con uno spread su Bund di nuovo attorno al 3% (per la precisione al 3,03%). Una prova di forza, o di minor debolezza, che potrebbe proseguire per qualche giorno visto che le vendite sono state scatenate da un’indiscrezione che ha preso a circolare in queste ore: la possibilità che il rating sul debito di Berlino, tuttora pari ad “AAA” (ossia il massimo grado di affidabilità) venga ridotto.

Col che la crisi del debito e ancor più l’imperizia delle autorità politiche del vecchio continente nel propinare e gestire “ricette” sbagliate nelle misure e nei tempi, come detto più volte, avrebbe centrato il suo ultimo obiettivo, eliminando ogni residuo “distinguo” tra i “virtuosi” paesi del Nord e gli “spendaccioni” irresponsabili paesi della sponda Sud come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo (l’Irlanda, pur avendo avuto bisogno di un aiuto comunitario, sembra destinata a fare storia a sé). Ma se dopo il “tutti giù per terra” arriverà il momento in cui a terra tutti finiremo, come fare poi a rialzarci? All’Italia non manca l’inventiva, non manca lo spirito imprenditoriale (nonostante un fisco massacrante, una burocrazia opprimente e una classe dirigente indegna di questo nome), non credo neppure manchi (non del tutto almeno) quel senso di appartenenza ad una comunità che può fare la differenza rispetto a realtà più portate all’individualismo esasperato ma per questo più fragili quando le dimensioni non aiutano.

Quello che continua a mancare è un mercato finanziario sufficientemente sviluppato che consenta alle imprese migliori, più innovative, più redditizie, di recidere o almeno allentare il cordone ombelicale con un sistema creditizio per larghi tratti ancora arcaico e oligopolistico, poco o nulla avvezzo ad una concorrenza che farebbe bene ai suoi utenti ma meno ai suoi bilanci, specie in una fase come l’attuale in cui i bilanci stessi si scoprono pieni di “magagne” legate alla passata politica di erogazione del credito su base clientelare-amicale. Una politica che l’introduzione dei rigorosi e “virtuosi” criteri di Basilea doveva drasticamente modificare ma così non è stato a causa della fortissima resistenza al cambiamento da parte dei vertici di tante banche (e di tante imprese che hanno in questi anni investito più sulle relazioni che su un modello di business realmente vincente o in ricerca e sviluppo).

Per rialzarci dovremo dunque saper fare leva sulle nostre migliori qualità, sull’inventiva, sulla voglia di intraprendere, sui nostri giovani, troppo spesso sfruttati e sviliti in mansioni e “impieghi” del tutto incongruenti con le loro capacità e interessi. Perché il lavoro oltre che fonte di sostentamento, ricordiamocelo tutti, deve essere una forma di arricchimento della persona, un qualcosa da fare con piacere e per questo con dedizione e impegno. Diversamente il consiglio non può che essere di lasciare questo paese, accettando di fatto l’esito ultimo della “cura” pervicacemente somministrata dall’Europa sotto la spinta dell’egemone tedesco che tenta di risolvere tutto con una doppia stretta al debito pubblico e privato ed attraverso una deflazione feroce che vuol dire salari sempre più bassi a parità di sforzo lavorativo per aumentare drasticamente la produttività, perché in tempi di vacche magre i maggiori utili si fanno non con una crescita (impossibile) dei ricavi ma col taglio dei costi ritenuti “superflui”. Una ricetta miope che rischia di lasciare non l’Italia o la Spagna ma l’intera Europa prostrata per un altro paio di decenni.

26 CONDIVISIONI
Immagine
Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views