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Opinioni

Borsa tiepida sulle nomine in Eni, Enel e Finmeccanica

Eni ed Enel non brillano, Finmeccanica perde quota. Il verdetto di Piazza Affari al primo “giro” di nomine dell’era Renzi è all’insegna dello scetticismo. Gli investitori vogliono capire se e come i nuovi vertici cambieranno la strategia dei tre gruppi…
A cura di Luca Spoldi
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Nel giorno in cui i riflettori di Piazza Affari sono puntati, ancora una volta, sulla crisi ucraina (che tiene in scacco tutti i listini azionari europei, insensibili ai risultati positivi di Wall Street e Tokyo nella notte) e sulle incertezze in merito alla faticosa trasformazione in atto del settore bancario italiano (con Bpm e Mps che cedono dopo l’ennesimo stop ad ogni sia pur minimo variazione della governance da parte dei soci-dipendenti della prima e dell’ammissione da parte della seconda che l’aumento di capitale potrebbe lievitare rispetto ai 3 miliardi finora previsti, ipotesi che da un lato garantirebbe l’integrale rimborso dei “Monti bond” a fine anno e un maggiore rafforzamento patrimoniale, dall’altro significherebbe dover chiedere al mercato quasi il doppio rispetto alla capitalizzazione di borsa attuale), gli investitori restano alla finestra per quanto riguarda i titoli coinvolti nel “giro” di nomine annunciate ieri dal Tesoro, quasi a voler capire se dietro il fumo mediatico ci sia o meno un arrosto.

Nel caso di Eni all’ampiamente annunciata “promozione sul campo di Claudio Descalzi (dal 2008 Chief operating officer, ossia direttore operativo, della divisione Esplorazione e Produzione da cui dipende il 90% del giro d’affari del cane a sei zampe) si è affiancata a sorpresa la designazione a presidente di Emma Marcegaglia, figlia secondogenita del “re dell'acciaio” Steno, già destinata in passato a ruoli eminentemente di rappresentanza, pur ricoprendo la carica di amministratore delegato dell’azienda di famiglia assieme al fratello maggiore Antonio. Unico neo, la nomina di Emma, che tra l’altro è stata prima presidente dei giovani industriali, poi vicepresidente di Confindustria durante la presidenza Montezemolo, per succedergli poi alla presidenza di Viale dell’Astronomia, non è del tutto a prova di rischio di “conflitto d’interessi” visto che il fratello Antonio nel 2008 ha patteggiato una pena (sospesa) di 11 mesi di reclusione per corruzione pagando oltre 6 milioni di euro per una vicenda giudiziaria (Enipower ed Enelpower) relativa a presunte tangenti che sarebbero state versate dal gruppo Marcegaglia per aggiudicarsi alcuni appalti.

La sostanziale assenza di sorprese che possano avere una conseguenzaoperativa” immediata per il cane a sei zampe (lo stesso Descalzi era finora considerato uno “scaroniano” e la sua nomina garantisce dunque una transizione non traumatica) fa comunque sì che il titolo Eni oggi oscilli poco sotto i valori della vigilia sul listino italiano. Più movimentata la giornata di Saipem, ieri protagonista di un deciso rialzo, che ritraccia sino a riportarsi attorno alla soglia dei 18 euro a titolo in attesa di “verificare le intenzioni del nuovo amministratore delegato (della capogruppo Eni) sul tema Saipem”, come scrivono gli analisti di Equita Sim. Chi invece perde quota è Enel, ai cui vertici arriverà, anche in questo caso senza particolari sorprese, Francesco Starace, finora a capo della controllata Enel Green Power (a sua volta in rosso), che prenderà il posto dell’attuale amministratore delegato Fulvio Conti.

In questo caso se Starace potrà proseguire nel solco già tracciato di una crescita degli investimenti dell’ex monopolista elettrico italiano nel settore delle energie rinnovabili, in particolare all’estero, dove come già ho avuto modo di ricordare il gruppo conta, proprio grazie a Enel Green Power, di investire oltre 5 miliardi di euro nei prossimi anni, per la presidenza è stata nominata Patrizia Grieco, avvocato d’azienda prima e manager poi, una carriera iniziata nel 1977 in Italtel e poi proseguita in Siemens (che nel 1994 aveva acquisito l’azienda italiana) fino a diventarne, nel 2003, amministratore delegato. Da allora un po’ di consulenza (per la Value Partners di Giorgio Rossi Cairo) e poi di nuovo in azienda, come amministratore delegato prima e presidente poi di Olivetti, azienda storica del settore Itc italiano che all’epoca (la fine del primo decennio del nuovo secolo) era scesa dopo una robusta cura dimagrante a un migliaio di dipendenti e un giro d’affari tra i 200 e i 300 milioni di euro l’anno.  Ora dovrà presiedere un gruppo da quasi 85 miliardi l’anno di fatturato ed oltre 73 mila dipendenti.

Terza e non meno importante azienda quotata ad aver visto ieri il Tesoro annunciare i candidati per il rinnovo dei vertici è Finmeccanica, che ha visto la designazione, questa sì non del tutto scontata, di Mauro Moretti, finora amministratore delegato di Ferrovie Italiane, a nuovo amministratore delegato del gruppo e la conferma alla presidenza dell’ex capo della Polizia (dal 2000 al 2007), Gianni De Gennaro. In questo caso al di là della dietrologia politica (De Gennaro è da tempo indicato come vicino al presidente Giorgio Napolitano, ma in buoni rapporti anche con Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi, Moretti ha fatto guerra, da numero uno di Ferrovie Italiane a Italo di Montezemolo e Della Valle, indicati come vicini a Renzi) sembra aver prevalso l’esigenza di garantire i rapporti con gli Stati Uniti e quell’immagine di affidabilità che proprio De Gennaro ha contribuito a far riacquistare al gruppo Finmeccanica dopo gli scandali che posero bruscamente fine all’era Guarguaglini.

Semmai al mercato sembra essere venuto il dubbio che Moretti, visto il suo passato, possa cambiare idea rispetto alla più volte prospettata cessione delle attività civili del settore trasporti del gruppo, vale a dire Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, società che tra l’altro vedono proprio Ferrovie Italiane tra i principali clienti. Le due aziende valgono insieme circa il 10% del fatturato di Finmeccanica, ma sono molto diverse: mentre Ansaldo Breda, coi suoi 2.300 dipendenti, continua ad accumulare perdite da anni e non sembra avere a breve alcuna prospettiva di rilancio (lo scorso anno la perdita operativa è salita a 227 milioni dai 160 milioni di rosso dell’esercizio precedente), con ordini dimezzarti a 384 milioni (dai 782 milioni di fine 2012),  nonostante ricavi in crescita del 14,3% a 521 milioni, Ansaldo Sts ha chiuso il 2013 con numeri sostanzialmente allineati a quelli dell’esercizio precedente (utile operativo di 118 milioni, utile netto di 75 milioni, ricavi pari a 1.256 milioni, nuovi ordini nell’anno per 1.484 milioni ed un portafoglio ordini complessivo di poco più di 5 miliardi).

Per quanto sana Ansaldo Sts è ritenuta troppo piccola rispetto ai colossi del settore ed è stata messa sul mercato “in blocco” (si è parlato di un interesse dalla Cina) con Ansaldo Breda per favorire la dismissione di quest’ultima. La possibilità che le due aziende restino italiane se può far piacere a chi teme che l'Italia sia finita in svendita a causa della crisi economica di questi anni, lascia perplesso il mercato che finora stava ragionando su quanto avrebbe potuto incassare Finmeccanica e come il controvalore avrebbe potuto essere impiegato per diminuire il debito o rafforzare gli investimenti in settori ritenuti maggiormente strategici. Calcoli che potrebbero ora essere tutti da rifare.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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