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Opinioni

Bolloré all’attacco di Mediaset, che in borsa vola a +32%

Vivendi, società controllata dal finanziere francese Vincent Bolloré,sale al 12,32% di Mediaset con l’intenzione di arrivare attorno al 20% del capitale. E’ solo una tattica per far scendere il prezzo per Mediaset Premium o c’è una partnership strategica in vista, che coinvolga anche Telecom Italia?
A cura di Luca Spoldi
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Che giornata: neppure a voler scrivere una sceneggiatura stile “Il lupo di Wall Streeet” si sarebbe potuto immaginare ieri sera che oggi Mediaset avrebbe sfiorato il +32% in chiusura a 3,584 euro per azione, eppure è esattamente quello che è successo al termine di una giornata di borsa resa già scoppiettante dalle novità del nuovo piano industriale al 2019 di Unicredit (13 miliardi di aumento di capitale in arrivo, 17,7 miliardi di Npl ceduti a Fortress e Pimco, 6.500 esuberi con 944 filiali da chiudere tra Italia, Germania e Austria entro fine piano), salita a sua volta di quasi 16 punti percentuali.

A far volare il titolo del “biscione” è stato l’annuncio, dato ieri sera a mercati chiusi, dell’acquisto di un primo 3,01% di capitale da parte del gruppo francese Vivendi, controllato dal finanziere bretone Vincent Bolloré che in Italia siede anche nel consiglio di amministrazione di Mediobanca oltre a controllare Telecom Italia. Annuncio a cui Mediaset ha replicato: il nostro primo interesse è “tutelare gli interessi di tutti gli azionisti della società, proseguire nel contenzioso in atto aggiornato alla luce degli ultimi sviluppi e valutare il reale obiettivo delle generiche mosse francesi”. A fine giornata quel 3% era già salito al 12,32% ma la storia non sembra destinata a finire qui.

Per chi non conoscesse l’antefatto, lo scorso aprile dopo vari mesi di indiscrezioni Vivendi e Mediaset avevano annunciato un accordo per arrivare a scambiarsi il 3,5% del capitale, in cambio del passaggio di Mediaset Premium al gruppo francese (che controlla anche Canal+). Visto il valore di Vivendi l’operazione valeva circa 880 milioni di euro e valutava Mediaset Premium attorno ai 756 milioni.

Ma a maggio scattava un primo campanello d’allarme con l’emersione di un rosso di oltre 56 milioni di euro nei primi tre mesi dell’anno per Premium, affossata secondo molti analisti dal prezzo esorbitante (605 milioni di euro) pagato nel febbraio 2014 per strappare a Sky i diritti in esclusiva in Italia per la trasmissione della Champions league 2015-2018 e dalle successive campagne promozionali per riuscire a far crescere la base di abbonati (ormai oltre i 2 milioni ma con una redditività netta ancora esigua).

Vivendi mangiava la foglia, o coglieva la palla al balzo a seconda dei punti di vista, e a luglio provava a cambiare le carte in tavola, proponendo di rilevare solo il 20% di Mediaset Premium per cercare poi di proseguire le trattative e arrivare a costruire una “grande alleanza strategica” con Mediaset. L’obiettivo di Bolloré era dunque cambiato e dal sogno di creare un polo di produzione di contenuti per la televisione a pagamento per il Sud Europa alternativo a Netflilx sembrava destinato a diventare un nuovo gruppo integrato che avrebbe potuto portare al più volte ventilato ma mai realizzato matrimonio tra Mediaset e Telecom Italia.

L’operazione per la verità non ha mai convinto i mercati né gli analisti perché non sembra avere solidi razionali economici (Vivendi stessa ha venduto da poco tre canali televisivi non essendo riuscita a realizzare le previste sinergie tra contenuti e distribuzione) e non si vede come possa ora avere migliori chances partendo da una partecipazione di minoranza (tra il 10% e il 20% è l’obiettivo ufficialemente dichiarato) rilevata attraverso un’operazione di mercato ostile alla famiglia Berlusconi, che col 41% resta saldamente al comando e può salire di un 5% all’anno sino a raggiungere il 50%, se necessario, prima di dover lanciare un’Opa (Opa che per Vivendi scatterebbe al superamento della soglia del 30%).

Eppure l’appeal speculativo è evidente: del resto Bolloré non si è mai fatto scoraggiare dagli ostacoli, come prova la salita di Vivendi in Gameloft e Ubisoft avvenuta nonostante l’ostilità dei fratelli Guillemot, fondatori di entrambe le società, riuscendo a salire al 56% nella prima (dopo che i Guillemot hanno ceduto a Bolloré il loro 21,7% e al 25,15% (cui corrisponde il 22,92% dei diritti di voto) della seconda, dove invece i Guillemot a settembre hanno arrotondato la loro quota dal 9% al 12,5% facendo sapere di non sentire la necessità di un partner ingombrante come il finanziere bretone.

Silvio Berlusconi ha 80 anni compiuti e potrebbe anche essere tentato dal passare la mano, cedendo il 41% di Fininvest a Vivendi, magari in cambio di una quota di Vivendi stessa. Ma Bolloré non pare interessato a rilevare la quota di maggioranza, pur avendo i soldi per farlo (Vivendi sfiora i 24 miliardi di euro di capitalizzazione ed ha chiuso il terzo trimestre con 2,5 miliardi di euro di cassa netta, Mediaset in borsa vale stasera 3,2 miliardi) così come ha evitato di comprare la maggioranza di Telecom Italia.

Secondo gli operatori di Piazza Affari il francese vuole solo ottenere il controllo al prezzo più basso possibile, o forse ottenere uno sconto sul prezzo da pagare per Mediaset Premium, contando sul fatto che il nuovo governo italiano non dovrebbe fare della difesa della “italianità” di Mediaset un punto d’onore, tanto più dopo l’esito del referendum e le sue conseguenze politiche. Sarà solo un blitz ben congegnato o Bolloré riesce a vedere sinergie industriali (o politiche) che gli analisti non sanno ancora riconoscere?

La sensazione è che lo si scoprirà in poco tempo, anche perché il 21 marzo entrerà nel vivo la causa civile intentata da Mediaset contro il gruppo francese con la richiesta di un risarcimento danni pari a 50 milioni di euro per ogni mese di ritardo dall’adempimento del contratto a partire dal 25 luglio ed una cifra non inferiore a 570 milioni di euro per i danni già subiti, mentre in estate potrebbero tenersi elezioni anticipate in grado di cambiare ancora il quadro politico italiano. A quel punto il rischio potrebbe non valere più la candela, se non si trovasse prima un armistizio che al momento sembra del tutto saltato per motivi che solo Bolloré può conoscere.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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