Bollette, benzina, pane e pasta: perché i prezzi salgono e per quanto tempo continueranno a farlo
Il caro bollette e l'aumento dei prezzi di benzina e beni di prima necessità non accenna a placarsi. Solo per gas e luce i rincari raggiungono ora per alcune imprese il 300%, mentre le famiglie spenderanno centinaia o forse migliaia di euro in più quest'anno. Per il greggio, poi, il costo medio aggiuntivo si avvicinerebbe ai 400 euro in dodici mesi, a cui si aggiungono i 300 in più per pasta, pane, latte e carne. Il governo Draghi sta per intervenire con un nuovo decreto da 5-7 miliardi, dedicati soprattutto a sterilizzare gli aumenti di gas e luce per le famiglie più povere. A questo si aggiunge un probabile raddoppio della produzione nazionale di gas e uno sconto per la sua vendita alle imprese in difficoltà e alle cosiddette energivore, cioè quelle hanno necessità di consumare di più.
Intanto tra i cittadini monta la paura, con i motivi dietro a questi aumenti che spesso non sono affatto chiari. Per spiegare la situazione e cercare di capire come evolverà abbiamo chiesto aiuto a Francesco Lippi, docente di Macroeconomia della Luiss conosciuto in tutto il mondo per i suoi studi sugli shock monetari e gli effetti su famiglie e imprese.
Professore, perché dalla scorsa estate continuano ad aumentare le bollette energetiche, la benzina e il prezzo dei beni di prima necessità (pane, pasta, latte, carne ecc…)?
Ci sono diversi fattori dietro al boom energetico e del prezzo dei beni di consumo. Non è facile definirli tutti, quindi mi allineo a quanto dice Marzio Galeotti dell'Università di Milano. Innanzitutto c'è l’impennata dei prezzi del gas, con la quotazione sui mercati internazionali che è quasi quadruplicata nel corso del 2021. Questo per i consumi che sono tornati a salire dopo i primi lockdown, con gli impianti di produzione in ritardo, ma anche per il minor flusso dalla Russia, che è sceso da 65 miliardi di metri cubi nel 2020 a 40 miliardi di metri cubi lo scorso anno. Poi c'è il costo crescente di tutte le materie prime, visto che dopo le chiusure Covid la domanda è tornata a crescere rapidamente in tutto il mondo, con le industrie che non erano pronte. Quindi, terzo motivo, l'aumento del prezzo del petrolio, con l'Opec che gioca sull'aumento della produzione o meno per aumentare i guadagni. Il quarto fattore è la crescita dei prezzi della CO2, data la spinta sulla transizione ecologica in Europa e le mosse della Cina. Infine si può mettere anche il boom del prezzo del grano di quest'estate, con i cambiamenti climatici che hanno creato qualche problema ai raccolti in Canada, tra i principali esportatori al mondo.
Quanto pesa la transizione ecologica?
Non è l'unico elemento. Tuttavia se il mondo si avvia seriamente ad abbandonare le energie che inquinano, a un certo punto dobbiamo essere contenti che costano tanto. C'è poco da fare: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Fin quando non arriva la fusione nucleare o qualche altra tecnologia è normale che andremo a pagare di più ad esempio la benzina. Finora è già successo: pensiamo all'obbligo di marmitte catalitiche delle auto e ai maggiori costi con la loro introduzione.
Quanto dureranno ancora? C'è da preoccuparsi?
I prezzi dell'energia hanno sempre grandissime oscillazioni. Nel 2008 il Brent, principale indicatore mondiale del petrolio, arrivò a 140 dollari al barile, molto più caro di quanto è oggi. Attenzione quindi: ad esempio il greggio è una cosa che va sempre su e giù, è un prezzo volatile. Così anche quella che si definisce in maniera semplicistica "inflazione" si muove spesso. Questi aumenti dell'energia e dei beni primari non sono quindi da strapparsi i capelli, perché sono quasi sicuramente temporanei, come è sempre avvenuto. A un certo punto i prezzi si stabilizzeranno. Però, certo, la preoccupazione gas e luce è forte, soprattutto dopo la crisi del Covid. Le variabili più preoccupanti sono quelle politiche: a partire da cosa deciderà di fare la Russia sui rifornimenti e quanto rapidamente l'Europa riuscirà a farsi più indipendente sull'energia. I rischi per molte nostre imprese, comunque, sono evidenti.
Sono corretti i paragoni tra la situazione di oggi e l'inflazione degli anni '70?
No, perché quella di oggi forse non è proprio inflazione. Ne discutiamo in ambito accademico, perché questo che si vede è l'aumento del prezzo relativo: il petrolio diventa molto più caro rispetto al resto. Se noi andiamo in Argentina, dove l'inflazione c'è davvero, aumenta il prezzo di tutto di circa il 10% ogni mese. L'energia è un input per il boom dei prezzi dei beni primari, ma in Europa ad esempio non stiamo vedendo alcuna spirale inflativa. Significa che non c'è un aumento esponenziale catastrofico, con la crescita incontrollata di tutti i costi. Il problema è anche che l'inflazione in Europa è stata sotto il 2% per quasi vent'anni: le famiglie si sono dimenticate com'era la situazione prima.
È plausibile per il 2022 la stima di una spesa media di mille euro in più a famiglia solo per gas e luce? E quella di un salasso da 29 miliardi per le imprese?
Si tratta di stime preliminari, che vanno confermate e non tengono in considerazione una possibile serie di interventi. In linea di massima però penso siano corrette. E meno male che abbiamo il Tap, che in tanti non volevano, con la fornitura del Gas dal Nord Africa. Non c'è dubbio comunque che siamo e saremo tutti un po' più poveri.
La Bce ora potrebbe alzare i tassi di interesse, facendo salire il prezzo dei mutui?
Negli Stati Uniti si è già deciso di contrastare l'aumento dei prezzi con i tassi di interesse che saliranno gradualmente nel corso dell'anno. Penso che l'Europa seguirà e in quel caso, sì, i mutui avranno un rincaro. Un po' si rischia di ottenere effetti negativi sulla crescita, per questo la Bce sta aspettando tanto, ma è una situazione si naviga tra Scilla e Cariddi. Per evitare un male si rischia di farne un altro. La stessa previsione della Banca che la cosiddetta inflazione si sgonfierà nella seconda parte dell'anno non è indipendente da quello che loro faranno. Scenderà anche perché loro si muoveranno, perché l'inflazione si basa sulle aspettative di ciò che accadrà in futuro.
Le misure del governo Draghi bastano? E fino a quando l'esecutivo potrà continuare a intervenire con soldi pubblici?
Questi interventi hanno senso come un'assicurazione sociale spot per i più deboli, ma non risolvono la situazione. Bisogna avere chiaro che qualcuno queste misure le paga e trovare i fondi è sempre più difficile. Maggiore debito e minori investimenti pubblici sono scenari che forse non possiamo permetterci, anche perché la Bce ridurrà gli acquisti dei titoli di Stato. Nel frattempo bene l'aumento temporaneo della produzione di gas, ricorrendo alle scorte per produrre energia in casa (ad un costo di 5 centesimi per metro cubo contro i 50 importati), ma bisogna anche puntare subito in maniera più decisa sulle fonti verdi. Se proprio si deve far debito si investa in quello, in ricerca e in nuove tecnologie.
Cos'altro si può fare?
Sicuramente la miglior risposta a questa piccola crisi è la crescita. Se il Pil sale, salgono anche i salari, riequilibrando bollette e beni primari. Noi italiani dobbiamo lavorare sul nostro problema principale: la bassa produttività. Se cresce quella lo fa anche la ricchezza dei cittadini.