Boeri a Fanpage: “Pnrr è stata ubriacatura collettiva, presi troppi soldi senza sapere cosa farci”

La Corte dei Conti ha certificato grossi ritardi nella spesa pubblica, per i progetti del Pnrr. Tito Boeri e Roberto Perotti hanno scritto il libro “Pnrr, la grande abbuffata”, che analizza nel dettaglio la nascita e l’andamento del piano di ripresa italiano. Intervistato da Fanpage.it, Boeri spiega: sono stati commessi errori di fondo almomento della sua ideazione.
A cura di Marco Billeci
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" I dati della Corte dei Conti sono allarmanti. Anche noi abbiamo raccolto dei numeri – pur se ci sono grossi problemi di monitoraggio del Pnrr -, da cui in ogni caso emerge un grande ritardo nella spesa per i progetti del piano". Così in un'intervista a Fanpage.it, l'economista Tito Boeri commenta i risultati della relazione semestrale dei giudici contabili, sullo stato di attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza. Facendo un esame a campione sui progetti, la Corte ha rilevato un livello di spesa dei fondi europei ancora molto basso, rispetto agli obiettivi. Un'analisi peraltro contestata dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto, che l'ha definita "parziale e poco rappresentativa" del reale stato di completamento del piano.

Comunque la si veda, il destino finale di quello che doveva essere il grande progetto di rilancio dell'economia europea e italiana dopo la pandemia rimane un incognita. Per il professor Boeri, molte delle difficoltà nella realizzazione dei progetti del Pnrr sono da attribuirsi a una serie di difetti congeniti, nella concezione del Recovery Plan europeo e soprattutto nella sua traduzione nel Pnrr italiano, concepito dal governo Conte bis, perfezionato da Draghi e portato avanti da Meloni. È  questa la tesi di fondo del libro "Pnrr. La Grande Abbuffata" edito da Feltrinelli, che Boeri ha scritto assieme al collega dell'Università Bocconi Roberto Perotti.

L'ubriacatura del Pnrr

Secondo Boeri, dopo il varo del Next Generation Eu, in Italia, "c'è stata una sorta di ubriacatura collettiva. Abbiamo chiesto più fondi possibili – compresa la massima quota dei prestiti-  perché sembrava che, su quella base, si misurasse il successo della nostra operazione". Il problema, sostiene Boeri, è che "solo dopo aver preso tutti quei soldi (circa 237 miliardi in totale), ci siamo chiesti cosa farne e a quel punto lo abbiamo dovuto decidere in tempi strettissimi". Questo nonostante si trattasse di realizzare per la maggior parte investimenti pubblici, con procedure molto più complesse, rispetto ai semplici trasferimenti di denaro verso il privato. "Con queste premesse – prosegue l'economista – sono nati una serie di problemi. Tutti diffondeveno l'idea che i fondi europei arrivassero gratis, come un regalo, ma non era così".

Mentre, nei giorni della manovra,  il dibattito si concentra sulla scarsità di risorse, sembra paradossale sostenere che per il Pnrr ci siano troppi soldi. "Nelle Scienze economiche esiste un fenomeno che si chiama ‘la maledizione delle risorse naturali' – ribatte Boeri -. Tratta di  Stati dove ad ad esempio scoprono grandi pozzi di petrolio, che potrebbero renderli molto ricchi. Ma queste scoperte scatenano conflitti, che paralizzano l'economia. così questi Paesi si ritrovano più poveri di prima".  Secondo l'ex presidente dell'Inps, con il Recovery Plan rischia di accadere qualcosa di simile: "l'illusione di non avere più vincoli di bilancio ci ha portato a varare misure completamente sbagliate, come il Superbonus, che premia soprattutto i ricchi, per cui si sono spesi 125 miliardi di fondi pubblici".

La scuola, esempio degli errori del piano

Boeri ritiene anche che siano state scelte priorità  errate nell'allocazione delle risorse del Piano di Ripresa, sia a livello europeo, che nella declinazione italiana. "Avremmo dovuto porre al centro il contrasto del declino demografico, l'integrazione degli stranieri, la lotta all'emarginazione sociale. La quota di fondi per questi obiettivi invece è molto bassa". Di contro, nel libro dei due economisti si contesta l'ossessione per il digitale che permea tutto il Pnrr, seguendo peraltro i vincoli posti dall'Europa. Da questo punto di vista, gli autori considerano la scuola un caso emblematico. "Abbiamo visitato scuole che hanno ricevuto moltissimi soldi – racconta Boeri – e li hanno dovuti utilizzare per comprare iPad a bambini dai quattro ai sette anni, non credo ce ne fosse molto bisogno". Prosegue l'economista, "noi dobbiamo cercare di aumentare gli spazi di socializzazione, i doposcuola, gli insegnati di sostegno. Queste cose invece sono state messe in secondo piano, rispetto all'idea della digitalizzazione, come panacea di tutti i mali".

C'è poi la questione dei traguardi e delle performance del Pnrr, molti dei quali considerati irrealistici. Nel libro, viene riportata la metafora utilizzata da un esponente del governo Draghi, per cui con il Pnrr si vuole spronare un atleta che ha sempre fatto i 100 metri in 15 secondi, a correrli in soli 10 secondi. Per gli autori, questo non è solo impossibile, ma anche controproducente. "È  giusto porsi degli obiettivi sfidanti, ma se sono del tutto irraggiungibili, si ottiene il risultato opposto, perché si demotivano le persone coinvolte", dice Boeri. E a questo proposito, fa l'esempio del target della riduzione dell'arretrato, nel settore giustizia, fino al 90 percento. O di quello dell'inserimento nel mercato del lavoro, di tre milioni di persone. "Obiettivi di questo tipo tra l'altro distorcono l'attività, perché pur di avvicinarli si fanno cose che chiaramente non servono", chiosa Boeri. Anche i calcoli sugli impatti economici di investimenti e riforme, sono considerati immensamente sovrastimati.

Nel volume – che passa in rassegna tutti i principali  settori e iniziative coinvolti nel Pnrr, dal turismo allo sport – si solleva più volte la domanda, sul destino delle opere realizzate, dopo il 2026, data di scadenza del piano. Una questione irrisolta, che sta condizionando iniziative come il piano per l'infanzia. Molte parti d'Italia soffrono di una cronica carenza di posti negli asili nido, per bambini da tre mesi a tre anni. Eppure i Comuni si stanno concentrando sul potenziamento delle scuole d'infanzia, che coprono la fascia dai tre ai cinque anni. "Se avessero scelto di fare asili nido – spiega Boeri -, avrebbero avuto le risorse per costruirli, ma non quelle per mantenerli, pagare il personale, etc…". Questo problema riguarda molti dei progetti del piano europeo, ci sono soldi una tantum, ma non sono previsti fondi per la gestione e manutenzione nel tempo delle strutture.

La revisione del Pnrr di Meloni

Pochi mesi fa, il governo ha proposto una revisione complessiva del Pnrr, ora al vaglio della Commissione europea. Servirà a risolvere le storture del piano? "Il procedimento è in parte giusto, perché tiene conto dell'aumento dei prezzi delle materie prime e corregge alcuni obiettivi irrealistici", risponde Boeri, che però rileva due grandi problemi di fondo. Il primo, dice, "è la riduzione ulteriore di risorse per la riqualificazione urbana o il degrado delle periferie". Il secondo problema è il ridimensionamento dell'obiettivo di riduzione del tax gap, la differenza tra la cifra potenziale di raccolta tramite le tasse, rispetto a quella effettiva. "Questa scelta è un pessimo segnale sul piano della lotta all'evasione fiscale", sottolinea l'ex presidente Inps.

Boeri tuttavia crede che sia ancora possibile ‘salvare' il Pnrr. Innanzitutto ritiene realistico chiedere un allungamento dei tempi di attuazione, oltre il 2026, anche se la Commissione Ue ha più volte negato questa ipotesi. "Le condizioni in cui è stato messo in piedi il Next Generation Eu sono molto diverse da quelle attuali e molti Paesi oggi sono in ritardo con le spese", fa notare l'economista. Per il quale, inoltre, occorre rivedere ulteriormente i contenuti del piano, "togliendo i progetti a basso valore sociale e valorizzando quelli che affrontano davvero le priorità dell'Italia". Continua Boeri: "A quel punto potremmo anche ridimensionare il Pnrr, riducendo la quota dei prestiti, per contenere il debito pubblico".

Dopo anni di inutili appelli, è servita una pandemia, per ottenere uno strumento di debito comune europeo. Rimane però un forte scetticismo, da parte degli Stati rigoristi, Germania in testa. Per questo sul Recovery Plan, l'Italia è un osservato speciale. In molti ritengono che se il nostro Paese non rispettasse i tempi o non spendesse tutti i soldi a disposizione,  questo metterebbe la parola fine, su ogni possibilità di realizzare progetti simili in futuro. Boeri non è d'accordo: "Non capisco questa obiezione. Se l'Italia dimostra di prendere a prestito con parsimonia e solo quello di cui ha bisogno, per realizzare progetti che hanno un effettivo impatto sulla crescita, si va proprio nella direzione che ci chiedono i cosiddetti Paesi frugali". E ribalta il ragionamento: "al contrario, oggi la consapevolezza che abbiamo preso tutti questi soldi e non li stiamo spendendo bene è un elemento che nelle discussioni sul nuovo Patto di Stabilità e Crescita spinge gli Stati rigoristi a imporci condizioni molto restrittive".

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