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Blocco dei licenziamenti, come funziona nei Paesi europei e perché l’Italia è un caso isolato

Il 31 marzo scadrà il blocco dei licenziamenti e il nuovo governo deve decidere al più presto se rinnovarlo e con che modalità. Ma cosa è stato fatto negli altri Paesi europei e come funziona in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna il mercato del lavoro e lo stop dei licenziamenti durante l’emergenza Coronavirus?
A cura di Stefano Rizzuti
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Il blocco dei licenziamenti scade tra circa 45 giorni. La data limite è quella del 31 marzo. Una decisione, quindi, il nuovo governo dovrà prenderla al più presto. Al momento le aziende non possono licenziare per motivi economici, né individuali né collettivi. Lo stop dei licenziamenti, come ricorda Il Sole 24 Ore, va avanti da quasi un anno: dal 17 marzo 2020. Ed è stato prorogato per tre volte, l’ultima fino al 31 marzo. La decisione spetta al nuovo governo e al neo-ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Il tema, però, non è isolato: va di pari passo con la cassa integrazione Covid. Quella ordinaria scade il 31 marzo, per quella in deroga Covid, invece, il limite è il 30 giugno.

Il blocco dei licenziamenti in Europa

È sempre Il Sole 24 Ore a riepilogare la situazione sul blocco dei licenziamenti negli altri paesi europei. In Italia c’è un blocco completo, ma si tratta di un caso praticamente isolato. In Francia, per esempio, non c’è il divieto, fatta eccezione per le aziende che ricevono gli ammortizzatori sociali: non possono basare il licenziamento su ragioni economiche legate al Covid. Nessun divieto neanche in Germania, dove però viene chiesto qualche requisito in più per i licenziamenti per ragioni organizzative e sulle riduzioni di orario. Consentiti i licenziamenti anche nel Regno Unito. Il caso che più si avvicina all’Italia è quello spagnolo: il blocco c’è ma solo per i licenziamenti per i sei mesi successivi alla fruizione di un ammortizzatore e comunque solamente per motivi economici strettamente legati al Covid, non per motivi economici generici.

Il mercato del lavoro in Italia

Stando ai dati Istat, in Italia il tasso di occupazione in un anno è sceso dello 0,9%, con una perdita di oltre 400mila posti di lavoro su base annua. A rimetterci sono stati soprattutto gli stagionali, i lavoratori autonomi e quelli con contratti flessibili, non protetti dal blocco dei licenziamenti. Secondo la Banca d’Italia, senza le misure Covid ci sarebbero stati 200mila licenziamenti aggiuntivi, oltre ai 500mila legati a motivi economici, un dato in linea con quello dell’anno precedente. Con la fine del blocco, inoltre, ripartiranno le procedure che le imprese avrebbero comunque avviato, al di là del Covid. Tra le ipotesi in campo c’è anche quella del superamento graduale del divieto di licenziare, per esempio attraverso uno stop solamente per i settori più in crisi o sulla base del fatturato delle aziende.

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