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Banche italiane: ancora 2 anni per lasciarsi la crisi alle spalle

Mps brilla in borsa perchè entro l’anno vuole cedere la piattaforma che gestirà 24 dei 40 miliardi di crediti non performanti. Ma per l’intero sistema bancario italiano superare la crisi richiederà ancora due anni, sempre che il quadro macroeconomico tenga…
A cura di Luca Spoldi
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Il ministro dell’Economia e finanze, Pier Carlo Padoan, si era mostrato ottimista (si fa per dire) nel fine settimana, circa la possibilità che nell’arco di un paio d’anni i problemi che attualmente affliggono il sistema bancario italiano possano essere sostanzialmente superati. Un auspicio che non può essere scambiato per una certezza, visto che dipende in buona misura dalla tenuta della congiuntura internazionale, che i dati di oggi di Eurostat relativi al Pil di eurolandia del primo trimestre dell’anno  (+0,6% rispetto ai precedenti tre mesi) sembrano confermare, ma anche dallo stato di salute dell’economia italiana (che invece resta precaria visto che nello stesso trimestre il Pil italiano è salito solo dello 0,3%, la metà della media europea, e che da Bankitalia a Istat si moltiplicano le indicazioni di un andamento meno brillante delle attese anche nei prossimi trimestri).

Per chi ama guardare il bicchiere mezzo pieno, la notizia del giorno è tuttavia il fatto che Mps sarebbe finalmente pronta ,con l’assistenza di Mediobanca, ad avviare l’asta per cedere la piattaforma che dovrà gestire (e smaltire) almeno 24 miliardi di crediti non performanti (Npe), una notizia che in borsa il titolo ha festeggiato con un rialzo del 4%. Il bicchiere, anche a Siena, è comunque pieno solo a metà: come ha ricordato l’agenzia di rating Dbrs, che proprio oggi ha rivisto al ribasso il rating a lungo termine dell’istituto senese, portandolo da “BB(high)” a “BB”, con outlook mantenuto negativo, permane infatti una “debolezza della qualità degli asset”, assieme a “modesti livelli di profittabilità” e ad una “inadeguatezza del capitale”.

Secondo gli analisti di Dbrs Mps soffre “anche nella raccolta, a causa della riduzione dei depositi nel primo trimestre dell’anno”. Certo, alleggerire gradualmente il bilancio di 24 miliardi di euro di crediti più o meno marci non è una cattiva notizia, ma a che prezzo saranno interessati, se davvero lo saranno, a rilevare la piattaforme e ancor più gli Npe stessi i soggetti esteri (Fortress, Lone Star, Kkr, Blackstone, Cerberus e Apollo) e italiani (Cerved) di cui si legge sui giornali? E quanti Npe verranno da qui a un paio d’anni ceduti a soggetti partecipati ma non controllati da Mps come potrebbe essere la piattaforma in questione?

Il problema è tutto lì visto che a fine marzo nel presentare i conti trimestrali il top management aveva ribadito l’obiettivo di cedere 40 miliardi di Npe ad un’unità “non core” entro il 2018 e che, sempre a fine marzo, gli Npe erano coperti nel complesso al 49% (al 63,3% nel caso delle sole sofferenze), come dire che per non avere ulteriori perdite gli Npe in questione dovrebbero essere ceduti mediamente al 51% del loro valore nominale (al 37% nel caso delle sole sofferenze), cosa improbabile allo stato, salvo che il mercato non consenta un ulteriore significativo recupero di valore, ipotesi a volta legata allo scenario macroeconomico.

Diversamente o Mps dovrà procedere a ulteriori svalutazioni prima di cedere i crediti, o il prezzo a cui saranno ceduti finirà col determinare una più o meno equa suddivisione delle perdite attuali (in capo al venditore) e potenziali (in capo all’acquirente). Comunque la si giri, perché la situazione di Mps, ma in generale del sistema bancario italiano, trovi una soluzione felice e consenta di far ripartire il credito in termini assoluti, sostenendo così la finora labile ripresa, le prospettive di crescita dovranno risultare solide e crescenti.

Così non è al momento, tra il rischio “Brexit riaffacciatosi prepotentemente nei sondaggi, gli allarmi lanciati dalla Banca d’Inghilterra (e dalla stessa Bce) al riguardo e l’estrema prudenza della Federal Reserve, il cui presidente, Janet Yellen, ieri sera ha fatto capire che per gli ulteriori “graduali” rialzi dei tassi Usa se ne parlerà a luglio, o forse a settembre. La crisi resta dunque avvitata su se stessa: le banche centrali inondano il mercato di liquidità sia tenendo i tassi vicini a zero il più a lungo possibile sia fornendo linee di credito alla banche principali in Europa come in America e Giappone.

Ma i tassi a zero spaventano gli investitori che non sanno più dove trovare rendimenti sufficientemente elevati senza doversi assumere rischi più che proporzionali (con gli acquisti che da domani la Bce effettuerà sui mercati anche di bond corporate pure il rendimento medio di questi ultimi è già sceso all’1%, cosa più unica che rara). Lo scenario resta teoricamente molto favorevole a chi vuole e può indebitarsi, tanto che solo a maggio si sono avuti 50 miliardi di euro di nuove emissioni di bond corporate, molto meno a chi deve prestare/investire capitali, come le banche ma anche gli investitori a lunga scadenza come fondi pensione.

Nel mentre le banche, non essendo riuscite a ottenere la “bad bank sistemica” il cui costo sarebbe ricaduto sui già tartassati contribuenti italiani, procedono finalmente a crearsi le proprie “bad bank private”. Se il governo anziché perdere due anni di tempo cercando di ottenere nuove concessioni dalla Ue e distribuendo inutili prebende fiscali, rivelatesi non in grado di imprimere alcuna accelerazione alla crescita, avesse spinto in questa direzione fin da subito forse ora saremmo in grado di non doverci preoccupare troppo per i segnali di nuovo rallentamento della congiuntura. Forse.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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