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Banche e borse: la musica non cambia di molto

Le banche centrali continuano a fare di tutto per sostenere i mercati nel tentativo di ridare ossigeno alle economie. A beneficiarne sono in borsa i titoli del comparto finanziario, ma i problemi di fondo restano in larga misura immutati, con solo deboli segnali di una maggiore volontà politica di affrontarli e risolverli…
A cura di Luca Spoldi
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Le previsioni con cui la Federal Reserve ha accompagnato ieri il primo accenno di “tapering” (rallentamento degli acquisti di bond), limitato peraltro a 10 miliardi di dollari di minori acquisti mensili di bond sul mercato (da 85 miliardi si passa a 75 miliardi di nuova liquidità ogni mese in aggiunta agli oltre 4 triliardi già pompati nel sistema dal 2008 a oggi), fanno ripartire il rally prenatalizio su tutte le principali borse mondiali (ma non sui bond), in attesa che forse già domani la Bank of Japan prenda la staffetta dalla Fed aumentando i propri acquisti di bond nel tentativo di rianimare un’economia che decenni di scellerata deflazione hanno finito con l’ingessare quasi quanto quella italiana e del Sud Europa in genere. Facendo un ultimo regalo ai mercati Ben Bernanke, numero uno in uscita a fine gennaio della Federal Reserve, ha infatti dichiarato esplicitamente che tassi rimarranno vicino a zero ancora per un “lungo periodo di tempo”, probabilmente anche dopo che la disoccupazione sarà scesa al 6,5% (dal 7,2% attuale) e “sicuramente” finché l’inflazione sarà sotto il 2% (dall’attuale 1,2%).

La notizia fa un gran bene, nell’immediato, ai titoli finanziari del vecchio continente, molto più della sigla di un  compromesso sul regolamento sul meccanismo unico di risoluzione destinato a coinvolgere tutti i paesi partecipanti al meccanismo unico di vigilanza bancaria che la stampa italiana celebra come un “risultato storico” ma che non lo è affatto. Tanto meno è un successo italiano: l’unico vero vincitore è ancora una volta la Germania, che ottiene un “periodo di transizione” lungo ben 10 anni prima che possa partite una qualche forma di unione bancaria e che a fronte di un’apertura sulla possibilità di gestire in tempi più rapidi le future crisi bancarie (che peraltro non vedranno un intervento diretto del fondo Esm ma la necessità per ogni stato di contrattare un aiuto “condizionato”, peraltro dopo un “bail-in” preventivo, ossia aver spolpato azionisti e depositanti, si spera anche nel caso che l’istituto in questione sia, putacaso, una Landesbank tedesca su cui Berlino non ha accettato alcuna sorveglianza “esterna”), così da evitare nuovi casi come Dexia o ING, è riuscita dall’altro a rinviare ulteriormente la fissazione di numerosi elementi centrali necessari ad avviare concretamente quell’unione bancaria che in teoria partirà il primo gennaio del 2015.

Non dovrebbe dunque sorprendere, almeno chi mi legge abitualmente, che in tanta “gioiosa” reazione alle ultime novità (che significano sostanzialmente il mantenimento dello status quo più a lungo del previsto), a non reagire positivamente siano da un lato i mercati emergenti (perché se il rafforzamento del dollaro offre qualche spazio per le esportazioni, peraltro a fronte di una crescente concorrenza da parte degli esportatori giapponesi, dall’altro anche solo l’accenno ad un minor pompaggio di liquidità nel sistema rischia di far pesare maggiormente il previsto rallentamento della crescita delle economie emergenti, a partire dalla Cina), dall’altro alcuni titoli finanziari italiani come Mps, che in mattinata ha segnato nuovi minimi storici in borsa per i motivi già ricordati ieri prima di invertire la rotta e recuperare di botto un 5% grazie alla chiusura del contenzioso con Deutsche Bank (sulla chiusura anticipata dell’operazione in derivati nota come “Santorini”, che peserà per 194 milioni sul bilancio 2013 di Siena), o Banca Carige, a sua volta alle prese con un problematico aumento di capitale (attorno agli 800 milioni).

Corre sin dalla mattina Bpm a sua volta in crescita del 5%, che l’aumento (da 500 milioni) sembra finalmente aver deciso di farlo, nel corso del 2014 (anche in questo caso con un anno di ritardo sulla tabella di marcia prevista inizialmente), dove a breve si dovranno rinnovare i vertici, mentre Ubi Banca resta al palo dopo aver puntualizzato che l’ipotesi aggregativa con la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio di cui ha parlato in questi giorni la stampa italiana è “destituita di ogni fondamento” e più precisamente che “non vi sono contatti in corso e non vi è alcun dossier aperto”. L’annuncio finisce col colpire l’istituto laziale, in calo di poco meno di un punto percentuale, il cui Cda negli scorsi giorni aveva dato via libera alla ricerca di un partner per arrivare ad un’aggregazione.

(A)morale della favola: i mercati sono intenzionati a finire l’anno meglio possibile, le banche centrali faranno di tutto per non rovinare il clima festivo ed anzi per far sparare qualche botto di Capodanno. Ma i problemi sottostanti non sembrano destinati a cambiare di molto neppure nel 2014, con un’America che sotto sotto appare meno forte di quanto non sembri e che deve sempre risolvere i problemi di bilancio (anche se l’accordo bipartisan che in questi giorni sta per essere votato al Congresso è un primo, sia pure timidissimo, segnale positivo di ritrovata volontà di affrontare il problema più che dividersi sulle possibili soluzioni), un Giappone ancora in cerca di una “miracolosa” resurrezione, mercati emergenti impegnati a gestire un “soft landing” secolare con i minori disagi possibili e un’Europa dove, complice l’avvicinarsi della nuova tornata elettorale (le Europee 2014 di maggio) sull’euro e sulle “cure” per far ripartire l’economia della sponda Sud del vecchio continente si accentueranno le differenze e gli scontri politici.  Senza che di ripresa (o di credito necessario a finanziarla) sia lecito sperare di vederne molta anche il prossimo anno.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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