L’Eurozona è a un “turning point” commenta oggi, soddisfatto, Ewald Nowotny, membro del board della Bce che peraltro fa sapere di attendersi una crescita economica “leggermente negativa” nel 2013 per la Ue-17 che nasconde un andamento positivo (anche se meno in frenata) del Pil dei paesi del Nord, in particolare la Germania, ed un’ulteriore frenata delle economie della sponda Sud del vecchio continente. Niente di particolarmente esaltante, ma tant’è: in assenza di particolari tensioni sul fronte dell’inflazione (come pure, secondo il banchiere, della deflazione) che possano mettere nuovamente sotto pressione l’euro, Nowotny sottolinea semmai segnali positivi sul fronte bancario, come il calo del tasso di dipendenza delle banche europee dai prestiti della Bce.
Certo l’America resta un altro mondo, con banche come Goldman Sachs e Jp Morgan che continuano a macinare miliardi di dollari di utili:nel solo terzo trimestre Goldman Sachs, sesta maggiore banca Usa, a segnato 2,89 miliardi di utile netto, quasi il triplo di un anno fa, mentre Jp Morgan Chase, la maggiore tra le banche a stelle e strisce per patrimonio, ne ha incamerati 5,69 miliardi, il 53% in più di un anno prima, portando il risultato netto dell’intero 2012 all’astronomica cifra di 21,3 miliardi di dollari di utile netto, nonostante la banca abbia accusato nel corso dell’anno la sua maggiore perdita su trading di sempre e abbia dovuto pagare alcune sanzioni per non aver contabilizzato correttamente perdite su derivati. Errori che sono costati al gruppo oltre 6,2 miliardi di dollari nei primi nove mesi dell’anno, altrimenti il risultato avrebbe potuto essere ancora superiore.
Segno che la crisi in atto è una crisi strutturale sì, ma che per ora le banche e i gruppi finanziari Usa sono riusciti a trasformarsi molto più rapidamente e meglio di quelli europei, ancora alle prese con una fase di “restringimento del credito” legata alla necessità di rafforzare i patrimoni e sopperire al funding, tuttora non agevole in particolare per le banche del Sud Europa (che hanno riempito i forzieri di titoli di stato, legando la crisi del debito sovrano a quella bancaria e intercettando ogni possibile flusso creditizio altrimenti indirizzabile all’economia reale per motivi più volte ricordati). In compenso, e non è un caso, in Europa e in particolare in Italia le tariffe per i servizi bancari e assicurativi continuano a salire, nonostante non fossero già a livelli particolarmente modesti.
Colpa, anche, di mercati ancora poco aperti alla concorrenza, come nel caso delle polizze del ramo Auto. La copertura RC è, come noto, obbligatoria e guarda caso è pressochè l’unica voce che continua a crescere nei bilanci delle piccole e grandi compagnie assicurative italiane anche in un momento di crisi in cui il ramo Vita e alcuni altri rami Danni non brillano, per usare un eufemismo. Quanto costa agli italiani il mancato “efficientamento” del settore finanziario-assicurativo? Qualche numero l’ha dato oggi Adiconsum presentando i risultati del progetto realizzato nel 2012 da Adiconsum, Asso-Consum, Ctcu (Centro Tutela Consumatori e Utenti) e Cittadinanzattiva (soggetto capofila), sul settore assicurativo RC Auto.
Dai dati illustrati è emerso come l’Rc Auto arrivi a costare per i neopatentati mediamente attorno ai 2.828 euro all’anno, con punte di 9.307 euro (a Salerno); se per i giovani l’assicurazione obbligatoria rappresenta un salasso, non va meglio per guidatori con maggiore esperienza in classe di massimo sconto: in 19 città si paga non meno di 800 euro, ma la tariffa più alta per un guidatore adulto, che non ha causato incidenti, può arrivare (a Napoli) a 1.737. Dalle indagini svolte da Adiconsum è poi emerso come sia il Nord sia il Sud d’Italia siano accomunati dall’idea che il risparmio sia legato solo al prezzo. “Purtroppo – spiegano gli esperti di Adiconsum – molto c’è ancora da fare sia nell’informazione che nella formazione. Sconcerta, ad esempio, il fatto che sia sconosciuta la procedura di conciliazione e che venga scambiata per la mediazione, malgrado sia in vigore da ormai 7 anni”.
Se non altro molti assicurati hanno imparato a rivolgersi al web per un preventivo, ma spesso “usano preventivatori che non sanno essere degli operatori commerciali comuni, esattamente come può essere operatore commerciale un agente di assicurazione”. Così “prevale la considerazione che nel web si possa risparmiare, quando la corretta informazione sarebbe quella che nel web si può avere una indicazione del prezzo di tariffa, ma non certo l’indicazione del prezzo anche scontato o personalizzato sul richiedente e che tra personalizzazione e tariffa la differenza a volte può essere notevole”. Insomma: in attesa che anche in Italia cresca il grado di apertura dei mercati assicurativi e finanziari in genere, per evitare che gli utili di banche e assicurazioni, anziché essere frutto della competenza e abilità nello svolgere servizi ad elevato valore aggiunto, siano legati a semplici aumenti tariffari scaricati sulle spalle della clientela, meglio tenere gli occhi aperti. Magari cercando di capire come riescano colossi come quelli americani a ottenere risultati stratosferici senza dover ogni volta svuotare le tasche alla propria clientela ordinaria.