Il referendum costituzionale del 4 dicembre preoccupa sempre di più i mercati, che temono la vittoria del no e la possibile apertura di una crisi di governo che da questa rischia di derivare, in un momento delicatissimo in cui già i tassi stanno tornando a salire sui mercati mentre le borse sono sempre più volatili e tendenzialmente in calo. Una tensione che anche Banca d’Italia, nel suo Rapporto sulla stabilità finanziaria, diffuso oggi, sembra percepire.
Secondo Via Nazionale, infatti, “i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dal quadro macroeconomico globale restano elevati” in particolare per il “persistere dell’incertezza sulle prospettive dei paesi avanzati”. Non solo: “le prospettive di una crescita ancora modesta in Europa e l’incertezza legata agli sviluppi politici nei principali paesi avanzati, potrebbero alimentare forti variazioni dei corsi delle attività finanziarie nei prossimi mesi” e questo nonostante “nell’area dell’euro e in Italia le condizioni monetarie espansive contribuiscono a sostenere la liquidità dei mercati finanziari, a ridurre i premi per il rischio sulle obbligazioni private, a contenere le tensioni sui titoli di Stato”.
Senza lo scudo rappresentato dal quantitative easing e dai tassi a zero voluti da Mario Draghi, insomma, le cose sarebbero andate ancora peggio. Il problema di fondo, al di là del referendum (e del peso che l’incertezza politica sta tornando ad assumere), è che in Italia il ciclo finanziario “resta debole, anche in prospettiva”. Il credito al settore privato, in particolare, “sta beneficiando molto gradualmente della moderata ripresa economica” ma pare destinato a rimanere “al di sotto del suo trend di lungo periodo anche per i prossimi due anni”.
Le banche, insomma, restano l’anello debole del sistema, anche se qualche segnale di miglioramento si coglie nel comparto immobiliare, dove i rischi per le banche si vanno riducendo grazie a compravendite in aumento e prezzi che mostrano segnali di stabilizzazione. Per questo Banca d’Italia si attende che “nei prossimi trimestri dovrebbe proseguire il calo delle nuove sofferenze relative ai finanziamenti alle imprese attive nel settore e alle famiglie per l’acquisto di abitazioni”.
Inoltre il sia pure graduale aumento del reddito disponibile e i bassi tassi di interesse “rendono più agevole il servizio del debito” da parte delle famiglie italiane, i cui bilanci si mantengono “solidi grazie al contenuto livello dell’indebitamento”. Chi da anni va cercando di convincervi ad indebitarvi è servito (e voi fareste bene a non cedere alla tentazione). Anche “la situazione finanziaria delle imprese migliora, in virtù sia del recupero della redditività sia del calo dell’incidenza degli oneri finanziari”, con disponibilità liquide che hanno raggiunto livelli “storicamente elevati”.
Prosegue inoltre il riequilibrio dei bilanci delle banche italiane: “il tasso di deterioramento dei prestiti è sceso ai livelli più bassi dal 2008 e dovrebbe continuare a contrarsi l’anno prossimo, con il proseguimento della crescita dell’economia. Anche la consistenza delle esposizioni deteriorate è diminuita” sottolinea Banca d’Italia notando come anche “il tasso di copertura dei crediti deteriorati è aumentato, portandosi a un livello lievemente superiore a quello medio delle principali banche europee”, tanto che gli stress test Eba di quest’anno hanno mostrato come “i maggiori gruppi sarebbero in grado di fronteggiare scenari avversi, con l’eccezione di Banca Monte dei Paschi di Siena”.
Essere più sicure e patrimonializzate ha peraltro un costo: Nei primi sei mesi del 2016 “la redditività delle banche è diminuita” e in prospettiva “la debolezza del ciclo economico e l’eccesso di capacità produttiva continueranno a esercitare pressioni al ribasso”. Così, nel complesso, le banche italiane “rimangono esposte agli shock, di origine interna o internazionale, che possono riflettersi sui mercati dei capitali e sulla crescita economica”. Insomma, lentamente il malato migliora, ma è ancora presto per sciogliere la prognosi.