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Axel Springer conquista Business Insider per 344 milioni di euro

Axel Springer si consola per non essere riuscita a mettere le mani sul Financial Times e per 344 milioni di euro si compra l’88% di Business Insider, in cui era già socio al 9%. La scommessa è tutta sui nuovi media.
A cura di Luca Spoldi
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A giudicare dallo stato di forma non ottimale delle trecorazzate” (tascabili) italiane, Rcs, Mondadori e Mediaset, non si direbbe, ma il settore editoriale mondiale da qualche tempo sta ritrovando una vivacità che anni di crisi economica (legata al calo della raccolta pubblicitaria) e di innovazione “disruptive” (coi nuovi media sempre più agguerriti e pronti a prendersi una fetta crescente del mercato) sembravano rendere fino a pochi mesi fa impensabile.

Prima il gruppo giapponese Nikkei ha rilevato la storica testata finanziaria britannica Financial Times, ceduta dall’editore Pearson per 160 miliardi di yen (circa 1,1 miliardi di euro), poi Exor (holding della famiglia Agnelli, che in Italia controlla La Stampa e ha una partecipazione del 16,734% in Rcs di cui è tuttora il primo socio) è salita dal 4,7% al 43,4% del capitale dell’Economist divenendone il principale azionista.

Ora è la volta di Axel Springer, colosso tedesco che sino all’ultimo era sembrato in lizza per il Financial Times e che invece ha preferito optare per un “new media”, rilevando per circa 344 milioni di euro l’88% del capitale di Business Insider (il cui 100% è stato valutato 442 milioni di dollari, circa 395 milioni di euro), portale economico-finanziario in lingua inglese (le versioni più seguite sono quelle britannica, statunitense ed australiana), di cui il gruppo tedesco era già socio al 9% (il rimanente 3% resterà in mano a Bezos Expeditions, società d’investimento del fondatore di Amazon, Jeff Bezos).

Business Insider, che con 76 milioni di visitatori unici mensili è uno dei maggiori successi nel campo dell’editoria elettronica, è stato fondato da Henry Blodget, ex analista tecnologico di Merrill Lynch, bandito dal settore dall’allora procuratore generale di New York, Eliot Spitzer, con l’accusa di aver pubblicato ricerche in cui dipingeva le società in modo più roseo di come ritenesse in realtà che esse fossero, assiema a Kevin Ryan e Dwight Merriman nel 2007.

In una nota Axel Springer precisa di aver accettato di valutare la società, che attualmente occupa oltre 325 dipendenti, di cui circa la metà sono giornalisti, sei volte i ricavi stimati per il 2016 (il gruppo non produce ancora utili) grazie alla possibilità di “ulteriore crescita e penetrazione” di Business Insider, dopo di che si punterà “alla monetizzazione e alla crescita dei ricavi” e, come terza priorità, a generare profitti.

Qualche dubbio per la verità l’operazione la solleva: è vero che nel primo semestre dell’anno Axel Springer ha visto il fatturato salire del 10%, con i media digitali che ormai rappresentano due terzi dei ricavi complessivi, e che mentre i ricavi da distribuzione (delle copie fisiche di giornali e riviste come Bild e Die Wielt) sono apparsi in calo, la raccolta pubblicitaria complessiva è salita del 15% a 986 milioni di euro proprio grazie alla spinta dei “new media”.

Come pure è vero che l’acquisizione permette al Ceo del gruppo, Mathias Doepfner, di acquistare una visibilità altrimenti difficilmente raggiungibile sul mercato editoriale di lingua inglese e di rafforzare il suo ruolo di editore digitale leader in Europa. Ma non è chiaro se lo stile di Business Insider, più vicino a quello dei blog che della stampa tradizionale, si potrà integrare senza troppi problemi nel modello di Doepfner.

Alla fine per il manager tedesco più che unpremio di consolazione” Business Insider sembra essere un rischio calcolato: se andrà bene il Axel Springer sarà riuscito nel suo intento di sbarcare in Gran Bretagna e in America, se andasse male non sarebbe un colpo mortale dal quale fosse impossibile riprendersi, per un colosso che nei primi sei mesi dell’anno ha registrato 1,577 miliardi di euro di ricavi e un utile netto consolidato di 111 milioni di euro.

Numeri che avrebbe potuto consentire a Doepfner di comprarsi anche un gruppo come Rcs (che in borsa capitalizza stasera 450 milioni di euro), ove mai fosse stato in vendita. Il problema è semmai dei gruppi italiani: corazzate sì, ma “tascabili”, condannate a non poter crescere ulteriormente sul mercato domestico e reduci da sfortunate “campagne acquisto” condotte in un recente passato in Spagna e Francia a prezzi (e con una tempistica) davvero poco fortunata. Ma questa è davvero un’altra storia, purtroppo per i nostri gruppi.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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