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Assegni familiari, nidi e congedi per i papà: come costruire la parità di genere coi soldi europei

Cosa si può fare coi soldi del recovery fund? Per prima cosa, si può investire per una vera parità di genere in famiglia e sul posto di lavoro, dando eguali prospettive di carriera ed eguali carichi famigliari a uomini e donne. Come? In quattro semplici mosse: assegni famigliari, congedi parentali per i papà e tanti servizi per l’infanzia.
A cura di Tortuga
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Investire in politiche familiari eque ed efficaci deve essere una priorità per il nostro Paese. Dare sostegno economico alle famiglie e aiutare i genitori nel conciliare famiglia e lavoro significa agire su due grandi problematiche: natalità e occupazione femminile, dove registriamo valori tra i più bassi d’Europa. È necessario costruire un welfare più forte e inclusivo, che promuova un’equa distribuzione dei carichi familiari tra uomini e donne, come anche raccomandato dalla Commissione Europea. Il Recovery Fund è l'occasione perfetta per investire in una società a pari opportunità.

Assegno Familiare

In primo luogo, è necessario sostenere economicamente le coppie desiderose di avere figli. Il Family Act, da poco approvato, è in linea con la riorganizzazione dei sussidi familiari da noi proposta, in cui  proponiamo una riorganizzazione su due binari: un unico assegno in contanti per figlio, versato fino ai 20 anni, ed un voucher da spendere in servizi di baby-sitting e asilo nido, spese mediche o pannolini e biberon. I beneficiari del voucher sarebbero le famiglie con bambini tra gli 0 e i 5 anni, dove entrambi i genitori lavorano o in cui uno dei due partner non ha occupazione ma cerca attivamente un lavoro, così da incentivare la partecipazione alla forza lavoro di entrambi i genitori.

L’entità dei sussidi, per cui stimiamo un costo di 16,3 miliardi annui, dipende dalla fascia Isee e dall’età del figlio, e sopra ai 35.000 euro di Isee si azzera, garantendo uno sforzo redistributivo e una copertura dell'80% dei bambini.  Affinché queste misure siano efficaci è infatti doveroso concentrare le risorse laddove ce ne sia più bisogno.

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Congedi (per i papà)

In Italia, le donne spendono circa tre volte il tempo che spendono gli uomini in cura della casa e dei figli e lo squilibrio è ulteriormente peggiorato durante il lockdown. Non stupisce che nel 22% dei casi le donne che lavorano prima della gravidanza non lavorino più a due anni dal parto. È importante quindi favorire la condivisione dei carichi familiari partendo dai congedi, a oggi ancora molto sbilanciati: 5 mesi obbligatori per la madre, contro solo 7 giorni per il padre.

Proponiamo, quindi, di allungare a 4 settimane il congedo di paternità obbligatorio e vincolare la metà del congedo parentale facoltativo per i padri, raddoppiando la retribuzione per incentivarne l’utilizzo. Su esempio del Portogallo, suggeriamo inoltre di introdurre un premio di 30 giorni aggiuntivi nel caso in cui i genitori abbiano utilizzato equamente l’intero congedo parentale.

La proposta è da considerarsi un primo passo verso l’introduzione di un sistema di congedi di egual durata per entrambi i genitori. È arrivato il momento di essere più coraggiosi, imitando i nostri vicini mediterranei che stanno agendo gradualmente in questa direzione.

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Servizi per la prima infanzia

Un ulteriore motivo di disagio riguarda l’assenza di adeguati servizi per la prima infanzia, come gli asili nido: una risorsa non solo insufficiente, ma anche allocata male sul territorio.

 

Finora, le politiche per un più ampio utilizzo di tali strutture hanno lavorato solo sul lato della domanda, sotto forma di bonus, voucher e detrazioni. Queste misure hanno però uno scarso impatto nelle aree del paese non raggiunte da questi servizi: è, quindi, necessario agire anche sul versante dell’offerta. Una soluzione consiste nel trasferire dallo Stato alle Regioni l’obiettivo europeo per cui almeno il 33% dei bambini di età 0-3 anni debba usufruire di servizi per la prima infanzia, ovviando al problema degli squilibri regionali. Dato che le strutture private accolgono oggi, in media, l’11% dell’utenza potenziale, è necessario raggiungere una copertura pubblica di almeno il 22%, con costi di gestione annuali di più di 2.5 miliardi di euro da parte dei comuni e costi di realizzazione pari a circa altri 2.6 miliardi di euro. Il Recovery Fund può rappresentare una fonte di finanziamento per gli investimenti necessari in termini di ampliamento dei posti pubblici. Oltre al già citato voucher, lo Stato potrebbe canalizzare le risorse ai comuni, i quali deciderebbero poi se diminuire il costo delle rette o ampliare il numero di posti disponibili, a seconda dell’offerta sul territorio. Nel passaggio potrebbero essere coinvolte le Regioni, in grado di assegnare i fondi ai comuni dove più servono, utilizzando come strumento il fabbisogno minimo per raggiungere il 33% della copertura e tenendo conto delle diverse peculiarità territoriali. Va ricordato, inoltre, che questi costi costituiscono un tetto massimo, cioè quanto costerebbe ampliare l’offerta se soltanto il pubblico si prendesse direttamente carico del problema.

Superare gli stereotipi

Infine, un ulteriore tassello per una co-genitorialità paritaria è il lavoro agile, di cui parleremo più tardi nella serie. In Italia più del 50% della popolazione ritiene che il ruolo principale delle donne sia di dedicarsi alla casa e alla famiglia, e il sistema attuale a sostegno delle famiglie asseconda questi stereotipi, anziché garantire pari opportunità. Il Recovery Fund rappresenta un’occasione per cambiare passo, investendo nelle famiglie, nei bambini/e e nelle donne, come compete a una società moderna.

C’è ancora molta incertezza legata al Recovery Fund, sia nelle sue caratteristiche che nella dotazione. Ma occorrerà avere le idee chiare sul suo utilizzo: i problemi strutturali dell’Italia acuiti dal Covid-19 sono molti e le risorse dovranno essere impiegate bene. Il think tank Tortuga, di cui fanno parte 50 studenti e ricercatori under-30, vi accompagnerà per i prossimi lunedì estivi con brevi analisi e proposte concrete su come utilizzare questi soldi. Perché l’occasione non venga sprecata.

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Tortuga è un think-tank di studenti, ricercatori e professionisti del mondo dell'economia e delle scienze sociali, nato nel 2015. Attualmente conta 56 membri, sparsi tra Europa e il resto del mondo. Scriviamo articoli su temi economici e politici, e offriamo alle istituzioni, associazioni e aziende un supporto professionale alle attività di ricerca o policy-making. Nel 2020 è uscito il libro "Ci pensiamo noi".
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