Alan Friedman a Fanpage.it: “Quanto durerà la recessione nel 2023, e quanto ci costerà”
“Io vedo una serie di problematiche per l’economia globale nel 2023, che tutte assieme disegnano nubi oscure all’orizzonte. Diciamola, fuori di metafora, che ci sono tanti rischi al ribasso e molti pochi rischi al rialzo”. Non è ottimista Alan Friedman, giornalista ed esperto economico americano, quando guarda al 2023. Non che sia il solo, peraltro: secondo la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Kristalina Georgieva, nell'anno appena iniziato un terzo dell’economia globale sarà colpito dalla recessione quest’anno. Per Friedman, l'Italia non sarà immune al rallentamento, anche se – pur con tutte le incertezze del caso – gli effetti non saranno né drammatici né duraturi. A durare, semmai, saranno gli effetti generati da questa fase di crisi, guerre e pandemie. Effetti che, secondo Friedman, disegneranno nel prossimo futuro “un nuovo assetto multipolare” difficile da leggere e, soprattutto da governare: “Il problema principale è che ci sono troppe variabili di cui non sappiamo l’esito”.
Ad esempio? A cosa si riferisce?
Ad esempio, non sappiamo quanto durerà ancora la guerra con Putin. Non sappiamo se prenderà decisioni irrazionali, anche se personalmente non credo in una guerra nucleare. Allo stesso modo, non sappiamo quanto a lungo la Federal Reserve o la Bce continueranno ad alzare i tassi d’interesse.
Dipende da quanto continueranno ad aumentare i prezzi…
Io credo l’inflazione scenderà nella zona Euro, ma solo gradualmente. Andremo dal 10% al 6% di aumento dei prezzi. Meno, ma ancora tanto. E sicuramente i danni causati dall’inflazione saranno superiori rispetto ai ristori che il governo offrirà per mitigarli. È la prima legge di bilancio del governo Meloni che lo conferma: gli aiuti a famiglie e imprese sono confermati fino a marzo, per il primo trimestre.
E dopo cosa succederà?
Dopo ci sarà la recessione.
Quanto durerà questa ennesima crisi economica, secondo lei?
Questa è materia di previsione degli economisti. Io sono ottimista di natura, e prevedo una recessione abbastanza mite, che durerà al massimo fino all’estate. Negli Stati Uniti sarà leggera perché quella americana è un’economia fortissima e piena di liquidità. In Europa sarà soprattutto una recessione tedesca e italiana figlia della dipendenza energetica dal gas russo. Ma questo non vuol dire che non siamo di fronte a un momento di grandi cambiamenti strutturali.
Di cosa parliamo, esattamente, quando parliamo di “cambiamenti strutturali”?
L’abbiamo già visto col Covid, che ha portato a una rottura delle catene del valore globale e a una mancanza di materie prime. La guerra della Russia in Ucraina ha ulteriormente inasprito questa tendenza. Io credo che sia presto per parlare di “deglobalizzazione”. Però di certo ci vuole un po’ di tempo perché il mondo si riassesti, perché nuove catene di fornitura sostituiscano quelle vecchie. Nel frattempo, gli americani stanno cercando di riportare a casa un po’ di produzioni, come quelle dei semiconduttori o quella delle batterie al litio.
Ci stiamo rendendo indipendenti dal blocco Russia-Cina, in pratica.
Io non credo ci sia un blocco Russia-Cina, innanzitutto. La Cina mal sopporta Putin e la sua guerra, soprattutto ora gli sta creando più danni che altro.
Non la pensa come chi parla di “nuova guerra fredda”, quindi?
Non è una guerra fredda: è una situazione ancora più complicata. Credo che quello che stiamo vivendo sia un momento di cambio di paradigma. Credo che in futuro racconteremo questo decennio abbondante tra il 2008 e il 2022, parleremo di un periodo in cui si sono succeduti eventi traumatici come la crisi finanziaria, la pandemia, la guerra in Ucraina, come un grande ciclo di crisi che hanno cambiato gli assetti del mondo. Questo cambiamento non credo si chiamerà guerra fredda, perché non credo alla Storia che si ripropone tale e quale. Credo che stiamo entrando in un mondo più multipolare, con poteri a geometria variabile a livello globale e regionale. Pensiamo all’Arabia Saudita che si mette d’accordo con Putin per tagliare il prezzo del petrolio. O a Erdogan che fa accordi con l’energia con Putin e poi sostiene militarmente l’Ucraina.