Per ora le reazioni sui mercati sono state modeste, col petrolio che a New York oscilla anche oggi tra i 52 e i 53 dollari al barile, essendo comunque rimasto ininterrottamente sotto la soglia dei 60 dollari al barile già dallo scorso 25 giugno. Ma l’accordo sul nucleare raggiunto tra Usa (affiancate da Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) e Iran è effettivamente di portata storica per quanto riguarda le relazioni tra Stati Uniti ed Iran e potrebbe avere importanti conseguenze a medio termine per tutta l’economia mondiale, in particolare per quei paesi che, come l’Italia, dipendono dalle importazioni petrolifere, oltre che di gas naturale, per rifornirsi di energia.
In cambio di limiti allo sviluppo del proprio programma nucleare, infatti, Teheran otterrà la rimozione delle sanzioni internazionali (fonti diplomatiche parlano comunque di una concreta rimozione non prima di dicembre, una volta avviata l’attività di monitoraggio da parte dell’Onu dell’osservanza delle condizioni sottoscritte da Teheran) che hanno di fatto finora tenuto ai margini del mercato mondiale dell’energia un paese con le seconde maggiori riserve di gas naturale dopo la Russia, in parte peraltro utilizzate per rendere più produttivi i giacimenti petroliferi oltre che per la domanda domestica (l’Iran ha una popolazione di circa 78 milioni di persone) che negli ultimi 10 anni è raddoppiata.
Con oltre il 18% delle riserve mondiali di gas naturale, l’Iran finora ha rappresentato sinora meno dell’1% del commercio mondiale di gas naturale, essendo per molti anni rimasto un importatore netto. Lo sviluppo del giacimento di South Pars, il più grande al mondo, è destinato a cambiare significativamente le cose, ma il suo sviluppo finora è andato a rilento e si prevede che saranno necessari almeno ancora 3 anni prima di poter avviare il suo pieno sfruttamento. Se l’impatto della “normalizzazione” delle relazioni dell’Iran con le maggiori potenze economiche e politiche mondiali sarà graduale per il gas naturale, altrettanto è probabile accada per il petrolio secondo gli analisti.
Secondo Societe Generale, ad esempio, il ritorno dell’Iran sul mercato arriverà giusto in tempo per soddisfare la prevista crescita della domanda mondiale, nel corso del prossimo anno, senza creare ulteriori accumuli di scorte. In parole povere grazie all’accordo sul nucleare iraniano ci si può attendere prezzi petroliferi e del gas più stabili sugli attuali livelli anche nei prossimi mesi che non in ulteriore calo. Anche perché per vedere Teheran nuovamente protagonista del mercato petrolifero mondiale saranno necessari rilevanti investimenti da parte delle grandi compagnie petrolifere mondiali, finora riluttanti a investire in Iran non essendo chiaro a quali rischi legali si poteva andare incontro.
Tra le prime compagnie ad aver fatto sapere di poter considerare nuovi investimenti nel paese vi è l’italiana Eni, che peraltro attende di capire se governo di Teheran predisporrà o meno uno schema contrattuale più favorevole di quelli finora adottati. L’Iran per il cane a sei zampe potrebbe essere dunque un mercato interessante, ma dipenderà nel concreto dai margini di profitto che si potranno ottenere. Di certo prodotti e know how italiani appaiono essere ancora molto apprezzati in Iran e questo potrebbe consentire una ripresa di quella collaborazione bilaterale che le sanzioni avevano interrotto.
Basterà tutto ciò a far arrivare un beneficio nelle tasche degli italiani, attraverso riduzioni del prezzo della benzina alla pompa e della bolletta del gas? E’ ancora presto per dirlo ma le premesse ci sono e sono premesse importanti anche per offrire un ulteriore sostegno a una ripresa economica tuttora altalenante che di un basso costo dell’energia ha forse bisogno anche più che non di ulteriori manovre “lacrime e sangue”. Incrociamo le dita.