Il futuro della moneta, intesa come numerario ma anche come mezzo di pagamento, potrebbe nei prossimi anni mutare radicalmente rispetto a quello che siamo finora stati abituati a considerare. Se da un lato molti governi premono per il passaggio alla moneta elettronica al posto del contante, ufficialmente per combattere evasione ed elusione fiscale (tanto che in Italia il legislatore fiscale pare tentato dall’ipotesi di stabilire un’equazione alquanto azzardata, e sinora sempre respinta dalla giurisprudenza, tra prelievi di contante e fatturazione in nero, quanto meno da parte dei professionisti),dall’altra i “millenials” sono attratti dall’utilizzo di valute alternative come i Bitcoin che non prevedano il sistema bancario come intermediario.
Accanto a questi due macro-trend, per molti versi antitetici dato che l’utilizzo della moneta elettronica, nella forma di carte di credito e di debito che si appoggiano ai circuiti bancari ufficiali serve a ridurre l’ampiezza dello “shadow banking” e può fornire alle banche un’ulteriore importante fonte di margini reddituali coi quali andare a sistemare le residue falle in bilancio legate ai crediti non performanti, mentre i bitcoin consentono di acquistare,soprattutto su internet, beni e servizi senza passare dalle banche e senza dover versare loro o ai gestori delle carte di credito alcuna commissione, vi sono poi dei temi “alternativi” in tutti i sensi. In Inghilterra, ad esempio, stanno prendendo piede da qualche tempo emissioni di “sterline” che non recano la classica immagine della Regina Elisabetta, ma volti di uomini e donne come David Bowie, piuttosto che J. K. Rowling o Elizabeth Blackwell.
A disegnare queste banconote alternative sono spesso grafici e artisti di fama, come Jeremy Deller, vincitore del Premio Turner nel 2004 che ha disegnato appunto il biglietto da 5 sterline dedicato al cantante pop, nativo di Brixton (Londra), David Bowie. A Bristol, ma anche ad Amsterdam e persino a New York altre emissioni “artistiche” hanno già riscosso un buon successo proprio presso i consumatori più giovani, i “millenials” nati in piena era internet per i quali le vecchie banconote e monete (cartacee, metalliche o elettroniche che siano) sembrano aver perso gran parte del proprio fascino, tanto che il ricorso a forme di baratto è sempre più diffuso.
Lo scopo di queste emissioni non è comunque quello di soppiantare il denaro ufficiale, né di diventare un oggetto meramente artistico e dunque da collezione. In verità molte di queste emissioni conservano alcune delle caratteristiche delle banconote ufficiali (in primis l’inserimento di elementi anticontraffazione, come numeri di serie, filigrane o ologrammi), ma sono pensate per circolare presso pub o negozi locali che li accettano al pari delle monete e banconote a corso legale, anziché nelle grandi catene in franchising che tendenzialmente non consentono di pagare con tali valute “alternative”.
Il che è esattamente quello che si prefiggono i promotori di tali emissioni: uno strumento di pagamento che a caratteristiche artistiche, in grado di catturare l’attenzione dei potenziali consumatori, unica una possibilità di utilizzo presso attività economiche locali. L’idea è, in fondo, di favorire il piccolo commercio e le attività artigianali, che tendono a rimettere in circolo il denaro all’interno dell’economia locale in cui operano, anziché le grandi catene di negozi, ristoranti o alberghi che drenano risorse per convogliarle nelle tasche degli azionisti di riferimento di ciascuna grande impresa.
In realtà l’idea non è nuovissima e in anni passati anche in Italia si sono avuti esperimenti di questo genere, raramente con una fortuna duratura. La parte difficile di tutta la vicenda, come ammette anche David Wolman, autore di “The End of Money”, è convincere i negozianti ad accettare le emissioni alternative alle monete ufficiali. Ci sono stati peraltro carsi di successo: oltre ai Bitcoin, di cui molto si è scritto in quest’ultimo paio d’anni, anche il BerkShare, valuta utilizzata in Massachussets fin dal 2006, ha visto emissioni per oltre un milione di dollari e tuttora vede in circolazione circa 138 mila dollari di banconote raffiguranti figure storiche, illustrate da artisti locali.
I numeri del successo di queste iniziative testimoniano tuttavia anche il loro limite: mentre le valute ufficiali (e quelle sovranazionali come l’euro o il dollaro stesso a maggior regione) sono accettate ovunque e circolano per controvalori pari a migliaia di miliardi di euro, le valute “alternative” sono legate ciascuna ad una piccola enclave, ad una comunità che occupa un territorio specifico, sono in fondo pezzi d’artigianato ma non hanno quella caratteristica di universalità tipica della moneta autentica. E in questo senso se possono essere un’idea simpatica e anche funzionale per promuovere qualche attività su base locale, non possono servire in un’epoca di scambi economici globali.
A meno che non le si voglia vedere come forma di protesta contro la realtà moderna: una protesta indubbiamente dotata di un suo fascino ma che non può cambiare il fatto che l’economia globale esiste e si va ogni giorno di più sviluppando perché soddisfa i bisogni di milioni di persone, non di poche decine di migliaia o finanche di qualche milione. Non c’è da aspettarsi che la Grecia possa risolvere la propria crisi attraverso l’utilizzo di una “nuova dracma” o l’adozione di Bitcoin o di BerkShare al posto dell’euro, eppure qualche nostalgico della “sovranità monetaria” spinta all’estremo (una sovranità che varrebbe quasi su base individuale o di singole comunità) resiste, lottando contro ogni evidenza storica.
Fino a qualche secolo fa, del resto, ogni staterello europeo aveva la propria moneta eppure questo non ha mai impedito l’insorgere di crisi economiche di varia intensità. Così nonostante il fascino che può avere una banconota da 5 sterline (o dollari o euro) col volto di David Bowie al posto di quello, serioso, della Regina Elisabetta, queste emissioni sembrano destinate ad essere più un ultimo, effimero, sprazzo di vitalità della moneta “fisica” in attesa della sua definitiva sostituzione con la valuta elettronica. Che poi in tale ambito la sfida si riproponga tra Bitcoin e altre “cripto valute” e le monete a corso legali è pressoché certo, con un esito che appare,questo sì, meno scontato.