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Opinioni

Economia e mercati: analisti sempre più incerti su prospettive future

Le borse continuano ad alternare giornate di forti ribassi ad altrettanto robusti recuperi, mentre gli analisti finanziari sono sempre più incerti sulle prospettive dei mercati e dell’economia mondiale, dividendosi tra ottimisti, pessimisti e prudenti…
A cura di Luca Spoldi
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Borse che continuano ad alternare sedute di forte ribasso ad altrettanto robusti recuperi e analisti finanziari che sembrano più che mai brancolare nel buio riguardo i possibili scenari futuri. Goldman Sachs, ad esempio, ha spiegato di vedere i mercati in modalità “fat&flat”, ossia di prevedere che ancora per diversi mesi vi saranno “grasse” oscillazioni, ma l’andamento complessivo resterà “piatto”, salvo che non calino sensibilmente le valutazioni (vuoi tramite un nuovo calo dei prezzi, vuoi grazie ad un incremento degli utili), attualmente pari mediamente a 14 volte gli utili ma che secondo gli esperti dovranno scendere almeno sulla media storica di 10-11 volte per risultare appetibili, vuoi perché si diradino finalmente le incertezze in merito all’andamento futuro dell’inflazione (che resta latitante in tutto il mondo occidentale).

Ben più negativi appaiono gli uomini di Citigroup: per loro “la crescita globale si trova in una situazione altamente precaria dopo 2 o 3 anni di relativa calma”. Le fragilità di lungo termine dell’economia mondiale collegate al rallentamento strutturale e ciclico della Cina e al suo “insostenibile” regime dei cambi, “l’eccessivo” livello di indebitamento di molti paesi e settori e “la crescente incertezza” su base regionale e geopolitica congiurano contro la crescita tanto che le previsioni circa l’andamento del Pil mondiale per quest’anno sono state ridotte dal +2,5% indicato un anno fa a +1,6% ma potrebbero “essere ulteriormente ribassate”.

Se non altro la recessione pur essendo sempre più probabile non sembra ancora inevitabile per gli esperti americani. Tuttavia servirebbe “una versione globale di ciò che si potrebbe chiamare una Abenomic Plus”, ossia politiche monetarie accomodanti accoppiate a politiche fiscali espansive e riforme strutturali che comportino anche un “significativo deleveraging” (quindi una prolungata riduzione del credito per ridurre in parallelo il debito, ndr), così da limitare il rischio di ulteriori fallimenti a catena nel caso qualcosa andasse storto.

Una ipotesi non peregrina visto che l'invecchiamento costante della popolazione, anche in paesi come la Cina, congiura per portare ad un calo del “output gap” (la differenza tra la crescita attuale e quella potenziale che un paese può sostenere senza generare inflazione), salvo non si varino massicce riforme che favoriscano l’utilizzo diffuso di nuove tecnologie in grado di incrementare le produttività e compensare così il previsto sempre minor numero (e la maggiore età) di lavoratori attivi.

Per completare il quadro, c’è anche chi, guardando forse agli aspetti finanziari più che a quelli macro e micro economici, si dice sicuro che quello attuale sia uno degli scenari migliori possibili per gli investitori di lungo periodo. Ovviamente chi dice così non guarda a investimenti di tipo obbligazionario, che anzi comportano tassi sempre più negativi (ormai rendono meno di zero, in giro per il mondo, dai Bot a 6 mesi italiani ai titoli di stato decennali giapponesi), il che è una forma indiretta di tassazione del capitale che colpisce l’offerta di denaro anziché la domanda, ma ai mercati azionari.

In particolare Research Affiliates Llc, controllata di Pacific Investment Management Company (Pimco), uno dei maggiori gestori mondiali a sua volta facente parte del gruppo Allianz, ritiene che alle quotazioni attuali i mercati emergenti possano rivelarsi “il trade del decennio”. Gli analisti di Research Affiliates sono solo gli ultimi ad essere diventati sempre più attratti dalle possibilità d’investimento che alle attuali quotazioni i mercati emergenti sembrano offrire; altre case d’investimento che in questi ultimi tempi sono tornate a guardare con interesse a tali mercati sono BlackRock, Franklin Templeton e Goldman Sachs Asset Management.

In sostanza dopo tre anni di sottoperformance questi esperti ritengono possibile per i mercati emergenti un significativo recupero. In un post sul sito di Pimco, Christopher Brightman, chief investment officer di Research Affiliates, ha dichiarato che “l’esodo dai mercati emergenti è un’opportunità meravigliosa per un investitore a lungo termine” e di essere “sempre più fiducioso circa le nostre posizioni sui mercati emergenti azionari e obbligazionari”. Visto il rischio di tassi a lungo vicino o sotto zero e l'impatto devastante che questo potrebbe causare ai rendimenti di lungo periodo (quelli in base ai quali verranno, ad esempio, pagate le nostre pensioni integrative), c'è da sperare che abbia ragione e che il rendimento a lungo termine di tali investimenti superi i rischi che i mercati attualmente percepiscono e incorporano nei prezzi.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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