Da qualunque angolazione la si guardi c'è una sola consistente novità che emerge dalla campagna elettorale delle regionali siciliane: la mobilitazione del Movimento 5 Stelle attorno al candidato Cancelleri ed al "nume tutelare" Beppe Grillo. Su questo non sembra esserci più alcun dubbio, a prescindere da propaganda e da ricostruzioni più o meno veritiere. E soprattutto a prescindere da polemiche che sfiorano il grottesco, come ad esempio quelle sul numero di persone presenti ai comizi di Grillo e sul "movente della partecipazione". E chiaro infatti che non ha alcun senso mettere in dubbio il clamoroso successo della campagna di Grillo, così come è oltremodo discutibile ipotizzare che le migliaia di persone che hanno affollato le piazze dei centri siciliani siano semplicemente "spettatori di un comico" e non elettori consapevoli.
Insomma, di fronte ad una mobilitazione di tale portata, ad un lavoro che comincia a farsi sempre più articolato e alla crescente sensazione di un'ondata di ritrovata volontà di "azione diretta sulla cosa pubblica", ai partiti tradizionali non restano sostanzialmente che due strade. O sminuire il senso e la portata dell'esperienza a 5 stelle, trincerandosi dietro i sondaggi e, all'indomani del voto, depotenziandone il risultato alle urne (alla maniera in cui Napolitano reagì all'esito delle amministrative); oppure accettare in pieno la sfida di Grillo. E cioè riconoscere alcuni meriti sostanziali del Movimento e allo stesso tempo non sottrarsi alla vera sfida: ripulire la politica e ripensare l'idea di Paese. Cercare insomma di minare alle radici ogni "tentazione" populista ed "antipolitica" (termine paradossale, come abbiamo cercato di spiegarvi) semplicemente rimettendosi al servizio dei cittadini, che mai come ora hanno bisogno sia di risposte che di un ampliamento degli spazi di partecipazione.
E, spiace dirlo, la campagna elettorale siciliana è proprio la manifestazione evidente di una distanza enorme fra la politica tradizionale e i cittadini. Da una parte poche e fugaci apparizioni dei leader nazionali di partito, in ben altre faccende affaccendati, dall'altra il tour de force di Beppe Grillo che sta girando la Sicilia paese per paese, un unico ininterrotto film elettorale proiettato in tutta Italia grazie alla forza della comunicazione del Movimento ed alla penetrazione (perfettibile, certo) nei social network. Da una parte i partiti tradizionali, pieni di contraddizioni e con la tara delle precedenti esperienze di Governo (e vale anche per il PD del pasticciaccio Lombardo), dall'altra un gruppo giovane che può agevolmente appropriarsi del vessillo della discontinuità e del rinnovamento generazionale. Insomma, i partiti hanno probabilmente perso l'ennesima occasione. Ed è un peccato, perché con o contro il Movimento ci sarebbe molto da discutere: dai programmi (su cui i grillini hanno tanto da lavorare) alla rappresentatività, dal disperato bisogno di riportare la gente a discutere e ad interessarsi (non sfugga che quasi il 50% dei siciliani non si recherà alle urne), alla necessità di impedire che siano ancora demagogia e qualunquismo a monopolizzare azione e comunicazione politica. In tal senso, paradossalmente, il Movimento 5 Stelle è un'opportunità più che un problema: certo è che se, mentre la Sicilia scende in piazza, Bersani è impelagato nella stesura delle regole per le primarie (per carità, legittimamente), Renzi parla con finanzieri e banchieri (giustamente magari), Alfano ancora attende risposte da Arcore, Casini e Montezemolo pensano alla grande casa dei moderati…beh, allora…