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Duecentomila posti a rischio, 150 tavoli aperti: l’Italia è divorata dalle crisi industriali

In un colloquio con Fanpage.it, il responsabile delle politiche industriali della Cgil nazionale, Salvatore Barone, ha delineato un quadro della crisi industriale in Italia. Al momento “il giudizio sul governo non può che essere negativo”, perché “non ha fatto né più né meno di quelli precedenti”. Permangono le 20 aree di crisi complessa, con oltre 200mila lavoratori a rischio e più di 150 tavoli di crisi aperti.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Al Ministero dello Sviluppo Economico è un periodo molto intenso, ci sono tra i 150 e i 160 tavoli di crisi aperti e più di 200mila lavoratori coinvolti. Poi ci sono le 20 aree industriali di crisi complessa che coinvolgono 70mila lavoratori, anche se il Mise non conferma né fornisce dati precisi. Un dato certo c'è: la cassa integrazione straordinaria, secondo quanto riporta l'Inps, è salita del 78% da inizio anno. In un colloquio con Fanpage.it, Salvatore Barone, responsabile delle politiche industriali della Cgil nazionale, spiega che "sono più di 200.000 i lavoratori coinvolti, anche se alcuni sono solo tavoli di monitoraggio in cui gli accordi sono già stati definiti da tempo, come ad esempio Whirpool o Ilva, l’Ast di Terni o l’Electrolux". In queste situazioni di crisi "stimiamo che il 35% di lavoratori siano a rischio di perdita del posto di lavoro – continua Barone – ci sono situazioni gravi che non sono state risolte e che permangono anche da dieci anni, come Ex-Alcoa ed Euroallumina nel Sulcis, il territorio della Sardegna con i più bassi tassi di sviluppo e di occupazione e con alti tassi di povertà".

"A Termini Imerese la Fiat ha chiuso la fabbrica che è oggi in uno stallo assoluto, oggi l’azienda si chiama Blutec ma non ci sono condizioni che ci possano dire che quel progetto di sviluppo verrà portato a termine, anzi, siamo ancora in cassa integrazione – spiega il responsabile delle politiche industriali della CgilPer quanto riguarda la Fiat c'è anche la chiusura dello stabilimento Ex Irisbus a Flumeri in Valle Ufita, che produceva autobus, mentre continuiamo a pagare multe all’Unione europea perché abbiamo il parco autobus più vecchio d’Europa". Oggi lo stabilimento "si chiama Industria Italiana Autobus, ma il progetto non decolla, nonostante sia entrato nella partnership di Sviluppo Italia, che è una finanziaria pubblica legata al Ministero dell’Economia".

In Italia ci sono 20 aree di crisi complessa, quindi "20 territori italiani con più comuni dove è venuta a meno la più grande impresa di quel territorio o il settore più significativo – spiega Barone – mandando in declino economico, industriale e sociale l’intero territorio". Tra queste crisi c'è quella di Bombardier a Vado Ligure o quelle che mettono in ginocchio interi territori, da Livorno a Piombino, in cui "ci sono 70mila i lavoratori che sono interessati al provvedimento di proroga della mobilità in deroga, oggi Naspi, e che porteranno a casa anche nel 2019 un reddito minimo tra i 500 e i 600 euro al mese, ma per i quali non si vede nessuna prospettiva di rioccupazione". Perché in queste aree "non c’è stato nessun intervento significativo per costruire una prospettiva per questi lavoratori".

Boom di cassa integrazione: in molti rischiano il posto

L'Inps ha annunciato che la cassa integrazione straordinaria da inizio anno è aumentata del 78%. "Una parte di questi lavoratori interessati alla Cigs, nel breve medio periodo, perderà il posto di lavoro – racconta Salvatore Barone – Questo è il quadro della crisi industriale, una situazione grave, che ci dice che siamo in pre-recessione, perché sono tutti dati che evolvono in senso negativo e quindi acuiscono ulteriormente il ritardo dell’industria e della manifattura italiana negli interventi di investimenti, di innovazione, di ricerca". Ogni volta che si parla di provvedimenti "non c'è mai un piano di grandi investimenti – continua – e ciò significa che siamo in un processo dove il declino industriale del nostro paese si accentua sempre di più e rischiamo di perdere la collocazione che abbiamo di seconda manifattura in Europa".

"Abbiamo sul tavolo un problema importantissimo come quello di Piaggio Aerospace in provincia di Savona – ricorda Barone – lì si fanno droni, sia militari che civili, che hanno bisogno di investimenti importanti per ridare commesse e, nonostante gli impegni che questi venissero dati entro il 15 giugno, non abbiamo notizie della situazione". A metà di questa settimana ci sarà l’incontro, "vedremo se ci sono novità – continua – perché lì ci sono 600 lavoratori in cassa integrazione e parliamo di un’industria altamente qualificata, specializzata e innovativa, dove centinaia di giovani ingegneri sono tentati di andare all’estero a lavorare, giovani formati che perderemmo come risorse".

Il governo non ha fatto "né più né meno dei precedenti"

"Il mio giudizio sul governo non può essere che negativo – spiega il responsabile delle politiche industriali della Cgilnon basta la buona volontà di convocare gli incontri, non c’è nessun cambio di marcia da parte di questo governo". Ma la cosa più preoccupante, secondo Barone, è che "rispetto ai casi che erano già aperti, questo governo non ha fatto tutte le verifiche, i controlli e i monitoraggi necessari, come nel caso Whirpool". Al ministero "considero inadeguata la struttura, ci deve essere un rafforzamento chiaro – spiega – Se hai un’idea di politica industriale e vuoi rimettere al centro il tema del lavoro, dell’occupazione e dello sviluppo industriale del paese non puoi assegnare a due persone la gestione di tutti questi tavoli". Secondo Barone "è un problema di numero ma anche di competenze e di relazioni, devi mettere insieme una cabina di regia importante, una struttura significativa per affrontare questi temi con un’idea di cosa serva al Paese, quali settori devi sviluppare, quali devi difendere, quali devi convertire".

"Serve sburocratizzare, perché la legge sulle aree di crisi complessa è farraginosa, prevede monitoraggi poco significativi e questo governo invece perpetua un andamento che da 15 anni ad oggi dà l’idea che la manifattura non sia al centro dell’attenzione politica del Paese – spiega Barone – al momento questo governo non ha fatto né di più né di meno di quelli precedenti". Secondo il responsabile della Cgil tutti dicono che la crescita non c’è, "ma da dove viene la crescita se non c’è l’industria, l’occupazione, la ricchezza da redistribuire?". Tutto questo però "non può essere una responsabilità dei lavoratori – conclude Barone – Oggi il tema è capire cosa si fa per incrementare la produttività, altrimenti questo Paese andrà indietro".

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