Usucapione
L’usucapione dei beni immobili è un istituto che permette l’acquisto di un bene mediante l’esercizio del possesso (pacifico e pubblico) sul bene per un periodo di 20 anni. Alla base dell’usucapione c’è il principio per il quale tra il proprietario di un bene che si disinteressa del bene medesimo e un soggetto che ha cura del bene anche non essendo proprietario deve essere preferito colui che evita la rovina del bene e conserva la produttività dell’oggetto, ovviamente la preferenza (conclamata nell’usucapione) non è immediata ma richiede tempo (20 anni) e la presenza dell'esercizio del possesso continuato sul bene che si vuole usucapire.
Caratteristiche del possesso per l'usucapione e l'interruzione dell'usucapione
L'usucapione non è un fenomeno irreversibile, infatti, prima del compimento dell'usucapione il proprietario del bene può interrompere il decorso del termine di usucapione, mediante un atto che materialmente priva il soggetto usucapiente del possesso sul bene. Del resto, se il possesso del bene oggetto dell‘usucapione è il materiale esercizio del potere di fatto sul bene medesimo è evidente che privare materialmente il soggetto che sta usucapendo il bene del possesso interrompe l'usucapione del bene.
Usucapione avente ad oggetto un bene completamente altrui e usucapione di bene parzialmente altrui
Di solito l'usucapione ha ad oggetto un bene completamente altrui (e di un unico proprietario), nulla impedisce che oggetto dell'usucapione possa essere un bene completamente altrui (anche se in comunione tra più soggetti), infine nulla esclude che oggetto dell'usucapione possa essere un bene in comunione e colui che vuole usucapire è uno dei contitolari del bene (parzialmente altrui) o usucapione su bene in comunione.
Usucapione su un bene in comune
In teoria uno dei contitolari di un bene in comune (comunione ordinaria o comunione condominiale) può usucapire il bene comune (eliminando i diritti pro quota degli altri). In pratica occorre verificare se effettivamente si è verificata l'usucapione, cioè, in altre parole occorre valutare quali sono gli elementi caratterizzanti l'usucapione di un bene in comune.
Il motivo di tale necessità è deriva dal fatto che in presenza di una comproprietà è consentito ad uno dei contitolari un uso intenso del bene, senza che quest'uso possa – per forza – ledere i diritti degli altri contitolari sul bene comune.
Per l'usucapione di un bene in comune da parte di uno dei contitolari del bene è necessario non solo dimostrare di aver goduto in modo esclusivo del bene, ma anche di aver escluso gli altri contitolari dell'uso del bene in comune.
Infatti, il comproprietario pro indiviso che pretende di aver usucapito il bene deve dimostrare, non solo di averne goduto in via d'esclusività (il che non è incompatibile con la propria posizione di titolare quotista, il quale può fruire anche di tutte le utilità del bene, ove gli altri comproprietari non dissentano e non rivendichino, a loro volta concorrente fruizione), ma di averlo fatto escludendo gli altri comproprietari, cioè apertamente contrastando il loro comune diritto, così da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.
Prova dell'usucapione di un bene in comune da parte di uno dei contitolari
Per provare l'usucapione di un bene in comune da parte di uno dei contitolari occorre allegare specifiche circostanze, univocamente dimostrative di una condotta, palese ed estrinseca, attraverso la quale uno dei comproprietari, avrebbe inteso godere del bene come se fosse di sua esclusiva proprietà, escludendo gli altri comproprietari.
In concreto, ai fini della prova degli elementi costitutivi dell'usucapione – il cui onere grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva – la prova della sola coltivazione del fondo non è sufficiente per dimostrare l'usucapione di un bene in comune, perché, di per sé, non esprime, in modo inequivoco, l'intento del coltivatore di possedere per se escludendo gli altri contitolari (anzi potrebbe coltivare anche per gli altri).
Ai fini dell'usucapione del bene in comune occorre che dalla specifica attività materiale posta in essere si possa desumere che essa è svolta "uti dominus" e tale intento deve essere palese.
Infatti, l'interversione nel possesso non può avere luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore, dalla quale sia possibile desumere che il detentore abbia iniziato ad esercitare il potere di fatto sulla cosa esclusivamente in nome proprio e non più in nome altrui, in modo che il titolare del bene sia posto in grado di rendersi conto dell'avvenuto mutamento del possesso del soggetto che vuole usucapire e della concreta opposizione al possesso del titolare.
Cass., civ. sez. II, del 23 ottobre 2018, n. 26751