Diritto dei figli ad avere rapporti con entrambi i genitori
L'art. 337 ter cc codifica il principio generale relativo ai rapporti con i genitori e con il resto della famiglia, in particolare è stato previsto che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, (da entrambi deve ricevere educazione e istruzione) e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Questo articolo potrebbe sembrare inutile e una semplice dichiarazione di principi astratti, ma, in realtà diventa fondamentale nel momento in cui, intervenuta la crisi del matrimonio, il genitore al quale sono affidati i figli deve recarsi in un'altra citta per lavoro oppure, addirittura, all'estero.
Ecco, che per valutare se tale trasferimento è legittimo occorre considerare il diritto dei figli ad avere rapporti con entrambi i genitori e il diritto del figlio a ricevere le cure di entrambi i genitori.
Sempre nell'interesse dei minori, in caso di trasferimento, occorre valutare anche la lesione del diritto ad avere una continuità nelle abitudini di vita e, di conseguenza, quale dei due genitori può assicurare tale continuità.
Il diritto dei minori alla continuità delle abitudini di vita
Il trasferimento all'estero potrebbe non essere nell'interesse dei minori quando almeno uno dei genitori ha la possibilità di garantire ai figli al continuità delle abitudini di vita, se, invece, entrambi i genitori (ad esempio per i continui trasferimento per motivi di lavoro, con connessi trasferimenti di citta e di casa) non sono in grado di poter offrire ai minori una tale continuità risulta evidente che tale elemento perde di rilevanza, poiché i minori non hanno una continuità delle abitudini di vita.
Quindi, in presenza di un trasferimento dei minori all'estero, può essere escluso il pregiudizio per i minori quando entrambi i genitori (oppure quello che si duole del trasferimento) non è in grado di assicurare ai figli "quella continuità di abitudini di vita che invoca come ragione prevalente per opporsi al trasferimento dei figli con l'altro genitore all'estero.
L'affidamento effettivo del minore come presupposto per impedire il trasferimento
In presenza di un trasferimento non concordato, di fatto, vengono violati due elementi: il diritto di entrambi i genitori a decidere sulle questioni relative ai figli (come la loro residenza) e, soprattutto, il diritto di uno dei genitori di avere un rapporto continuativo con i figli.
In presenza di questi due elementi potrebbero esserci delle richieste strumentali di ripristino della situazione quo ante (eliminare il trasferimento) anche in assenza di un rapporto tra il figlio trasferito e il genitore che chiede il rispetto della residenza pregressa.
Verifica dell'esercizio concreto del diritto ad avere un rapporto continuativo con i figli
In altre parole, occorre valutare se il trasferimento del minore è un elemento che viola il diritto del figlio (e del genitore) ad avere un rapporto continuativo, oppure, il trasferimento si innesta in una situazione nella quale già ex ante non era esercitato il rapporto figlio – genitore e rappresenta solo una violazione degli accordi relativi alla gestione della prole.
A tal fine, si deve verificare, in presenza di una titolarità congiunta dei diritti di custodia del minore, se il genitore che ne lamenta la violazione li abbia in concreto esercitati e cioè se l'iniziativa del trasferimento all'estero non solo abbia arbitrariamente variato il luogo di residenza del minore prima concordato con l'altro genitore, ma abbia anche pregiudicato il rapporto di effettiva cura del minore da parte del genitore coaffidatario, impedendogli di continuare a soddisfare le molteplici esigenze fondamentali del figlio e, a quest'ultimo, di mantenere consuetudini e comunanza di vita, ancorchè in misura inferiore rispetto all'altro genitore.
Altrimenti, l'ordine di ristabilimento della custodia verrebbe indebitamente ad integrare la tutela del solo diritto del genitore di stabilire o concordare la residenza del minore, violato a seguito del trasferimento illegittimo, e si risolverebbe in un non consentito ampliamento delle modalità concrete di esercizio del diritto di custodia, con sostanziale modifica ampliativa del regime di affidamento e delle precedenti condizioni di vita quotidiana del minore stesso.
Del resto, è opportuno ricordare che secondo la convenzione dell'Ala del 25 ottobre 1980, resa esecutiva con legge 15 gennaio 1994 n. 64, diretta a proteggere il minore contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro nel luogo in cui si svolge la sua abituale vita quotidiana, ripristinando lo "status quo ante", i diritti compresi nel "diritto di affidamento" devono essere effettivamente esercitati al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro.
Cass. civ. sez. I del 7 febbraio 2017 n 3194