Eredità e legato
L'eredità e il legato sono i due istituti attraverso i quali si può disporre del proprio patrimonio per il tempo successivo alla propria morte.
Con la nomina dell'erede si lascia ad un soggetto tutto o solo una parte del proprio patrimonio, con il legato si lasciano singoli beni determinati.
A norma dell'art. 588 c.c. si ha istituzione di erede quando l'istituito, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata, sia chiamato nell'universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio ereditario.
La differenza non è solo quantitativa, ma è anche sostanziale, in quanto l'erede risponde anche dei debiti del de cuius, il legatario non risponde dei debiti del de cuius.
Il lascito a titolo di erede presuppone l‘accettazione dell'erede, mentre l'acquisto del legato è automatica.
Attribuzione generica di beni come quota del patrimonio
Se, in teoria, distinguere tra un lascito a titolo di erede o di legato è relativamente semplice, in pratica la situazione può essere più complicata, infatti, può capitare che venga lasciato un bene (o più beni) come rappresentazione della quota dell'eredità.
L'ipotesi è prevista dall'art. 588 comma 2 cc il quale prevede un singolo lascito di beni determinati come rappresentativo di una quota dell'intero patrimonio.
In base al secondo comma del 588 cc viene introdotto un criterio di interpretazione del testamento ricavato dall'intenzione del testatore di assegnare beni determinati come quota del patrimonio. Pertanto, alla stregua del secondo comma dell'art. 588 c.c., anche l'assegnazione di determinati beni (instituzione ex re certa) o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, tutte le volte che, risulti che il testatore abbia inteso assegnare quei beni come quota del suo patrimonio, considerandoli, cioè, nel loro rapporto con il tutto.
In base alla regola dettata dal secondo comma dell'art. 588 c.c., a fine di attribuire al lascito il carattere di disposizione a titolo universale, non è necessario che la qualifica di erede sia stata espressamente attribuita dal testatore nel testamento, se risulta che il bene o il complesso di beni sono stati attribuiti come quota del patrimonio.
Beni non compresi o sopravvenuti e la forza espansiva dell'instituzione ex re certa 588 cc
Chiarito che in assenza di qualificazione del testatore (come legato o erede) l'attribuzione di beni specifici potrebbe essere un lascito a titolo di erede quanto il lascito rappresenta (è fatto come) una quota del patrimonio del de cuius, occorre valutare cosa accade ai beni non compresi nel lascio (ed esistenti al momento del lascito) e/o sopravvenuti al lascito (acquisito dopo il lascito).
Sul punto le ricostruzioni che sono state prospettate sono due: a) colui che ha ricevuto l'istituzione ex re certa non partecipa alla successione dei beni non compresi nel lascito ex ar.t 588 c; b) colui che ha ricevuto l'istituzione ex re certa concorre con la successione ab intestato (se si apre) nei limiti del valore della sua quota.
La successione ab intestato e l'istitutio ex re certa
Il principio che viene accolto è quello secondo il quale institutio ex re certa (può) non attribuire all'istituito la qualità di unico erede.
Quando l'istitutio non comprende la totalità dei beni, i beni non compresi nell'istitutio (e in assenza di altre disposizioni istitutive) si devolvono secondo le norme della successione legittima ai sensi dell'art. 457 comma 2 c.c.
Infatti, il lascito di un bene determinato, se vale istituzione di erede, esprime una quota del patrimonio; laddove questa, singolarmente considerata o in concorso con altra quota, non copra l'intero, cioè non raggiunga la c.d. unità, deve aprirsi, giusto il capoverso dell'art. 457 c.c., la successione legittima, così come accade ove sia espressamente prevista la frazione numerica della quota in cui un soggetto è chiamato a succedere.
L'attribuzione della qualità di erede deriva dall'assegnazione (da parte della legge o del testamento) dell'universalità o di una quota dei beni del testatore (588 comma 1 cc). L'assegnazione di una quota ereditaria, può anche avvenire attraverso l'indicazione di beni determinati, quando risulti che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio (588 comma 2 cc).
La differenza fra il primo e il secondo caso consiste in questo: nel primo la determinazione numerica della quota è espressamente indicata nel testamento, nel secondo caso la determinazione avviene a posteriori in base al rapporto fra il valore dei beni assegnati e il valore del patrimonio del quale essi rappresentano una frazione.
«L'institutio ex re certa, quando non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell'art. 457, comma 2, c.c. ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del primo comma, sia ai sensi del secondo comma dell'art. 588 c.c., non ricostituiscono l'unità.
Il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell'istituito ex re certa, va inteso nel senso che l'acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti».
«La qualifica di erede universale nella scheda testamentaria, associata all'attribuzione di un singolo bene o di un complesso di beni, pur potendo costituire un elemento valutabile di fini dell'indagine diretta ad accertare l'eventuale intenzione del testatore di assegnare quei beni come quota del patrimonio, ai sensi dell'art. 588, comma 2, c.c., non giustifica, di per sé, l'attribuzione degli altri beni menzionati nel testamento e non attribuiti, occorrendo a tal fine che sia ricavabile dal complessivo contenuto del testamento una disposizione nell'universalità del patrimonio ai sensi dell'art. 588, comma 1, c.c.»
Cass., civ. sez. II, del 3 luglio 2019, n. 17868