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Opinioni

Servitù contenute nel regolamento di condominio o nell’atto di acquisto

La Cassazione del 19.3.2018 n. 6769 ha affermato che in assenza di trascrizione, i limiti posti dal regolamento di condominio alla destinazione delle proprietà esclusive (servitù) valgono nei confronti del terzo acquirente se ha preso atto della servitù in maniera specifica nel contratto d’acquisto. L’eccezione relativa alla mancata trascrizione di una clausola del regolamento di condominio, contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, non è sottoposta alle preclusioni processuali.
A cura di Paolo Giuliano
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Villa Lubin a Roma, sede del Cnel

I limiti al diritto alla proprietà contenuti nel regolamento di condominio

Leggendo i regolamenti di condominio, molto spesso ci si imbatte in divieti posti a carico dei proprietari, questi divieti possono riguardare

  • la mera gestione dei beni comuni (condominiali) ex art. 1117 cc, come ad esempio, il divieto di far giocare i bambini nel cortile del condominio,
  • l'uso dei singoli appartamenti privati, come ad esempio il divieto di adibire l'immobile ad una particolare destinazione d'uso (ad esempio il divieto di destinare l'appartamento ad albergo)

Si tratta, in altri termini, di distinguere tra mera attività regolamentare dell'uso dei beni comuni (ex art. 1117 cc) come il parcheggio turnario nel cortile del condominio, dai veri e propri limiti alla proprietà.

La distinzione assume rilevanza in quanto le vere e proprie limitazioni alla proprietà (privata) devono trovare una loro specifica natura giuridica, occorre individuare le modalità con le quali possono essere imposte e, infine, occorre, comprendere quali formalità devono essere seguite per rendere opponibili tali limitazioni ai terzi.

Natura giuridica dei limiti imposti alla proprietà privata contenute nel regolamento di condominio

I limiti all'uso della proprietà privata (come, ad esempio, i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive) contenuti nel regolamento di condominio sono stati qualificati come delle servitù atipiche in quanto incidono non sull'estensione del diritto, ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino.

Di solito, si tratta, di servitù reciproche, poste a carico e a favore di ogni unità immobiliare compresa nel condominio, ma non è da escludere che la limitazione riguardi solo un determinato appartamento.

Costituzione dei limiti alla proprietà privata

Una volta identificata la natura giuridica delle limitazioni al diritto di proprietà sull'immobile privato, occorre valutare come è possibile introdurre tale limite.

In modo semplificato si può affermare che almeno due possono essere le modalità con le quali possono essere costituite tali servitù: a) con il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'immobile, b) con una delibera dell'assemblea.

La delibera dell'assemblea richiede il consenso di tutti i proprietari (in altri ermini una servitù non può essere imposta a maggioranza) solo con il consenso (scritto) di tutti i proprietari è possibile superare i limiti ai compiti e ai poteri posti dal legislatore all'assemblea.

Il limite alla proprietà può essere inserito nel contratto di acquisto dell'appartamento oppure compreso nel regolamento di condominio predisposto dall'originario ed unico proprietario (occorre distinguere l'ipotesi di regolamento redatto dall'originario e unico proprietario su delega degli acquirenti).

Limite alla proprietà contenuto nel primo atto di vendita (costitutivo del condominio)

Le pattuizioni contenute nell'atto di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini, ovvero relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunciate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche: ne consegue l'invalidità delle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitano il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, come delle unità immobiliari di proprietà esclusiva (Cass. civ. sez. II del 9 gennaio 2019 n. 322).

Rientrano nelle limitazioni alla proprietà l'obbligo di non apportare modifiche al bene o alla destinazione del bene) o il divieto di apportare modifiche al bene; gli impegni contrattuali di non apportare modifiche di alcun tipo o consistenza nelle unità immobiliari comprese in un più ampio complesso edilizio si spiegano, invero, come costitutivi di servitù reciproche, giacché, appunto, consistenti nell'assoggettare al peso della immodificabilità ciascuna porzione di proprietà esclusiva a vantaggio di tutte le altre o delle cose comuni, comportando limitazioni alle facoltà ed ai poteri dominicali, il che rende altrimenti superfluo l'esame circa il pregiudizio che le modifiche eseguite esse arrechino all'edificio o a parti di esso (Cass. civ. sez. II del 9 gennaio 2019 n. 322)

Trattandosi di servitù di fonte convenzionale, la sua estensione e le modalità del suo esercizio vanno desunte necessariamente dal titolo, il quale deve contenere tutti gli elementi atti ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario, restando inefficaci, per detti fini, le clausole cosiddette di stile. (Cass. civ. sez. II del 9 gennaio 2019 n. 322)

Peraltro, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1063, 1064 e 1065 c.c., ove la convenzione manchi di sufficienti indicazioni, divengono operanti i criteri di legge, in forza dei quali il diritto di servitù comprende quanto necessario per farne uso e deve essere esercitato in modo da consentire di soddisfare il bisogno del fondo dominante, senza peraltro impedire al proprietario del fondo servente la realizzazione di opere che non incidano sulla utilitas essenziale determinata dal titolo. (Cass. civ. sez. II del 9 gennaio 2019 n. 322)

Trascrizione dei limiti alla proprietà esclusiva contenuti nel regolamento di condominio

Come ogni servitù, per l'opponibilità ai terzi è necessaria la trascrizione.

Quando, però, la servitù è presente in un regolamento di condominio, la situazione si complica in quanto, da un lato, il regolamento di condominio (in quanto tale non è trascrivibile, dall'altro, il regolamento di condominio contiene una serie di regole che riguardano il mero funzionamento degli organi del condominio e non sono limiti alla proprietà privata.

Modalità della trascrizione del regolamento condominio che costituisce una servitù sulle proprietà esclusive

Le strade che possono essere seguite sono sostanzialmente due: a) trascrizione generica dell'intero regolamento di condominio, con indicazione nella nota di trascrizione genericamente del regolamento di condominio , b)  oppure trascrizione (con indicazione nella nota) della specifica clausola del regolamento di condominio che costituisce la servitù.

Attualmente ai fini dell'opponibilità ai terzi (di solito acquirenti successivi dell'immobile) si tende a ritenere idonea solo la trascrizione specifica della clausola che limita la proprietà e non la trascrizione (generica) dell'intero regolamento di condominio.

Mancata trascrizione del regolamento di condominio, richiamo nell'atto di acquisto del regolamento

Resta da chiedersi se una servitù contenuta in un regolamento di condominio non trascritto è opponibile ai terzi acquirenti l'immobile.

Anche in tale ipotesi le ricostruzioni che possono essere seguite sono sostanzialmente due: a) in assenza di trascrizione del regolamento di condominio la servitù non è opponibile; b) in assenza di trascrizione del regolamento di condominio la servitù è opponibile ai terzi solo se nell'atto di acquisto non è richiamato genericamente il regolamento, ma è indicata in modo chiaro ed espresso l'esistenza della servitù.

Quest'ultima è l'interpretazione che si sta applicando, infatti, si sostiene che in assenza di trascrizione, le disposizioni del regolamento che stabiliscano i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto.

Di conseguenza, in mancanza della certezza legale della conoscenza della servitù da parte del terzo acquirente, derivante dalla trascrizione dell'atto costitutivo, occorre verificare la certezza reale della conoscenza di tale vincolo reciproco, certezza reale che si consegue unicamente mediante la precisa indicazione (nel contratto) dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto.

Regolamento di condominio e preclusioni o decadenze processuali

Ultimo punto da affrontare è se l'eccezione di non opponibilità delle servitù reciproche che siano contenute nel regolamento di condominio, ma non indicate in apposita nota di trascrizione, sono oggetto alle preclusioni e decadenze processuali.

"La questione relativa alla mancata trascrizione di una clausola del regolamento di condominio, contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, ed alla conseguente inopponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un'eccezione in senso stretto, quanto di un'eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie".

Cass., civ. sez. II, del 19 marzo 2018, n. 6769

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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