Chiusura del processo di cognizione e successiva sentenza
Il giudice istruttore quando ritiene la causa matura per la decisione, fissa l'udienza per la precisazione delle conclusioni, in tale udienza, dopo che le parti hanno formulato le loro conclusioni, il giudice ai sensi dell'art. 190 cpc concede termine per il deposito delle comparsa conclusionali e delle memorie di replica conclusionali.
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Spirato tale termine il fascicolo processuale viene (di fatto) preso in consegna dal G.I. il quale ha circa 60 giorni per depositare la sentenza.
Omesso deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica
Il deposito della comparsa conclusionale e/o della memoria di replica conclusionale non è un obbligo delle parti processuali, ma si tratta solo di una scelta discrezionale, in altri termini ogni parte pur avendo il diritto al deposito degli atti indicati nell'art. 190 cpc può discrezionalmente scegliere se esercitare (o meno) tale diritto.
Sentenza emessa prima dello scadere dei termini previsti dall'art. 190 cpc
Resta da chiedersi se i termini previsti dall'art. 190 cpc sono vincolanti anche per il G.I. In poche parole occorre chiedersi se il giudice per emettere la sentenza deve attendere il decorso dei termini ex art. 190 cpc oppure può emettere la sentenza anche prima del decorso dei termini previsti dall'art. 190 cpc.
E, nell'ipotesi in cui il giudice non può mettere la sentenza prima del decorso dei termini previsti dall'art. 190 cpc la nullità che colpisce la sentenza è automatica, oppure, la sentenza è nulla solo se la parte processuale dimostri dia ver avuto un pregiudizio per non aver potuto depositare le memorie previste dall'art. 190 cpc.
Nullità della sentenza emessa prima dalla scadenza dei termini prevista dall'art. 190 cpc
E' nulla la sentenza emessa dal giudice prima della scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c., in quanto risulta per ciò solo impedito ai difensori l'esercizio, nella sua completezza, del diritto di difesa.
E' nulla la sentenza emessa prima della scadenza dei termini ex art 190 cpc solo se è provato un pregiudizio effettivo e concreto della parte
Secondo una tesi la nullità della sentenza emessa prima dello scadere dei termini previsti dall'art. 190 cpc è nulla, ma la nullità è subordinata alla prova che la parte che invoca la nullità ha subito un concreto pregiudizio derivante dal fatto che non ha potuto depositare le memorie previste dall'art. 190 cpc
Secondo questa tesi è corrispondente al principio del ragionevole durata del processo esigere che il difensore il cui atto difensivo è stato pretermesso indichi quali difese avrebbe articolato a vantaggio della propria posizione ed in qualche modo dimostri in concreto il pregiudizio che la mancata piena esplicazione delle sue facoltà difensive ha recato al suo patrocinato.
Di conseguenza si afferma che la sentenza la cui deliberazione risulti anteriore alla scadenza dei termini ex art. 190 cod. proc. civ., nella specie quelli per il deposito delle memorie di replica, non è automaticamente affetta da nullità, occorrendo dimostrare la lesione concretamente subita in conseguenza della denunciata violazione processuale, indicando le argomentazioni difensive – contenute nello scritto non esaminato dal giudice – la cui omessa considerazione avrebbe avuto, ragionevolmente, probabilità di determinare una decisione diversa da quella effettivamente assunta.".
Senza che sia necessario verificare la sussistenza, in concreto, del pregiudizio che da tale inosservanza deriva alla parte, giacché, trattandosi di termini perentori fissati dalla legge, il mancato rispetto di essi è già stato valutato dal legislatore, in via astratta e definitiva, come autonomamente lesivo, in sé, del diritto di difesa .
E' nulla la sentenza emessa prima della scadenza dei termini ex art 190 cpc senza che sia necessario provare un pregiudizio effettivo e concreto subito dalla parte
E' nulla la sentenza emessa dal giudice prima della scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c., senza che occorre provare un pregiudizio effettivo e concreto, in quanto è stato impedito ai difensori l'esercizio, nella sua completezza, del diritto di difesa.
Deve ribadirsi che si tratta di una sanzione (nullità) posta a presidio e tutela di un termine perentorio, in cui è la legge stessa a compiere una prevalutazione di carattere generale della rilevanza del termine, posto a tutela del diritto di difesa e del contraddittorio.
Nel caso in cui la norma preveda la (doverosa) concessione di termini perentori da parte del giudice entro i quali le parti hanno facoltà di svolgere una specifica attività difensiva, è di tutta evidenza che la loro mancata concessione, ovvero la loro violazione (con l'emissione della sentenza pendenti ancora i termini per il deposito delle comparse conclusionali) non può che comportare in re ipsa la compressione delle relative facoltà difensive delle parti medesime, con conseguente nullità processuale.
Ciò proprio perché il legislatore ha effettuato, sul piano generale, una valutazione sulla consequenziale lesione del diritto di difesa, che non deve essere provata da chi la eccepisce, non restando essa demandata alla ponderazione del giudice.
Quando viene depositata la sentenza prima dello scadere dei termini previsti dall'art. 190 cpc viene soppresso in modo radicale, per errore del giudice, un momento difensivo irrecuperabile prima della conclusione del giudizio di primo grado con il deposito della decisione, perché non c'è uno spazio logico\cronologico nel quale potere recuperare l'ultima attività di argomentazione e difesa della parte prima della decisione: se per qualche motivo alla parte non viene consentito di depositare le memorie conclusive, questa attività difensiva è perduta per sempre, perché il processo in quel grado si è concluso: è quindi una attività che deve essere svolta a pena di nullità perché irrecuperabile in quel grado di giudizio.
La sua perdita, il suo mancato svolgimento / comporta, per ciò stesso, una lesione attuale del diritto al contraddittorio, cioè del diritto della parte che scelga di fruire, nel processo civile, di una difesa in giudizio, a che essa si possa svolgere in modo completo, nel rispetto di tutte le facoltà e i diritti consentiti dal codice, senza che possa rilevare il giudizio sulla qualità della difesa, ovvero se quella attività integrasse o meno una buona difesa.
Cass., civ. sez. III, del 13 novembre 2019, n. 29354