“Se sbaglio, rischio di pagare”. Così un giudice decide di non emettere sentenza
La nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati potrebbe rivelarsi in qualche modo controproducente per l’imparzialità di giudizio. La paura di sbagliare ha infatti bloccato un giudice della sezione penale del tribunale di Treviso, che non ha emesso la sentenza e si è limitato a rinviare alla Corte Costituzionale il procedimento di cui era titolare. Il motivo è semplice: in caso di errore, sarebbe stato lui a pagare, come stabilito appunto dalla riforma della giustizia, approvata lo scorso febbraio.
Come riporta il Corriere del Veneto, il magistrato avrebbe dovuto pronunciarsi sulle responsabilità di un locatario di un capannone nel quale erano stati trovati 47 quintali di sigarette di contrabbando. "Dal dibattimento sono emersi solo elementi indiziari – spiega – e la valutazione di questi è particolarmente difficile e rischiosa in ordine alla correttezza dell'esito del giudizio". Per il giudice, evidenzia Andrea Priante, è in questi casi che si "manifestano i riflessi negativi e costituzionalmente illegittimi della nuova disciplina delle responsabilità civile dei magistrati". "Il giudice – sottolinea lo stesso giudice – deve essere libero di valutare le prove senza temere conseguenze negative a seconda dell'esito del giudizio". "Qui si manifestano i riflessi negativi e costituzionalmente illegittimi della responsabilità civile dei magistrati", aggiunge.
Per il giudice in questione bisogna dunque garantire l’assenza di responsabilità personale del singolo magistrato è fondamentale. Questa legge, secondo il magistrato, lo espone a dei veri pericoli: “Se il giudice sa che la sua attività può comportare una responsabilità per danni – spiega – sarà portato, quale uomo, a preferire l’opzione meno rischiosa e ciò, in particolare, nei processi più insidiosi ove, per ipotesi, la prova è indiziaria o dove sono in gioco rilevanti interessi economici”. Da qui la necessità di “reintrodurre la clausola di salvaguardia nell’azione di rivalsa esercitata dallo Stato nei confronti del magistrato”, afferma.