Il diritto di chiedere e ottenere la divisione
Lo stato di comunione (contitolarità di uno o più beni) tra più persone è visto con sfavore dal legislatore (per le difficoltà di gestione dei beni e per le contestazioni che possono sorgere tra i contitolari).
Per questo lo stesso legislatore attribuisce ad ogni partecipante alla comunione il diritto di chiedere la divisione (giudiziale o se possibile amichevole) ponendo fine alla comunione.
Infatti l'art. 1111 cc prevede che ciascuno dei partecipanti alla comunione può sempre domandare lo scioglimento della comunione stessa.
La scelta di chiedere la divisione è una scelta volontaria (discrezionale) e trattandosi di un diritto che dipende da una valutazione discrezionale del titolare nulla esclude che il titolare possa rinunziare alla domanda di divisione (ad esempio perché si otterrà una divisione amichevole, oppure perché – eliminati gli screzi tra i contitolari – lo stato di comunione può continuare a esistere).
Rinunzia alla domanda di divisione
Una volta chiesta la divisione giudiziaria la relativa domanda è disponibile, nel senso che può essere abbandonata o può essere oggetto di rinunzia, di fatto, in questo modo (se non si procede ad una divisione amichevole/contrattuale) è evidente che lo stato di comunione permane.
Una eventuale rinunzia alla domanda di divisione pone due questioni: a) se la rinunzia alla domanda di divisione impedisce la riproposizione della medesima domanda di divisione; b) se quando l'effetto che consegue alla rinunzia alla domanda di divisione, è quello di far rimanere intatto lo stato di comunione, un tale effetto può essere equiparato al patto di restare in comunione ex art. 1111 cc
La rinunzia alla domanda di divisione, rinunzia al diritto di chiedere la divisione e riproposizione della medesima domanda di divisione
Quanto alla questione se la rinunzia alla domanda giudiziale di divisione può essere equiparata alla rinunzia ala diritto di richiedere (sempre e comunque) la divisione la risposta è negativa.
Infatti, in base all'art. 1111 comma 1 cod. civ., è facoltà del comunista poter sempre chiedere la divisione del bene comune, sicché la rinunzia all'azione intrapresa per pervenire alla divisione del bene comune non comporta il venir meno definitivo della facoltà di chiedere la divisione, poiché così previsto dalla legge.
Anche se la rinunzia la domanda di divisione ha come effetto il permanere dello stato di comunione. Una tale ricostruzione, che – di fatto – renderebbe indivisibile una comunione – sarebbe in contrasto anche con il limite temporale decennale previsto per il patto di restare in comunione imposto dal medesimo art. 1111 cc.
Accordo o patto volontario di non chiedere la divisione
L'art. 1111 cc ammette e regola l'accordo o il l patto (volontario) di rimanere in comunione, un tale accordo è valido, ma non deve superare i dieci anni, nei limiti dei 10 anni tale accordo ha effetto (è opponibile) anche per gli aventi causa dai partecipanti. Se è stato stipulato per un termine maggiore, questo si riduce a dieci anni.
Quanto poi alla violazione (e conseguenze processuali) del patto di non chiedere la divisione, disciplinato dalla norma in comma 2 art. 1111 cod. civ., va rilevato come detto patto non condiziona la validità dell'instaurato procedimento, bensì solo la possibilità dell'attore di ottenere sentenza favorevole – natura propria della condizione dell'azione -.
Di conseguenza, la domanda di divisione proposta entro il termine decennale dalla pattuizione di restare in comunione, il Giudice dovrà rigettare la domanda di divisione proposta, mentre se la pronunzia interviene decorso detto termine, nulla osta alla decisione favorevole.
Occorre osservare che la rinunzia alla domanda di divisione (1111 comma 1 cc) come il patto di non chiedere la divisione (1111 comma 2 cc) hanno un effetto identico: far restare immutata la comunione. quindi, occorre chiedersi se l'eventuale rinunzia alla domanda di divisione (con conseguente perdurare della comunione) determina un patto di restare in comunione.
Il disposto ex comma 2 art 1111 cod. civ. si limita a disciplinare l'eccezione alla libertà della parte di chiedere la divisione, rappresentata dalla durata del patto di rimanere in comunione, senza cenno alcuno alla facoltà di agire in giudizio di cui al primo comma e/o all'applicabilità alla rinunzia alla domdan di divisione proposta ex art. 1111 comma 1 .
Cass., civ. sez. II, del 4 giugno 2019, n. 15177