La nuova normativa
La riforma del condominio, approvata con legge del 11 dicembre 2012 n. 220, non ha solo rinnovato l’istituto condominiale adeguandolo ai tempi moderni, ma ha anche certato di eliminare le lacune che si erano evidenziate nel corso degli anni.
La riforma ha inciso profondamente sulla figura dell’amministratore, escludendo figure di “improvvisati” gestori di edifici, richiedendo persone sempre più specializzate nella conoscenza del codice civile, poiché il condominio è un istituto giuridico che coinvolge (anche solo per esigenze operative) tutte le altre norme del codice civile (dalle obbligazioni, ai contratti, ai diritti reali).
La riforma non ha inciso solo sulla professionalità (e conoscenze giuridiche) dell’amministratore, ma ha anche modificato i suoi obblighi verso i proprietari, soprattutto, relativamente alle modalità di gestione, non tanto e non solo dei beni condominiali ex art. 1117 c.c., ma, soprattutto, delle somme gestite (in entrata e in uscita) e delle modalità di descrivere l’uso di detti introiti (il c.d. rendiconto).
Il motivo di tale scelta può essere rintracciato nella vita di tutti i giorni, basta pensare all’esigenza di evitare che, ciclicamente, ogni edificio si trovi nell’impossibilità di ottenere la gestione contabile o nell’impossibilità di ricostruire la propria gestione contabile (si tratta di veri e propri fallimenti condominiali). Onde impedire il verificarsi di tali situazioni il legislatore ha imposto regole molto severe e complesse, che, ad un anno dall’approvazione della legge di riforma, occorre mettere bene in chiaro.
I principi alla base della gestione contabile condominiale
Una prima serie di norme individua i principi generali a cui l’amministratore deve attenersi nella gestione delle somme del condominio a lui affidate (che, come vedremo, servono anche ai fini della redazione del rendiconto).
I principi alla base della gestione contabile condominiale (obbligo di ricostruzione, obbligo di verifica immediata o riscontro immediato delle operazioni contabili del condominio)
Infatti, l’art. 1129 comma 7 c.c. impone all’amministratore di aprire (e di usare ex art. 1129 comma 12 n. 3 c.c.) uno specifico conto corrente intestato al condominio.
La ratio della norma è soprattutto quella di evitare che si possa confondere il patrimonio del singolo amministratore con il “patrimonio” del condominio (cioè con le somme dei singoli proprietari e in possesso dell’amministratore al fine di pagare le spese dell’edificio), in altri termini, la norma vuole che si possa immediatamente distinguere il patrimonio del singolo amministratore dalle somme di denaro gestite per conto dei proprietari.
Altra ratio della norma è quella di poter immediatamente verificare il rendiconto mediante un semplice controllo incrociato tra le operazioni (in entrata e in uscita) presenti sul rendiconto e quelle presenti sul conto corrente del condominio. Si potrebbe anche osservare che il conto correte del condominio assolve ad una funzione (immediata) di verifica e controllo simile a quella esercitata dal collegio sindacale nelle società con una notevole differenza economica: il costo della verifica e del controllo nel condominio è praticamente inesistente.
Per rendere effettivo questo principio il legislatore ha previsto la revoca dell’amministratore che non apre e non usa il conto corrente intestato al condominio (1129 comma 12 n. 3 c.c.).
In questo nuovo contesto diventa anomalo il comportamento dell’amministratore che non fornisce a tutti i proprietari gli estremi del conto corrente intestato al condominio e non agevola i versamenti diretti dei proprietari sul conto corrente.
Il medesimo articolo prevede che (1129 comma 7 c.c.) che “L'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell'amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica” Quest’ulteriore obbligo impone all’amministratore di far transitare (in entrata e in uscita) sul conto del condominio tutte le somme ricevute (dai proprietari o da terzi).
Il primo elemento da evidenziare è che la norma non pone un limite (minimo o massimo) di valore, quindi, ogni movimento (in entrata e in uscita) deve passare dal conto corrente, indipendentemente dall’importo (anche l'acquisto di un francobollo dovrà risultare dal conto corrente !).
Quindi, se l'amministratore incassa euro 100, è scorretta la contabilità con la quale paga 20 per la pulizia e versa solo 80 sul conto corrente (giusto versare 100 sul conto e poi prelevare 20 per pagare la spesa di pulizia).
Questo spiegherebbe anche perchè l’art. 1129 comma 12 n. 3 prevede la revoca dell’amministratore che non usa il conto corrente, in poche parole la locazione “usa” sanziona non solo il totale non uso del conto corrente, ma anche il non uso parziale.
Da quanto detto si potrebbe anche sostenere che nell'ambito del condominio è stato inserito un obbligo di "tracciabilità" delle operazioni contabili (in entrata e in uscita), in realtà, più che un obbligo di tracciabilità (nel senso che viene dato alla locuzione nel linguaggio comune) si è in presenza di un obbligo a carico dell'amministratore (imposto ex lege) di avere una contabilità tale da consentire una ricostruzione immediata o un riscontro immediato o una verifica immediata delle operazioni contabili (in entrata e in uscita) basato su una semplice operazione di confronto tra il registro di contabilità e l'estratto conto corrente condominiale.
In altri termini, l'amministratore di condominio come corrispettivo dell'onorario per la gestione del condominio ha l'obbligo di fare transitare tutte le entrate e le uscite dal conto corrente del condominio al fine di permettere l'immediata verifica della situazione mediante un semplice controllo tra registro di contabilità e conto corrente condominiale.
L'adempimento di tale obbligo deve anche risultare in sede di redazione del rendiconto mediante l'indicazione specifica (per ogni operazione in entrate e in uscita) delle modalità con le quali sono state effettuate le uscite (bonifico, pos, assegno ecc.) e riscosse le entrate (bonifico, pos, assegno ecc.).
Obbligo di tracciabilità ex Legge 11.12.2016 n. 232 (divieto espresso di uso del denaro contante per i pagamenti)
La conferma dell'esistenza di uno specifico "obbligo di tracciabilità" per le spese condominiali si può anche dedurre dalla Legge 11 dicembre 2016 n. 232 che con l'art. 1 comma 36 ha imposto (ai fini tributari) al condominio il pagamento dei corrispettivi mediante conti correnti (bancari o postali) intestati al condominio ovvero secondo altre modalità di pagamento tali da consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli. La violazione di tale obbligo di tracciabilità è colpito è sanzionata con una pena pecuniaria che parte da un minimo di € 250 ed arriva ad un massimo di € 2000.
In realtà, dalla norma del 2016/232 si può dedurre un divieto di uso del denaro contante per i pagamenti del condominio.
Per comprendere la situazione occorre premettere partire da un esempio relativo ad una Società denominata Ristorante spa (che gestisce un ristorante). In materia societaria, l'ente società
(Ristorante spa) ha rapporti con due tipologie di persone (diverse dalla Ristorante Spa) i fornitori dei beni e servizi (macellaio, pescatore, ecc.) e i clienti (consumatori dei pranzi). Si ripete queste due categorie di persone (fornitori e clienti) sono soggetti diversi dalla società Ristorante Spa.
Nel condominio, manca la categoria dei clienti essendoci solo la categoria dei fornitori (pulizia, enel, amministrazione ecc.), nel condominio i clienti (consumatori – fruitori) non si distinguono dal condominio stesso, quindi, quando la norma esclude l'uso del contante per i pagamenti dei fornitori, è evidente che esclude l'uso del contante per qualsiasi operazione in uscita.
Ulteriori principi alla base della gestione contabile condominiale (obbligo di far transitare tutte le operazioni in entrata e in uscita sul conto corrente condominiale)
Dal nuovo testo del 1129 comma 7 c.c. si possono anche dedurre altri principi:
- Il conto corrente potrebbe diventare il nuovo (reale) rendiconto, e, questo, spiegherebbe perché il legislatore fa riferimento al registro di contabilità in cui devono essere annotati (in ordine cronologico) i singoli movimenti, che ricorda un estratto conto bancario. In altri termini, facendo transitare tutti i movimenti sul conto corrente ci sarà la possibilità di ricostruire la gestione contabile del condominio in qualsiasi momento (in base agli estratti conto), anche solo “incrociando” i dati del rendiconto alias registro di contabilità (o le fatture e le ricevute per le spese del condominio) con i dati del conto corrente
- Sarebbe, quindi, illecita qualsiasi gestione condominiale che impedisse l’incrocio dei dati del conto corrente con i dati contenuti nel rendiconto (registro contabilità). Di conseguenza, sarebbe illecita la voce “cassa” (somme di denaro detenute in contanti presso l’amministratore e non sul conto corrente). Sarebbe illecito accettare il pagamento delle quote condominiali in “contanti” (in realtà, questa attività, è sinonimo di una gestione alquanto ballerina del condominio, che impedisce una ricostruzione a posteriori della contabilità). Dopo la riforma una gestione contabile "corretta" richiede l'eliminazione del denaro liquido (in entrata e in uscita) a favore di mezzi di pagamento elettronici o tracciabili (assegni, bonifici e pos).
- sussiste, quindi, uno specifico obbligo a carico dell'amministratore di informare (nel rendiconto) "se" è in "quale misura" è stato adempiuto l'obbligo di far transitare tutte le entrate e tutte le uscite dal conto corrente condominiale, indicando le modalità con le quali sono state eseguite le operazioni in entrata e in uscita (bonifico, pos, assegno, ecc.).
I principi alla base della gestione contabile condominiale (rendiconto annuale)
Questa è solo una parte dei nuovi obblighi a carico dell’amministratore.
Da un’altra serie di norme è possibile dedurre altri principi a cui all’amministratore del condominio deve attenersi nell’adempimento dei suoi obblighi di rendicondazione delle spese verso il condominio.
Infatti, l’art. 1130 comma 1 n. 11 prevede che l’amministratore ha l’obbligo di redigere il rendiconto condominiale annuale. Dalla locuzione “annuale” presente nel disposto dell’art. 1130 comma 1 n. 11 c.c. si può dedurre che il riferimento è all’anno solare (o all’anno civile), per cui, il rendiconto si apre a gennaio e si chiude a dicembre. Una tale ricostruzione non può essere contestata sostenendo che l'anno partirebbe dalla data di nomina dell'amministratore, in quanto il codice non fa riferimento all'anno dalla nomina dell'amministratore.
Inoltre, non si potrebbe neppure sostenere che l'anno a cui fa riferimento il codice civile potrebbe variare da condominio a condominio (ad esempio da febbraio 2014 a febbraio 2015 per il condominio alfa o da giugno 2014 a giugno 2015 per il condominio beta), in quanto, il riferimento temporale è predisposto dalla legge e non può essere deciso (o modificato) in modo discrezionale o unilaterale dall'amministratore, inoltre, il senso della riforma è quello di uniformare le varie prassi, al fine di tutelare i proprietari ed evitare che sia eluso il diritto di controllo dell'assemblea, (e l'obbligo di rendere il conto della gestione a carico dell'amministratore) modificando, ad esempio, in modo discrezionale, anno dopo anno, il riferimento temporale del rendiconto (e quindi il termine entro cui l'amministratore deve presentare i rendiconti all'assemblea) impedendo (o complicando) anche la ricostruzione contabile della gestione.
Non sarebbero rendiconti o sarebbero, quindi, illeciti
- i rendiconti parziali (inferiori all’anno es. per 8 mesi)
- i rendiconti che non coincidono con l’anno solare (es. aperti a marzo e chiusi ad aprile dell’anno successivo), in realtà, in questa situazione si sarebbe in presenza di due rendiconti (es. da marzo a dicembre 2014 e da gennaio a marzo 2015), si sarebbe in presenza di due rendiconti pluriennali (perché riferiti a due anni diversi 2014 e 2015), ed, inoltre, si sarebbe in presenza di due rendiconti incompleti e parziali (perché mancano i mesi da gennaio a marzo 2015 e da marzo a dicembre 2015)
- i rendiconti superiori ad un anno (es. per 15 mesi) c.d. rendiconti pluriennali.
Sempre l’art. 1130 comma 1 n. 11 prevede che l’amministratore oltre a redigere il rendiconto annualmente deve convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni. Questa previsione mira a colpire l’andazzo di alcuni amministratori che presentavano i rendiconti quando ritenevano opportuno (ad esempio ogni 2 anni o anche ogni 5 anni), impedendo, di fatto, all’assemblea ogni tipo di controllo sulla gestione dell’amministratore.
Questa previsione legislativa è rafforzata da un ulteriore principio previsto nell’art. 1129 comma 12 n. 1 c.c. l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, anche solo per un anno determina la revoca giudiziale dell’amministratore. E' opportuno sottolineare che anche quest'ulteriore riferimento legislativo all'anno (per la revoca) rafforza la convinzione che l'anno (per il rendiconto) sia quello ordinario che si apre il 1 gennaio e che si chiude il 31 dicembre.
L’obbligo di presentazione del rendiconto è indipendente dalla nomina di un nuovo amministratore o dalla riconferma di quello vecchio (si tratta di elementi che non incidono sulla rendicondazione). Occorre, però, sottolineare che a tutela del proprietari la nomina (o la riconferma) dell'amministratore è strettamente connessa alla presentazione dei rendiconti, in poche parole, è opportuno che i proprietari non riconfermino l'amministratore in ritardo con la presentazione dei rendiconti (quanto alla durata dell'incarico di amministratore è opportuno sottolineare che l'amministratore dura in carica un anno – civile – e alla fine dell'anno deve essere riconfermato o sostituito, non esiste un incarico biennale o automaticamente prorogato di un anno).
Inoltre, il mancato rispetto dell’obbligo di redigere i rendiconti e di convocare l’assemblea comporta a carico dell’amministratore stesso il risarcimento dei danni a favore del condominio (si pensi al caso in cui, durante il periodo in cui l’amministratore del condominio non presenta i rendiconti uno dei proprietari fallisce e non è possibile recuperare quanto dovuto) e/o la riduzione dell’onorario dell’amministrazione per il mancato rispetto degli obblighi imposti dal codice civile e assunti accettando l’incarico di amministratore.
Principi alla base della redazione del rendiconto (funzione del rendiconto)
Sempre dalle norme del codice civile è possibile dedurre altri principi in materia di redazione materiale dei rendiconti.
Definizione del rendiconto condominiale. È opportuno subito chiarire che si parla di “rendiconto” del condominio e non di “bilancio” (societario), proprio per non confondere i due documenti (e per non confondere una società di capitali o di persone con un condominio). Il rendiconto del condominio non ha nulla a che vedere con i bilanci societari e al rendiconto non sono applicabili le norme in materia societaria.
Per quanto può sembrare strano un primo nucleo di norme che regolano il rendiconto è previsto nel codice di procedura civile (art. 263 a 266 cpc). Da queste norme si può dedurre la nozione di rendiconto (e la finalità del rendiconto) e il principio per il quale un rendiconto (anche se approvato) può essere oggetto di revisione (anche con un apposito procedimento giudiziario) in presenza di errore materiale, omissione, falsità, duplicazione di partite. Si è in presenza della normativa generale in materia di rendiconto (diversa, incompatibile ed autonoma dal bilancio societario).
Il rendiconto condominiale può essere descritto come un documento che individua – descrive (anche in termini contabili) l’attività compiuta dall’amministratore (quale mandatario dei proprietari – mandanti) durante il corso dell’anno (es. i pagamenti effettuati e l’ammontare delle quote riscosse). La giustificazione di questo adempimento si trova nel fatto che l’amministratore di condominio, non gestisce somme proprie, ma di altri soggetti (i proprietari dell’edificio) e a questi ultimi (i proprietari) deve rendere il conto del suo operato.
Il rendiconto, quindi, ha una doppia valenza, perché è la descrizione dell’attività compiuta dal mandatario (per conto dei singoli proprietari) ed è un documento contabile che descrive gli importi delle operazioni compiute. In altri termini, usando un esempio semplice esempio si può dire che la voce “assicurazione € 1400” contenuta in un rendiconto informa i proprietari che l’amministratore ha pagato l’assicurazione (attività di gestione per i proprietari) e indica anche l’importo pagato (Euro 1400) da suddividersi tra i proprietari (attività contabile), ecco il “c.d. rendiconto della gestione”.
Da quanto detto, si può anche desumere un primo principio alla base della redazione contabile del condominio: nel rendiconto non possono essere inserite operazioni mai eseguite dell’amministratore, in altri termini, se l’amministratore (durante l’anno) non eseguisse nessun pagamento e non riscuotesse nessuna somma di denaro, non potrebbe inserire nel rendiconto nessuna operazione, altrimenti, farebbe credere ai proprietari di aver compiuto una data attività, quando, invece, non ha compiuto nulla, violando una delle esigenze per cui il mandatario deve redigere il rendiconto (e, cioè, descrizione dell’attività compiuta).
Elementi alla base del rendiconto. Alla base del rendiconto ci sono le c.d. “pezze di appoggio” (cioè le fatture e le ricevute delle spese), queste sono di proprietà del Condominio e non dell’amministratore e possono essere visionate da ogni proprietario prima dell’assemblea che approva il rendiconto (Cass. civ. sez. II, 21 novembre 2000, n.15010) al fine di verificare la corrispondenza tra le spese indicate nel rendiconto con i documenti giustificativi. Ogni proprietario può richiedere (senza specificare le ragioni) ed ottenere, prima dell’assemblea che approva i rendiconti, la copia di tutta la documentazione contabile (oggi è anche necessario che tutti i pagamenti risultino anche dal conto corrente del condominio).
L’amministratore non può rifiutarsi di consegnare al proprietario la copia della documentazione contabile, del resto, la mancata consegna di questa documentazione contabile, così come l’impossibilità di visionare la stessa invalida (annullabile) l’assemblea che approva il rendiconto (Cass. civ. sez. II, 8 agosto 2003, n.11940).
Questi due principi teorici sono stati espressamente codificati dal legislatore della riforma del condominio, infatti, l’art. 1130 bis c.c. prevede che i proprietari delle unità immobiliari, gli altri titolari di diritti reali (usufruttuario, servitù) immobiliari e i titolari di diritti di godimento (locazione, comodato), in poche parole, tutti coloro che devono partecipare alle spese condominiali “possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione”.
Interessante anche l’introduzione dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili per 10 anni dalla loro registrazione (nel registro di contabilità), si è in presenza di una norma a tutela dei proprietari che possono sempre verificare la contabilità (anche nominando un revisore).
Quanto detto in precedenza deve essere anche coordinato con il conto corrente del condominio, sul quale devono transitare tutte le entrate e le uscite, che, di fatto, diventa un elemento per confrontare i dati presenti nel rendiconto o della gestione contabile del condominio, è opportuno ricordare che i proprietari possono anche ottenere copia dei documenti relativi alle operazioni sul conto corrente.
Modalità per la redazione del rendiconto
La riforma ha confermato i principi generali di contabilità in precedenza evidenziati.
Un primo principio è quello secondo il quale il rendiconto deve essere reale e deve rappresentare la situazione reale del condominio, intendendosi, con questa espressione, non solo il divieto di inserire nel rendiconto dati falsi, ma anche il divieto di inserire nel rendiconto dati ”putativi” o “immaginari” o "errati" o situazioni non realmente effettuate. Ad esempio per individuare il passivo del condominio occorre mettere a confronto due dati: le entrate del condominio e le uscite del condominio e, certo, non è possibile, invece, confrontare le uscite del condominio presenti nel rendiconto consuntivo con le uscite previste nel preventivo (omettendo le entrate).
L'impossibilità di determinare la situazione complessiva del condominio e la situazione di ogni singolo proprietario confrontando le uscite del preventivo 2017 con le uscite del consuntivo 2017 risulta evidente se si considera che il risultato matematico di questa operazione individua solo delle variazioni statistiche che potrebbero essere usate per calibrare il preventivo dell'anno successivo (2018), ma certo non può essere usata per quantificare la situazione del condominio (e di ogni singolo proprietario) che può essere quantificata solo confrontando le entrate effettive e le uscite effettive.
Per comprendere l'anomalia della situazione basterebbe pensare ad una banca che determina il saldo )attivo o passivo) sul conto corrente confrontando il saldo del conto corrente del 2016 con il saldo del conto corrente del 2017 senza considerare in alcun modo le entrate e le uscite annuali.
Altro principio basilare è quello di redigere un rendiconto con un metodo che faciliti il controllo dei dati presenti in questo documento.
Il problema, semmai, è individuare il metodo o il criterio più corretto per raggiungere tali obiettivi. Il sistema che permette di raggiungere tutti questi obbiettivi è il c.d. principio di cassa, ossia le spese effettivamente sostenute e le entrate effettivamente riscosse (Cass. civ. sez. III, 9 maggio 2011 n. 10153).
Principio di cassa
Per semplificare il discorso e rendere più familiare la spiegazione è possibile ricorrere ad un elemento più comune il c.d. conto corrente bancario ed è possibile analizzare il tipo di operazioni che compie la banca (alias condominio). L'esempio è più che calzante se si considera la granitica giurisprudenza che esclude l'applicazione al condominio di qualsiasi principio o norma in materia di contabilità societaria (o i bilanci societari).
La banca segna (cronologicamente) un'operazione, in entrata o in uscita, solo quando la somma è effettivamente versata sul conto o solo quando la somma è effettivamente prelevata dal conto, la banca alla fine di un dato periodo tira una somma e indica il totale saldo (a debito o a credito). Il risultato così ottenuto può essere dichiarato come corrispondete alla situazione reale. Se, invece, la banca indicasse in entrata somme che nessuno ha mai versato o se indicasse in uscita somme che nessuno ha mai prelevato, nel momento in cui venisse presentato il c.d. “estratto conto” (il “rendiconto”), la banca rappresenterebbe una situazione che può essere tranquillamente definita come non corrispondete alla realtà (con tutte le conseguenze derivanti da questa affermazione).
Anche per la redazione del rendiconto del condominio deve essere applicata questa semplice regola, cioè nel rendiconto vanno indicate solo le spese effettivamente sostenute e solo le somme effettivamente riscosse. Infatti, se il rendiconto del condominio non venisse redatto in base al principio di cassa e, quindi, di conseguenza, se nel rendiconto venissero indicate spese non realmente pagate ed entrare non realmente riscosse, il saldo del rendiconto in generale (cioè la posizione complessiva del Condominio verso i terzi) e il saldo per ogni singolo proprietario (c.d. conguaglio) non corrisponderebbe alla situazione reale. Quindi, la mancata applicazione del principio di cassa darebbe vita ad un rendiconto non conforme alla situazione reale, cioè ad un rendiconto – quanto meno – putativo o virtuale.
Questo spiega perché il legislatore con la riforma ha previsto che il rendiconto (come documento) è formato da un registro cronologico di contabilità (che tornado all’esempio del conto corrente bancario può essere assimilato all’estratto conto bancario) nel quale vanno annotate entro 30 giorni dalla loro effettuazione tutte le operazioni in entrata e in uscita (la verifica del rendiconto – registro di contabilità – è possibile oltre che sulla base dei c.d. giustificativi di spesa anche in base al conto corrente condominiale sul quale devono transitare tutte le somme in entrata o in uscita).
Altra conferma si trova nell'obbligo imposto all'amministratore di far transitare tutte le spese e tutte le entrate dal conto corrente del condominio. L'adempimento di questo semplice obbligo imposto a carico dell'amministratore permette l'immediato controllo e verifica dell'attività effettuata, inserire in un rendiconto spese mai pagate significa impedire l'immediata verifica (a costo zero per ogni proprietario). Deve, di conseguenza, deve considerarsi illecita qualsiasi modalità di redazione del rendiconto che porta a impedire al proprietario di avere consapevolezza tra quanto effettuato realmente e quanto non effettuato (o effettuato solo in apparenza).
Altra conferma dell'applicazione del principio di cassa (alle entrate e alle uscite) può essere desunto dall'art. 1130 bis cc. L'art. 1130 bis cc stabilisce che il rendiconto deve contenere le voci di entrata ed uscita, ora interpretando letteralmente l'art. 1130 bis cc è evidente che la locuzione voci di entrate e di uscita sono solo le entrate effettive (è difficile considerare entrata qualcosa che non si è riscosso o incassato) e solo le uscite effettive (è difficile considerare uscita qualcosa che non si pagato).
Altro elemento che conferma l'applicabilità del principio di cassa può essere dedotto se si considera l'ipotesi di successione tra due amministratori, ad esempio tizio amministra il condominio alfa fino al 31.12.2017 mentre Caio amministra il condominio alfa dal 01.01.2018.
In questa situazione se nel rendiconto 2017 (gestione tizio) si inseriscono spese non pagate (o entrate non riscosse) è evidente che vengono imputate a tizio operazioni in entrata e in uscita che tizio (gestione 2017) non conosce e che non ha effettuato, ma che sono state effettuate (pagate e riscosse) nel 2018 dall'amministratore successivo (caio gestione 2018).
Se caio (gestione 2018) decide di non inserire nel rendiconto 2018 le operazioni che ha effettuato nel 2018 (ma relative alla gestione precedente 2017 di tizio e già inserite nel rendiconto 2017 di tizio) redigerà un rendiconto 2018 parziale e incompleto, se, invece, decide di inserire nel rendiconto 2018 le operazioni che ha compiuto (anche se relative alla gestione 2017, comprese già nel rendiconto 2017) verranno chieste ai proprietari due volte le spese: la prima volta come spese non pagate (inserite nel rendiconto 2017 gestione tizio) la seconda volta come spese pagate (inserite nel rendiconto 2018 gestione caio).
Ulteriori motivi che spingono all’applicazione del principio di cassa
- il rendiconto è anche il documento che descrive l'attività dell'amministratore (mandatario dei proprietari) e, certo, nella redazione del rendiconto l'amministratore non può indicare attività non effettivamente eseguite, cioè non può far credere che ha fatto qualcosa (compiuto attività di gestione), quando, in realtà non ha fatto nulla (non ha compiuto attività di gestione), poichè, altrimenti, farebbe credere ai proprietari (che devono rinnovargli l'incarico), che ha eseguito ed ha adempiuto al suo incarico, mentre, in realtà, non ha eseguito e non ha adempiuto al suo incarico professionale.
- inserire nel rendiconto spese mai effettivamente pagate (o rappresentare come pagate spese in realtà non pagate) potrebbe anche essere un mezzo per coprire lo “spostamento” di fondi del condominio, i quali potrebbero essere usati nell'ambito del meccanismo della c.d. “cassa comune tra più condomini”, (cioè lo stesso amministratore di più condomini, usa i soldi del condominio A per pagare le spese del condominio B poi usa le somme del condominio C per pagare le spese del condominio D ecc…) si tratta di un fenomeno talmente diffuso (ma poco pubblicizzato) che il legislatore ha previsto la revoca giudiziale dell'amministratore se si dovesse verificare una tale eventualità (ex art. 1129 n. 3 c.c.), oppure potrebbe servire a chiedere il pagamento di conguagli in realtà non dovuti; così come, inserire entrate mai effettivamente riscosse, potrebbe servire a nascondere la reale situazione debitoria del condominio.
- inserire nel rendiconto spese mai pagate significherebbe anche modificare la posizione del singolo proprietario verso il condominio, facendo, apparire, ad esempio, moroso un determinato proprietario quando, in realtà, ha un credito verso il condominio; mentre inserire entrate mai riscosse significa nascondere un debito del proprietario
- inserire spese o entrate mai effettuate in un rendiconto, comporta, in presenza di diversi amministratori succeduti nel tempo, che agli amministratori cessati dalla carica potrebbero vedersi attribuire operazioni (in entrata o in uscita) di cui non hanno nessuna conoscenza (e responsabilità) essendo state compiute da altri soggetti.
- inserire in un documento contabile del condominio spese mai effettuate significa anche creare un documento contabile incompatibile con il registro di contabilità e con l'estratto conto, ad esempio si redige un rendiconto con uscite pari a 1500 mentre il registro di contabilità riporta uscite solo per 1000 e l'estratto conto corrente riporta operazioni solo per 1000, questa spiega perché, ancora oggi, molti amministratori si rifiutano di redigere e consegnare ai proprietari il registro di contabilità, senza considerare che ancora oggi molti amministratori si rifiutano di indicare le modalità con le quali se singole operazioni sono state compiute (cioè se tutte le operazioni in entrata e in uscita sono passate dal conto corrente condominiale) senza considerare l'eventuale rilievo penale conseguente dal presentare un rendiconto per € 1500 quando le operazioni effettive ammontano solo ad € 1000.
- Il Tribunale di Roma con sentenza del 2 ottobre 2017 n. 18593 ha riconfermato l'applicabilità del solo principio di cassa proprio in base alle medesime motivazioni presenti in questo articolo.
Per contestare quanto detto, di solito, si afferma che il legislatore non ha espressamente indicato l'applicazione del principio di cassa o di competenza al rendiconto condominiale. In altri termini, si afferma che il legislatore non avendo nulla detto è possibile scegliere l'applicazione della cassa od ella competenza in modo discrezionale (in altre parole) si sarebbe in presenza di un rendiconto redatto in base al criterio (soggettivo ed arbitrario) del "come mi pare e piace". Questo rilievo non considera due aspetti: 1) redigere il rendiconto per cassa o per competenza non determina il medesimo risultato (complessivo per il condomino e particolare per ogni singolo proprietario) e non è possibile lasciare un tale potere alla discrezionalità del redattore del rendiconto; 2) il legislatore non ha indicato un metodo di redazione del rendiconto per il semplice motivo, che ha imposto in modo indiretto l'uso del metodo di cassa, infatti, il legislatore ha usato una diversa tecnica legislativa: ha indicato i documenti che compongono il rendiconto (relazione dell'amministratore, riepilogo finanziario e registro di contabilità) e ha descritto il contenuto di ogni documento che compone il rendiconto (il registro di contabilità deve contenere tutte le entrate e le uscite cronologicamente ed effettuate) ed è evidente che tutti i documenti che compongono il rendiconto devono essere redatti per cassa se si deve effettuare il controllo incrociato con il conto corrente del condominio (infatti il conto corrente è redatto per cassa come il registro di contabilità è redatto per cassa) redigere il rendiconto con modalità diverse da principio di cassa significa impedire l'immediata verifica del rendiconto con il conto corrente.
Per contestare quanto detto, di solito, si afferma che se nel rendiconto si inseriscono solo le spese effettivamente pagate e non si inseriscono le spese non effettivamente pagate, (es. fattura di lavori deliberati ed eseguiti, ma non pagati per mancanza di liquidità), non c'è (o non ci sarebbe) la possibilità recuperare le somme ancora da pagare (o quanto dovuto dai proprietari).
A questo rilievo si può facilmente replicare che si confondono due piani differenti, infatti, si confonde il piano del rendiconto (e della sua “conformità” alla situazione reale) con il recupero delle risorse necessarie e dei mezzi a disposizione dell'amministratore per coprire le spese. Ora, (sorvolando sull'importanza di un preventivo di spesa “congruo”) è possibile recuperare le somme per coprire le spese in due modi: a) usando i decreti ingiuntivi per colpire i morosi (la riforma del condominio ha imposto all'amministratore l'obbligo di recuperare le morosità); b) programmando la costituzione di fondi cassa per poter far fronte ai ritardi o alle difficoltà di pagamento dei singoli proprietari e la riforma del condominio oltre ad ammettere la possibilità di creare fondi o riserve, prevede che in caso di lavori straordinari deve essere previsto un fondo specifico (1134 c.c. n. 4).
Per contestare l'applicabilità del principio di cassa al rendiconto condominiale (oggi registro contabilità) si sostiene che se si applicasse il principio di cassa non sarebbe possibile ripartire le spese condominiali tra vecchio e nuovo proprietario.
A questa obiezione si può facilmente replicare osservando che 1) l'amministratore di condominio ha rapporti solo con i proprietari delle unità immobiliari site nel condominio e non ha rapporti con coloro che hanno perso la qualifica di proprietario, (la solidarietà nel debito per gli oneri condominiali verso il condominio è una norma eccezionale a vantaggio del condominio che non modifica questo principio); 2) non spetta all'amministratore ripartire le spese tra vecchio e nuovo proprietario, in quanto si tratta di una vicenda lasciata alla libera contrattazione del venditore e dell'acquirente (infatti, le parti contrattuali possono decidere che tutti gli oneri condominiali saranno a carico dell'acquirente oppure possono decidere di ripartirsi le spese in base al numero pari o dispari delle fatture di pagamento); 3) tra le tante teorie elaborate per individuare un criterio di ripartizione delle spese tra vecchio e nuovo proprietario (principio che non influenza il metodo di redazione del rendiconto del condominio, trattandosi di una mera ripartizione interna, tra due soggetti che si succedono nel tempo, priva di rilevanza verso il condominio) la giurisprudenza ha individuato come criterio base quello relativo alla distinzione tra spese di ordinaria amministrazione e spese di straordinaria amministrazione.
Anche la recente riforma del condominio spinge verso l'applicazione del principio di cassa, infatti, secondo la riforma il rendiconto è formato dal registro di contabilità, in cui sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita (art. 1130 comma 8 c.c.);
Altro elemento che spinge ad usare il principio di cassa è stato fornito dallo stesso legislatore della riforma condominiale, quando ha previsto che nel registro di contabilità le operazioni devono essere annotate entro 30 giorni dalla loro effettuazione (1130 comma 8 c.c.) . È evidente che il legislatore con la locuzione effettuazione fa riferimento al pagamento o alla riscossione e non ad altri eventi (es. ricezione della fattura).
Del resto, annotare nel registro di contabilità un’operazione non effettivamente eseguita (es. una fattura ricevuta e non pagata) significa, poi, doverla inserire, di nuovo, nel registro di contabilità nel momento in cui tale fattura viene pagata onde rispettare l'obbligo imposto dal codice che impone l’annotazione dell’operazione entro 30 giorni dell’effettuazione della stessa (art. 1130 comma 8 c.c. "Nel registro di contabilita’ sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita"). Di conseguenza, se si seguisse tale strada dovremo inserire nel registro di contabilità la stessa operazione due volte, con la possibilità che il piano di riparto (basato sul registro di contabilità) possa ripartire la stessa spesa tra i proprietari due volte.
Inoltre, inserire un’operazione non realmente effettuata nel registro di contabilità (1130 comma 8 c.c.), significherebbe avere uno “scostamento” tra il registro di contabilità e il conto corrente condominiale (sul quale devono transitare tutte le operazioni in entrate e in uscita), quando, invece, il legislatore con la riforma ha previsto che il conto corrente del condominio è il primo mezzo per poter verificare (e ricostruire) la contabilità dell’edificio, in altri termini, significa porre le basi per impedire il controllo della contabilità e della gestione e significa impedire di ricostruire la gestione contabile.
Quanto detto trova un ulteriore riscontro anche nell'art. 1130 bis cc il quale stabilisce che il rendiconto contiene le voci di entrata ed uscita, ora interpretando letteralmente l'art. 11300 bis cc è evidente che le voci di entrate e di uscita possono essere solo le entrate effettive (è difficile considerare entrata qualcosa che non si è riscosso o incassato) e solo le uscite effettive (è difficile considerare uscita qualcosa che non si pagato).
Infine, è opportuno ricordare che il registro di contabilità deve trovare un preciso riscontro nel conto corrente condominiale (oltre che sui documenti contabili) sul quale l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute o erogate ed è inutile nascondere che entrambi i documenti sono redatti con il principio di cassa, poiché usare diversi metodi di redazione per il rendiconto e per il conto corrente impedirebbe il controllo "incrociato" previsto dal legislatore ed impedirebbe la ricostruzione contabile della gestione del condominio. E, dunque, sarebbe illecita una gestione contabile condominiale che impedisse l'incrocio dei dati tra conto corrente e registro contabilità o che è – ab origine – impostata per impedire (o rendere difficoltosa) la ricostruzione della gestione contrabile del condominio.
Seguendo alla lettera il disposto del legislatore non dovrebbero esserci problemi a redigere il rendiconto del condominio, neppure quando si costituiscono fondi (es. fondo cassa e fondo tfr) o riserve, infatti, si tratta di operazioni contabili ammesse dallo stesso legislatore, anche se non totalmente compatibili con il principio di cassa, poiché non sono "realmente effettuate" (1130 comma 8 c.c.), ma possono anche consistere in mere operazioni contabili prive di reali uscite ed entrate. In realtà, anche non volendo considerare tali voci come eccezioni (ammesse dallo stesso legislatore) e, quindi, inseribili nel registro di contabilità, nulla esclude che possono trovare spazio in un'ulteriore sezione del medesimo registro o in un ulteriore documento. Diversa è, invece, la questione relativa alle fatture non pagate per le quali occorre fornire una "informazione" ai proprietari, è ovvio che fornire una "informazione" è una cosa molto diversa dall'inserzione della fattura non pagata nel registro di contabilità (le fatture non pagate non possono essere inserite nel registro di contabilità). In ogni modo, si tratta di casi marginali, perché con la presenza di fondi cassa, con il preventivo reale, sarà sempre più difficile vedere fatture non pagate entro il 31 dicembre di ogni anno.
Posizione della giurisprudenza: applicazione del principio di cassa al rendiconto condominiale Cass. civ. sez. II del 30 ottobre 2018 n. 27639
Come si è già anticipato il Tribunale di Roma con sentenza del 2 ottobre 2017 n. 18593 ha riconfermato l'applicabilità del solo principio di cassa proprio in base alle medesime motivazioni presenti in questo articolo.
Recentemente anche la Cassazione (Cass. civ. sez. II del 30 ottobre 2018 n. 27639) ha riconfermato l'applicazione del principio di cassa affermando che "Nonostante in materia condominiale, non trovino applicazione le norme prescritte per i bilanci delle società, il rendiconto deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute e deve consentire ai condomini di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite atteso che tale ultimo requisito costituisce il presupposto fondamentale perchè possano essere contestate, appunto, le singole partite.
Invero, attraverso il rendiconto, vengono giustificate le spese addebitate ai condomini, ragione per la quale il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l'inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell'effettivo pagamento, così come l'inserimento dell'entrata va annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione. La mancata applicazione del criterio di cassa non rende intelligibile il bilancio e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino.
Il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune. Laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa e che di competenza, cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro, può sussistere confusione". Cass. civ. sez. II del 30 ottobre 2018 n. 27639
Classificazione e contenuto del rendiconto
L’art. 1130 bis c.c. stabilisce che il rendiconto è un documento unico (complesso e inscindibile) formato dal
- a) registro di contabilità (piano di riparto)
- b) dal riepilogo finanziario
- c) da nota esplicativa sintetica della gestione (anche con l’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti)
Questi sono i documenti che “compongono" il rendiconto del condominio (a cui, ovviamente, occorre aggiungere i piani di riparto).
E' evidente che si tratta di un unico inscindibile documento anche se complesso (in quanto formato da più elementi o documenti). Questo significa che il legislatore ha concepito il rendiconto come formato da più documenti (indicando i documenti necessari: relazione amministratore, riepilogo finanziario, registro di contabilità, pinai di riparto) e, di conseguenza, non si può affermare che il rendiconto è qualcosa di diverso dal registro di contabilità (ecc.), in quanto il rendiconto è il registro di contabilità (ecc.).
Inoltre il legislatore, usando una tecnica redazionale particolare, ha regolato il contenuto dei singoli documenti che compongono il rendiconto (di fatto disciplinando anche il contenuto del rendiconto), quindi, non si può dire che il contenuto del rendiconto non è regolato, soprattutto, non si può dire che il contenuto del rendiconto è "libero" o "generico" o "semplificato".
Questo significa che sono nulli (o annullabili) i rendiconti nei quali viene omesso uno di questi elementi (trattandosi di rendiconti incompleti) da quanto detto si può dedurre che occorre diffidare delle gestioni condominiali nelle quali viene omessa (sistematicamente e costantemente) la presentazione (ed approvazione) del registro di contabilità.
E' opportuno osservare nel condominio l'elemento più importante è il piano di riparto e il registro di contabilità, in quanto identificano la situazione globale del condominio e la quota parte di ogni singolo proprietario in relazione alle entrate e alle uscite (questi due documenti sono la base per richiedere i decreti ingiuntivi per il recupero delle morosità) si tratta di una completa inversione di prospettiva rispetto le società (proprio per le differenze tra condominio e società e, quindi, tra rendiconto e bilancio) che pone come elemento più importante lo stato patrimoniale.
Principio dell'analiticità e della specificità del contenuto del rendiconto del condominio dopo la riforma
Alcune volte si afferma che il rendiconto del condominio è il riepilogo (riassunto) del registro di riferimento, oppure, si afferma che il rendiconto deve essere redatto in modo semplificato (non ha formalità). Entrambe le affermazioni sono errate.
Dichiarare che il rendiconto del condominio è il riepilogo (riassunto) del registro di riferimento significa confondere condomino e società, infatti, nel condominio il rendiconto è formato da: relazione dell'amministratore, registro di contabilità e riepilogo finanziario; nelle società il bilancio è formato dalla relazione degli amministratori, conto economico, stato patrimoniale (il libro cassa, omologo al registro di cotnabilità è un registro obbligatorio nelle società, ma non fa parte del bilancio a differenza di quanto avvien enel condonimio in cui il registro di contabilità è parte integrante del rendiconto.
Dopo la riforma il contenuto del rendiconto (inteso come documenti che compongono il rendiconto ed elementi che devono essere contenuti nei singoli documenti) è regolato dal legislatore. Quindi, non solo il rendiconto ha precise formalità da rispettare, ma anche precisi contenuti da riportare. Anzi poiché nel rendiconto è compreso il registro di contabilità (che deve contenere tute le entrate e le uscite in ordine cronologico) è evidente che il rendiconto del condominio è analitico e non sintetico, oltre ad essere formale (dovendo rispettare precisi requisiti di forma e contenuto).
Il rendiconto del condominio deve avere dei precisi requisiti (minimi) di forma e contenuto indicati dal legislatore è ovvio che i requisiti di forma e contenuto possono essere definiti minimi se il rendiconto del condominio viene paragonato ai requisiti di forma e contenuto che deve avere un bilancio societario.
Sottoscrizione e firma del rendiconto
Tutti questi documenti devono essere firmati dall'amministratore p.t., non è possibile, in altri termini, presentare documenti non sottoscritti in assemblea: sia per evitare che domani una delle pagine possa essere "sostituita", sia per responsabilizzare l'amministratore. L'amministratore con la firma si assume la responsabilità della veridicità dei datti da lui forniti (e della gestione del condominio), ma soprattutto, si assume la responsabilità della personale redazione del documento contabile che non può essere "subappalta" a soggetti terzi, in altri termini, se il rendiconto è redatto dal praticante di studio, sempre l'amministratore deve assumersi la responsabilità del documento, non può trasferire la propria responsabilità ad altri, (altrimenti, si potrebbe nominare amministratore il praticante dello studio che redige il rendiconto).
Registro di contabilità
Il registro di contabilità contiene le voci in entrata ed in uscita, indicate, spesa per spesa ed entrata per entrata, in ordine cronologico; si presume che tutte le spese e le entrate indicate nel registro di contabilità siano state “effettuate”, (posto che sussiste l’obbligo della registrazione contabile delle operazioni entro 30 giorni dalla loro effettuazione 1130 comma 8 c.c.). Il registro di contabilità si chiude il 31 dicembre di ogni anno, quindi, non può contenere attività (in entrata e in uscita) effettuata dopo il 31 dicembre.
Inoltre, è evidente lo stretto legame tra questo documento con il conto corrente condominiale (sul quale devono transitare tutte le entrate e le uscite) soprattutto per rendere effettiva ed immediata la possibilità di un controllo e verifica del rendiconto e della gestione ed eventuale ricostruzione della gestione condominiale.
La connessione tra questi due documenti comporta anche che devono essere redatti con modalità analoghe posto che, dovendo essere oggetto di riscontri incrociati, non possono essere redatti uno in un modo e l’altro in un altro, in quanto sarebbe impedito un facile (o immediato) “riscontro” o una facile (immediata) “ricostruzione" della contabilità condominiale.
Risulta evidente che, ormai, la forma del rendiconto è analitica (non più generica) dovendo essere presenti – giorno per giorno – tutte le voci (in entrata e in uscita), solo in questo modo è possibile permettere al singolo proprietario di essere edotto della situazione e fornire al proprietario un mezzo per poter contestare le singole partite.
La “limitazione” del registro di contabilità alle voci di entrata e di uscita, comporta che occorre risolvere il problema dell’indicazione della tabella di ripartizione e della distinzione tra spese di ordinaria e straordinaria amministrazione (e all'indicazione delle modalità con le quali sono effettuate le singole operazioni). Ove non si ritenga di integrare il registro di contabilità inserendo per ogni voce di uscita (o di entrata) l’indicazione della tabella di riferimento, delle modalità di pagamento o di riscossione, e l’indicazione di spesa ordinaria o straordinaria, sarebbe opportuno predisporre un (ulteriore) documento (che si aggiunge al registro di contabilità) eventualmente riassuntivo del medesimo registro di contabilità, in cui le voci di uscita sono riassunte ed impostate per categorie di spesa (e non in modo cronologico) con indicazione della spesa ordinaria e straordinaria, tabelle dei millesimi ecc.
Registro di contabilità e conguagli anni precedenti
Durante la redazione del registro di contabilità si pone anche un'altra domanda: è opportuno inserire nel registro di contabilità anche i pagamenti ricevuti e relativi a conguagli degli anni precedenti ? la risposta è sicuramente positiva, (del resto, il legislatore, non limita il registro di contabilità solo alle operazioni dell'anno), anzi, inserire nel registro di contabilità anche le entrate relative ai pagamenti dei conguagli degli anni pregressi aumenta la chiarezza del documento, aumenta la trasparenza dell'amministrazione e avvicina ancora di più il registro di contabilità al conto corrente. Questo accorgimento permette di tutelare meglio al posizione dell'amministratore, il quale dichiara tutto quello che ha incassato e tutela i proprietari che hanno un altro documento a propria disposizione per documentare il pagamento dei conguagli.
Ovviamente, vanno presi degli accorgimenti, infatti, vicino alla voce entrata oltre l'indicazione del nome di colui che ha versato e l'importo versato, va anche indicata la causale (es. conguaglio 2011), inoltre, è opportuno che la somma totale del registro di contabilità sia distinta in due voci separate e per la precisione: in entrate relative alla gestione corrente ed in entrate relative ai conguagli riscossi (ma riferibili agli anni precedenti rispetto quello del rendiconto che viene proposto all'assemblea per l'approvazione).
E' una questione di opportunità valutare se aggiungere al registro di contabilità cronologico altre due sezioni (entrate ed uscite) o aggiungere alle uscite altre sottosezioni (es. spese ordinarie e spese straordinarie) oppure alle entrate altre sottosezioni (es. ordinarie, straordinarie, conguagli anni pregressi), infatti, per aumentare la chiarezza del rendiconto possono essere inseriti ulteriori documenti.
Sul registro di contabilità deve essere costruito il piano di riparto.
Rifiuto di redigere consegnare e fare approvare dall'assemblea il registro di contabilità, violazione del principio del rendiconto come unico documento complesso inscindibile
Ancora oggi in molti amministratori di condominio si rifiutato di redigere consegnare e fare approvare il registro di contabilità dall'assemblea, violando il principio del rendiconto come unico documento complesso inscindibile (Cass., civ. sez. VI, del 20 dicembre 2018, n. 33038)
Le scuse che vengono addotte per giustificare tale comportamento (già sanzionato dalla giurisprudenza con l'invalidità del rendiconto e della delibera di assemblea he approva un tale documento incompleto) sono le più varie: 1) il rendiconto è diverso dal registro di contabilità (si è visto che il registro di contabilità è il rendiconto); 2) il rendiconto deve essere semplificato (si è visto che il rendiconto deve essere analitico).
In realtà, le reali motivazioni che spingono alcuni amministratori ad odiare il registro di contabilità sono le seguenti: a) i dati del registro di contabilità (e del conto corrente condominiale) sono incompatibili con il documento che si denomina rendiconto, b) nel registro di contabilità l'amministratore dovrebbe dichiarare le modalità con le quali sono state effettuate tutte le operazioni in entrata e in uscita (contanti, pos, bonifico, assegno ecc.) in questo modo risulta evidente se è stato adempiuto l'obbligo contabile posto a carico dell'amministratore di far transitare tutte le operazioni (in entrata e in uscita) dal conto corrente condominiale, ecco, quindi, che occorre diffidare degli amministratori che si rifiutano di presentare il registro di contabilità.
Riepilogo Finanziario
L’altro documento che compone il rendiconto è il riepilogo finanziario, si tratta, appunto di un “riepilogo” (la locuzione "riepilogo" deve essere sottolineata), si tratta di un documento molto vicino allo “stato patrimoniale”, in cui vanno indicati i fondi e le riserve e dove sono allocati. E anche tutte le altre informazioni (debiti e crediti verso terzi e verso i proprietari) che hanno la funzione di far comprendere il motivo per il quale ci potrebbero essere delle discrepanze (in aumento o in riduzione) tra somme in banca e fondi accantonati (ad esempio somme non ancora riscosse o pagamenti non ancora effettuati), si tratta di notizie che permettono di comprendere meglio la situazione al 31 dicembre, si tratta di notizie che non possono essere inserite nel registro contabilità in quanto non effettuate, ma si ripete è solo un "riepilogo" nulla di più e nulla di diverso.
Nel riepilogo finanziario vanno indicate le voci Banca (somme presenti in banca al 31 dicembre)
Le voci relative ai fondi (es. TFR o fondo cassa) e dove sono allocate dette somme (dopo la riforma la voce "cassa in contanti" non è più ammessa e tutte le somme di denaro devono essere allocati sul conto corrente del condominio).
Il riepilogo finanziario non è la base per la redazione del piano di riparto.
Relazione sintetica
Ultimo documento è la relazione sintetica dell’amministratore che dovrebbe avere il fine di “spiegare” il rendiconto almeno per le parti non facilmente intellegibili.
Posizione della giurisprudenza sul principio del rendiconto come unico documento complesso e inscindibile Cass., civ. sez. VI, del 20 dicembre 2018, n. 33038
Come già detto succede che molti amministratori presentano rendiconti incompleti o parziari (mancanti dei diversi documenti che compongono il rendiconto) violando il principio in base al quale il rendiconto è un unico documento complesso (in quanto formato da diverse parti) e inscindibile (nel senso che non è un rendiconto (oppure, quanto meno, è incompleto) il rendiconto presenta qualche parte in meno.
Anche la Cassazione si è uniformata a tale principio Cass., civ. sez. VI, del 20 dicembre 2018, n. 33038 "la prospettazione in domanda di una ragione di invalidità della deliberazione assembleare impugnata, consistente, nella specie, nella dedotta illegittimità del rendiconto condominiale ex art. 1130 bis c.c. (disposizione introdotta dalle legge n. 220 del 2012 ed entrata il vigore il 18 giugno 2013), perché non composto da registro di contabilità, riepilogo finanziario e nota sintetica esplicativa della gestione, con indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti, obbliga il giudice a prendere in esame il profilo oggetto di doglianza.
Il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione, che compongono il rendiconto, perseguono certamente io scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, e così consentire in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato.
Allorché il rendiconto non sia composto da registro, riepilogo e nota, parti inscindibili di esso, ed i condomini non risultino perciò informati sulla reale situazione patrimoniale del condominio quanto ad entrate, spese e fondi disponibili, può discenderne – indipendentemente dal possibile esercizio del concorrente diritto spettante ai partecipanti di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di spesa – l'annullabilità della deliberazione assembleare di approvazione. (Cass., civ. sez. VI, del 20 dicembre 2018, n. 33038)
Aggiornamento dei dati del rendiconto dopo la chiusura del rendiconto il 31 dicembre (operazioni effettuate dopo la materiale redazione del rendiconto o dopo l'approvazione del rendiconto)
Come si è detto il rendiconto si chiude il 31 dicembre e, quindi, per logica nel rendiconto 2017 (chiuso il 31 dicembre 2017) non saranno visibili le operazioni in entrata (riscossioni) e in uscita (pagamenti) effettuate dopo il 31 dicembre 2017, quanto, meno, perché verrebbe violato il principio dell'annualità del rendiconto e il principio di cassa.
Per contestare quanto sopra detto (ma, soprattutto, per contestare l'applicabilità del principio di cassa) si è affermato che i pagamenti effettuati dai proprietari, ad esempio in data 15 marzo 2018, (quindi dopo il 31 dicembre 2017) e imputabili a spese del rendiconto 2017 (chiuso il 31 dicembre 2017) devono essere riportati nel rendiconto 2017 perché altrimenti verrebbe violata l'imputazione di pagamento.
Alla base di questo ragionamento c'è un'evidente confusione tra l'aggiornamento del rendiconto (chiuso al 31 dicembre 2017) e il pagamento dei c.d conguagli degli anni pregressi (2017), la questione che è già stata trattata in precedenza (sul punto si è evidenziato che il pagamento del conguagli degli anni pregressi saranno presenti nel rendiconto dell'anno successivo 2018).
Del resto per evidenziare l'incongruenza logica di questa ricostruzione si potrebbe immediatamente chiedersi perché limitare l'aggiornamento del rendiconto solo alle riscossioni (versamenti dei proprietari) e non comprendere negli aggiornamenti anche le uscite (pagamenti effettuati) oppure perché non comprendere negli aggiornamenti anche la restituzione dei crediti ai proprietari risultanti dal rendiconto chiuso (in questo modo, però, si giunge all'assurdità di avere un rendiconto che non potrà mai essere chiuso o considerato definitivo).
Inoltre, tale ricostruzione ha un'altra incoerenza perché non considera che l'aggiornamento del rendiconto potrebbe essere effettuato solo in presenza di rendiconto redatto, ma non ancora approvato dall'assemblea; mentre l'aggiornamento del rendiconto non potrebbe essere effettuato in presenza di rendiconti già approvati dall'assemblea (giungendo, per assurdo, ad avere, da un lato, obblighi di aggiornamenti senza limiti in presenza di rendiconti redatti, ma non ancora approvati e, dall'altro, a non avere nessun aggiornamento in presenza di rendiconti approvati dall'assemblea).
Continuando ad analizzare le situazioni concrete che si possono verificare si vedrà che non sussiste neppure il problema dell'imputazione del pagamento.
Infatti, considerando un versamento del proprietario effettuato il 26 marzo 2018 (per il pagamento di un debito del 2017), ora se il rendiconto del 2017 (chiuso il 31 dicembre 2017) è stato approvato dall'assemblea il 20 gennaio 2018 dal rendiconto risulterà al 31 dicembre 2017 la posizione di ogni singolo proprietario a credito o a debito (c.d. conguaglio).
Quindi, se il conguaglio è a credito per il proprietario, non avrebbe senso effettuare un qualsiasi versamento dal proprietario al condominio per il pagamento di debiti 2017 che non esistono; quindi eventuali versamenti dei proprietari non dovuti devono essere restituiti, la restituzione potrà essere diretta (materiale restituzione del versamento non dovuto) oppure indiretta, mediante compensazione del credito con l'eventuale debito del proprietario nel 2018 (di fatto si è in presenza di un pagamento anticipato relativo a eventuali debiti futuri), nel caso specifico aumenta il credito del proprietario verso il condominio) non esistendo debiti da saldare viene meno anche la questione dell'imputazione del pagamento, non essendoci un obbligo di pagamento.
Se, invece, il conguaglio è a debito per il proprietario, un qualsiasi pagamento effettuato dal proprietario (pagamento effettuato nel 2018, ma imputato al 2017 ad una qualsiasi spesa del 2017) non è altro che il pagamento del conguaglio 2017 (del debito 2017), in questo modo si rispetta l'imputazione di pagamento, si rispetta il principio di cassa.
E' evidente che si tratta di una ricostruzione solo teorica, perché se il rendiconto è stato approvato (prima del versamento) non sussiste nessuna possibilità o obbligo di aggiornate o modificare il rendiconto approvato dall'assemblea.
Gli stessi principi relativi all'eventuale aggiornamento del rendiconto si applicano anche quanto il rendiconto è stato redatto, ma non ancora approvato dall'assemblea.
Se dal rendiconto redatto (ma non ancora approvato dall'assemblea) risulta un conguaglio a credito per il proprietario, nessun versamento il proprietario deve effettuare (non sussistendo debiti) e eventuali versamenti, non diretti a pagamento di nessun debito devono essere restituiti al proprietario (in modo diretto o in modo indiretto) non esistendo debito la normativa sull'imputazione del pagamento effettuata dal proprietario non è applicabile.
Se dal rendiconto redatto (ma non ancora approvato dall'assemblea) risulta un conguaglio a debito per il proprietario, il pagamento effettuato dal proprietario è semplicemente il pagamento del conguaglio dell'anno (e si rispetta anche l'imputazione di pagamento).
L'incongruenza della tesi dell'obbligo dell'aggiornamento del rendiconto redatto (ma non approvato) si nota osservando che dovrebbe essere indicato anche un limite per gli aggiornamenti (non previsto da nessuna norma), poiché in assenza di limite per gli aggiornamenti si corre il rischio di dover aggiornare all'infinito il medesimo rendiconto oppure peggio si corre il rischio di non poter presentare un rendiconto fino a quando non sono effettuate tutte le restituzioni e tutti i pagamenti, poiché solo in questo momento il rendiconto non potrà essere oggetto di aggiornamenti.
Approvazione del rendiconto
È opportuno osservare che l’assemblea è libera di approvare (o meno) il rendiconto, così come è libera di nominare un nuovo amministratore in sostituzione di quello vecchio, senza aver approvato i rendiconti dell’amministratore uscente.
Anzi, è opportuno sottolineare che approvare il rendiconto significa anche ratificare l’operato dell’amministratore, con la conseguenza che, soprattutto in caso di gestioni “ballerine”, i singoli proprietari non potranno più contestare nulla all’amministratore.
Comitato di controllo e consultazione
Oltre a tutti i vincoli in precedenza indicati, l’art. 1130 bis prevede anche la nomina (facoltativa) di un comitato di proprietari con funzioni consultive e di controllo dell’operato dell’amministratore, infatti, l’art. 1130 bis c.c. prevede che “l‘assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”. Dal tenore dell’articolo si potrebbe ipotizzare un cambiamento o una elezione dei membri a ogni nomina e revoca dell’amministratore.
Revisore contabile condominiale
Il revisore condominiale (anche non proprietario) è una figura differente dal comitato di controllo formato (solo) dai proprietari.
Il codice prevede, al fine di rafforzare ulteriormente i controlli dei proprietari sulla gestione contabile dell’amministratore mediante, la nomina (facoltativa) di un revisore della gestione condominiale. Sempre l’art. 1130 bis c.c. prevede che “l'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà”.
Si tratta di una disposizione molto interessante perché il revisore può intervenire sul rendiconto non (ancora) approvato, ma anche sui rendiconti precedenti approvati, tale norma, quindi, permette di rimettere in discussione i rendiconti anche dopo la loro approvazione senza limiti di tempo (salvo, forse, i 10 anni entro cui devono essere conservati i documenti contabili).
Inoltre, il revisore non deve essere, per forza, un revisore contabile, ma è sufficiente un professionista che conosca il condominio e la gestione contabile del medesimo istituto.
Il revisore contabile dovrà applicare i medesimi principi in materia di rendiconto applicabili all'amministratore di condominio e dovrà applicare le medesime norme applicabili all'amministratore di condominio (del resto, il revisore contabile non può fare come "gli pare e piace").
In altri termini, il revisione, come primo atto, dovrà valutare se il rendiconto oggetto di revisione risponde ai principi previsti dal legislatore in materia di rendiconto condominiale e sopra esposti.
E' opportuno osservare che anche se la figura del revisore è una innovazione prevista dalla riforma è molto probabile che troverà scarsa applicazione, poiché seguendo le regole imposte dal codice (tra le quali la possibilità di controllo immediato tramite il confronto tra rendiconto e conto corrente) sarà possibile un auto-controllo (interno) ed immediato dei proprietari senza dover ricorrere a controlli esterni.