Il legislatore con gli articoli 34 e 35 della legge 27 luglio 1978 n. 392 (locazione degli immobili urbani e commerciali) crea una forma di tutela per il conduttore, in quanto prevede che in caso di recesso del proprietario al conduttore (di un immobile ad uso commerciale) è dovuta una indennità per la perdita dell'avviamento. La ratio della norma non è solo quella di preservare l'avviamento (cioè l'impegno e l'opera delll'imprenditore di investire in una attività economica), ma il fine della norma è anche quello di disincentivare il recesso del proprietario (garantendo o aumentando la possibilità di far durare il contratto di locazione fino alla disdetta per scadenza termini)
Ecco cosa stabilisce espressamente l'art. 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392 "In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo gli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attivita' indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennita' pari a 18 mensilita' dell'ultimo canone corrisposto; per le attivita' alberghiere l'indennita' e' pari a 21 mensilita'.
Il conduttore ha diritto ad una ulteriore indennita' pari all'importo di quelle rispettivamente sopra previste qualora l'immobile venga, da chiunque, adibito all'esercizio della stessa attivita' o di attivita' incluse nella medesima tabella merceologica che siano affini a quella gia' esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
L'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile e' condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennita' di cui al primo comma. L'indennita' di cui al secondo comma deve essere corrisposta all'inizio del nuovo esercizio".
La stessa legge all'art. 35 individua dei casi in cui l'indennità di avviamento non è dovuta, infatti, l'art. 35 della legge del 27 luglio 1978 n. 392 prevede che "Le disposizioni di cui all'articolo precedente non si applicano in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attivita' che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonche' destinati all'esercizio di attivita' professionali, ad attivita' di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici".
Dalla normativa risulta chiaro che l'indennità di avviamento è dovuta solo in caso di locazione commerciale e solo se la locazione prevede un contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, ma la normativa non spiega cosa accade se l'immobile è locato (almeno sulla carta) per un'attività che dovrebbe prevedere l'indennità di avviamento, ma, di fatto, l'immobile è adibito ad un uso diverso (ad esempio l'immobile è locato ad una copisteria, – locale che prevede un accesso e un contatto diretto con il consumatore – ma viene usato come deposito – locale che non prevede un accesso e un contatto diretto del consumatore). Quindi, il problema è se ai fini del riconoscimento dell'indennità di avviamento occorre fare riferimento alla reale attività esercitata nell'immobile o alla attività ipotizzata nel contratto di locazione.
La Cassazione analizza proprio questo tipo di problematica, anzi, si occupa di un caso, che pur rientrando in questa fattispecie, è ancora di più difficile soluzione, perchè affronta anche un altro aspetto, dal quale è possibile desumere che non basta che l'immobile sia aperto al pubblico, ma è necessario che il pubblico abbia contatti diretti con il conduttore o con l'impresa di quest'ultimo, quindi, non sussiste il diritto all'indennità di avviamento se tra il conduttore (o l'impresa di quest'ultimo) e il pubblico non c'è contatto diretto (anche se l'immobile è aperto al pubblico). Oppure, detto, in modo diverso, è necessario che l'attività del conduttore presupponga o richieda il contatto con il pubblico o i consumatori.
Questo principio diventa più chiaro se si analizza la storia concreta oggetto della sentenza della Cassazione, in questo caso si scopre che sulla carta l'immobile era destinato ad una attività che (in teoria) avrebbe dato diritto all'indennità di avviamento, ma, di fatto, il conduttore si limitava solo a sub-affittare l'immobile a dei professionisti (sembra ad alcuni agenti di commercio) mettendo a loro disposizione oltre l'immobile alcuni servizi (come la segreteria, servizio fotocopie ecc.).
Questa era l'attività che il conduttore svolgeva effettivamente nel locale, quindi, tra il conduttore (o l'impresa di quest'ultimo) e il consumatore finale non c'era nessun contatto diretto. In altri termini, la reale attività del conduttore (cioè quella che svolgeva nell'immobile locato ad uso commerciale) era diretta solo a sub-affitare l'immobile, predisponendo per altri e/o offrendo ad altri un ufficio già attrezzato (eventualmente solo i sub – locatori e la loro impresa avevano contatto con il pubblico), per cui, anche se nell'immobile aveva accesso il pubblico, il conduttore (e l'impresa di quest'ultimo) non aveva nessun contatto diretto con i consumatori finali, questo perchè l'attiivtà che il conduttore volgeva nei locali era la mera sub-locazione del locale e la mera messa a disposizione a terzi (di beni e servizi) senza nessun contatto con pubblico e consumatori.
Cassazione civ. sez. III, del 24 luglio 2012 n. 12884
Al riguardo, ed in linea di principio, va posto in rilievo che fini dell’indennità per la perdita di avviamento commerciale rileva che l'immobile locato sia effettivamente destinato ad attività che comportino il contatto con pubblico e che, quindi, sia aperto alla frequentazione diretta ed indifferenziata dei clienti, che abbiano necessità interesse ad entrare in contatto con l’impresa. A tal fine grava sul conduttore l’onere di fornire con qualsiasi mezzo la prova della relativa situazione dì fatto, sempre che siffatta frequentazione non risulti implicitamente in virtù del notorio, dalla destinazione dell’inunobile attività che necessariamente la implichi ( v.Cass.n.12278/1O).
Nella specie, il giudice dell’appello, condividendo decisione del Tribunale, ha potuto verificare, in base all’attività istruttoria espletata in primo grado, che seguito della cessione di ramo di azienda” il B. era subentrato nel contratto di locazione della 1991 stipulato tra il Condominio e la S.a.s., avente ad oggetto l’immobile sito in Viareggio e destinato ad ufficio commerciale e/o professionale, con facoltà di sublocazione parziale.
È emerso, inoltre, che il B. concedeva dietro corrispettivo a professionisti, imprese o agenti di commercio, per uso ufficio, singoli locali dell’immobile (circa 15), fornendo altresì accessori e servizi comuni, quali quelli segreteria, di uso della sala riunioni, del fax etc. ( p.3 sentenza impugnata).
Dal che il giudice dell’appello ha desunto che si trattava distinti contratti di sublocazione parziale con uso di servizi quali la sublocazione assumeva funzione prevalente rispetto alle prestazioni accessorie.
Questa deduzione è immune dai vizi denunciati, atteso che il giudice dell’appello ha ritenuto prevalente la inesistenza un contatto con il pubblico indifferenziato degli utenti e dei consumatori ( v. Cass. n. 11896/98; Cass. n.4443/96), con una valutazione strettamente aderente alle risultanze probatorie, mentre il ricorrente a questa ricostruzione, fattuale da un lato e giuridica dall’altro, oppone soltanto una sua diversa prospettazione.