Risarcimento del danno
Per poter risarcire un danno è necessario (in modo semplificato), provare che un danno deriva da un determinato evento, (al fine di individuare il soggetto responsabile del danno o tenuto a risarcire il danno), provare che un danno è stato subito o si è verificato, quantificare il danno. Anche schematizzando, in questo modo, gli elementi necessari per ottenere il risarcimento del danno risulta evidente che è sempre difficile poter quantificare il danno nel suo preciso ammontare.
Il legislatore consapevole di questa difficoltà ha fornito (1226 cc e 2056 cc) al giudice la possibilità di quantificare il danno in modo equitativo (cioè ha lascio al giudice la possibilità di quantificare il danno in base ad una valutazione soggettiva, discrezionale ed approssimativa, ma equa).
La posizione del giudice quando il danno viene liquidato con equità
Il legislatore attribuisce al giudice un potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, tale potere viene considerato, da un lato, come un potere che deriva (ed è espressione) del più generale potere di valutazione delle prove ex art. 115 cpc, dall'altro, non si è in presenza di una discrezionalità pura o incontrollata, ma di una discrezionalità correttiva od integrativa delle prove già raccolte.
Liquidazione del danno con equità limitata solo alla quantificazione del danno
La valutazione equitativa del danno è possibile solo per un aspetto del risarcimento del danno: il quantum del danno stesso, la valutazione soggettiva e discrezionale non è applicabile agli altri aspetti (o presupposti del danno medesimo).
Questo comporta che l'art. 1226 cc, secondo cui "se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa", presuppone che sia risolta e provata la questione relativa all'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, poichè, si ripete, solo sul quantum del danno è possibile fare ricorso alla quantificazione con equità del danno.
Di conseguenza, anche in presenza di un danno di difficile quantificazione e che potrebbe essere quantificato ricorrendo all'equità, grava sulla parte interessata al risarcimento l'onere di provare l' "an debeatur" del diritto al risarcimento.
Anzi, si potrebbe anche affermare che l'applicazione del criterio equitativo di liquidazione del danno (quantum), presuppone già risolta la questione della individuazione del fatto causativo del danno (an).
In altre parole, è sempre necessario, anche quando il danno sia quantificato con equità, che il danneggiato provi l'esistenza di danni risarcibili (anche se risulta obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare) non è possibile, invece, sostituire con l'equità il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova dell'esistenza del danno.
Obbligo di fornire prove sulla quantificazione del danno anche in presenza di quantificazione con equità
In presenza di un danno di difficile quantificazione, il danneggiato non si deve astenere da fornire tutte le prove che possono portare ad una quantificazione del danno, ma, al contrario, (proprio perché l'equità non è pura, ma solo correttiva ed integrativa) deve fornire ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno di cui possa ragionevolmente disporre nonostante la riconosciuta difficoltà, in modo da consentire al giudice il concreto esercizio del potere di liquidazione in via equitativa, che ha la sola funzione di colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del danno stesso.
La applicazione del criterio di liquidazione in via equitativa non esonera, quindi, la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell' "iter" della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno.
Prova della difficoltà o impossibilità della quantificazione
Si potrebbe anche sostenere che per poter accedere alla quantificazione del danno mediante equità la parte deve provare che sia "obiettivamente impossibile" o "particolarmente difficile" dimostrare il danno nel suo preciso ammontare.
Cass., civ. sez. III, del 17 ottobre 2016, n. 20889 in pdf