Le diverse strade che possono essere seguite in presenza dell'inadempimento dell'altra parte contrattuale
La parte del contratto adempiente può (in presenza dell'inadempimento dell'altra parte)
a) chiedere l'adempimento del contratto (mantenendo in vita il contratto originario);
b) chiedere la risoluzione del contratto per l'inadempimento
c) rifiutarsi di eseguire la propria prestazione in presenza dell'inadempimento dell'altra parte (o fini a quando perdura l'inadempimento dell'altra parte) in questo modo il contratto rimane in vita fino a quanto una delle parti non chiede la risoluzione del contratto.
L'eccezione di inadempimento 1460 cc
Il sistema sopra indicato (anche se a brevi linee) prevede la possibilità di conservare in vita il contratto. Ecco il motivo per il quale è riconosciuta la possibilità di rifiutarsi di eseguire la propria prestazione.
Infatti, l'art. 1460 cod. civ. è costantemente interpretato quale mezzo di autotutela, che attiene alla fase esecutiva del contratto e non mira, come la risoluzione, allo scioglimento del vincolo, ma anzi ne presuppone la permanenza.
Ora si comprende per quale motivo l'eccezione di inadempimento è usata soprattutto in sede esecutiva, ma può anche essere usata in sede processuale per paralizzare la domanda di adempimento o la domanda di risoluzione per inadempimento.
La legittimità dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc (sospensione della prestazione)
Come si è visto l'eccezione di inadempimento permette alla parte di sospendere l'esecuzione della propria prestazione.
Ovviamente tale sospensione deve essere fondata.
Nell'istituto della sospensione dell'adempimento regolato dall'art. 1460 cod. civ., assume rilievo il principio di correttezza e buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 cod. civ., ossia il rifiuto della prestazione (totale o parziale) deve essere «proporzionale» all'inadempimento.
Per stabilire in concreto, dunque, se l'eccezione di inadempimento sia stata sollevata in buona fede oppure no, è pacifico che il giudice di merito deve verificare «se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all'incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell'adempimento dell'altra parte.
Le preclusioni o i limiti dell'eccezione di inadempimento 1460 cc
Come si è visto l'eccezione di inadempimento si basa sull'interesse di una parte contrattuale alla conservazione del contratto (anche mediante l'esercizio dell'effetto paralizzante delle domande di adempimento o di risoluzione).
In presenza dell'interesse alla conservazione del contratto occorre chiedersi se anche in presenza dell'eccezione di inadempimento sussiste in diritto della parte che ha chiesto l'adempimento (o che ha interesse alla conservazione del contratto, non chiedendo l'inadempimento, ma solo paralizzando le altrui pretese con l'eccezione di inadempimento) di mutare la propria domanda di adempimento in domanda di risoluzione per inadempimento.
I modo più chiaro ci si chiede se la parte che ha esercitato solo al mera eccezione di inadempimento può – nel medesimo procedimento – chiedere la risoluzione del contratto.
La norma di cui all'art. 1453, comma secondo, cod. civ., che consente di domandare la risoluzione del contratto «anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento»,non è applicabile in assenza di una domanda di adempimento, ma solo di una mera eccezione di inadempimento.
Quindi, ove in primo grado, a fronte di domanda di adempimento, sia opposta dal convenuto soltanto eccezione d'inadempimento, in sede di appello non può essere introdotta dallo stesso convenuto azione di risoluzione per inadempimento, trattandosi di domanda nuova e, quindi, inammissibile (art. 345 cod. proc. civ.).
Questo perchè l'eccezione di inadempimento non è comprensiva della domanda di risoluzione del contratto perché, mentre la prima tende a paralizzare l'azione avversaria al fine di ottenerne il rigetto, la seconda, pur muovendo dallo stesso presupposto di fatto (inadempimento), esorbita invece dall'ambito di una semplice difesa, in quanto, tendendo ad ottenere dal giudice un accertamento costitutivo, introduce nel processo una diversa e più ampia pretesa idonea non solo ad alterarne l'effetto sostanziale, ma a rendere altresì necessaria una indagine ben più ampia e penetrante; pertanto, si ha domanda nuova, improponibile in appello, allorquando in detta sede si chieda per la prima volta la risoluzione del contratto, se, in primo grado, il convenuto sì era limitato ad eccepire l'inadempimento dell'attore rispetto al contratto medesimo.
Esercizio dell'eccezione di inadempimento in presenza di una la clausola risolutiva espressa
Come si è visto è lasciata alla libera valutazione della parte contrattuale se usare l'eccezione di inadempimento o chiedere la risoluzione del contratto. Rimane da chiedersi se la medesima scelta è anche possibile in presenza di una clausola risolutiva espressa.
La clausola risolutiva espressa è una delle strade che possono essere eseguite per giungere alla risoluzione del contratto.
Per cui appare evidente che, se in astratto si riconosce l'esperibilità di una scelta così radicale come la risoluzione del contratto è evidnete che, a maggior ragione, come il più comprende il meno, deve anche riconoscersi la legittimità della sospensione, peraltro parziale, della propria controprestazione, (alla abse dell'eccezione di inadempimento) trattandosi di rimedio meno radicale, consentito dalla legge in via di autotutela nella fase esecutiva del contratto, alla parte non inadempiente, in presenza dei medesimi presupposti della risoluzione (e anzi addirittura meno gravi, posto che l'art. 1460, comma primo, cod. civ. non richiede la gravità dell'inadempimento).
Cass., civ. sez. III, del 26 luglio 2019, n. 20322